Matematica e politica: la matematica via regia alla libertà e alla verità. In Platone la diritta via è indicata dalla matematica. Perchè si smarrisce?
Matematica e regimi totalitari
La matematica è la via regia all’educazione morale. Una morale in antitesi con la libertà e la verità è inconcepibile. Come si spiega allora l’adesione di diversi matematici al fascismo? Perché il nazismo pretese di rifarsi al pensiero platonico? Ci proponiamo di fornire elementi per elaborare possibili risposte. Presupponiamo ovviamente che la politica non debba essere autonoma rispetto alla morale. Può essere utile riflettere sull’argomento riandando alla fortuna dell’Anti-Machiavel, su cui si possono vedere le trattazioni di Roberto De Pol nell’Enciclopedia machiavelliana all’indirizzo treccani.it e di Piero Innocenti-Marielisa Rossi nella rassegna Machiavellerie.
1.1 Motivi dello smarrimento della via regia
In Platone la diritta via è indicata dalla matematica. Si tratta di spiegare i motivi che spingono a smarrirla. Bisogna considerare all’uopo i comportamenti all’interno dei contesti storico-sociali. Sulla libertà del volere e sulla ricerca del vero possono influire negativamente molteplici fattori. Si verifica allora il devius error teorizzato, ad esempio, da Boezio:
“Est mentibus hominum veri boni naturaliter inserta cupiditas, sed ad falsa devius error abducit.”
(De consolatione philosophiae, III, 2)
Citiamo Boezio perché in lui sono espressi con estrema chiarezza i termini ancora attuali del dibattito sul libero volere. Il dibattito si ripropone in un ambito di estrema delicatezza come quello giuridico. Occorre stabilire se il devius error sia sempre imputabile alla piena responsabilità del soggetto deviante.
È da tener presente che il libero volere può essere coartato dalla violenza. Nel quarto canto del Paradiso Beatrice spiega a Dante perché anime costrette a venir meno ai voti monacali godano di un minor grado di beatitudine. Mancò loro il “volere intero”, che avrebbero dovuto mantenere una volta cessata la violenza:
“Se vïolenza è quando quel che pate
nïente conferisce a quel che sforza,
non fuor quest’alme per essa scusate:
ché volontà, se non vuol, non s’ammorza,
ma fa come natura face in foco,
se mille volte vïolenza il torza.
Per che, s’ella si piega assai o poco,
segue la forza; e così queste fero
possendo rifuggir nel santo loco.
Se fosse stato lor volere intero,
come tenne Lorenzo in su la grada,
e fece Muzio a la sua man severo,
così l’avria ripinte per la strada
ond’eran tratte, come fuoro sciolte;
ma così salda voglia è troppo rada.”(Paradiso, III, 73-87)
1.2 I condizionamenti dell’assolutismo
Numerosi furono i matematici che scelsero di sottoscrivere il Manifesto degli intellettuali antifascisti. Quando però ai docenti fu imposto di giurare fedeltà al regime, ci furono matematici che si sentirono costretti a giurare sebbene con riluttanza, matematici che giurarono per convenienza, matematici che accettarono quell’ideologia. Per effetto delle leggi razziali molti matematici di spicco furono radiati dall’insegnamento. La matematica doveva essere di razza italica. Ci fu perfino chi da matematico si adoperò per arianizzare la matematica. Così la politica precluse, interruppe o sviò il cammino sulla via della virtù.
Sull’argomento si vedano i ragguagli di Atalia Del Bene e Emilia Di Lorenzo in La comunità matematica nel ventennio fascista sul sito cittadellascienza.it. Si veda anche come Gianluca Gabrielli documenta la “fascistizzazione della matematica scolastica” in L’autorappresentazione del regime fascista nei testi didattici di matematica elementare sul sito matematica.unibocconi.it.
2.1 L’adulterazione nazista del pensiero platonico
Il nazismo pretese di aver trovato una propria ascendenza nella concezione platonica del potere politico. Karl Popper, autore di La società aperta e i suoi nemici, sostiene che il pensiero platonico conterrebbe una teoria della sovranità incontrollata e priva di contrappesi. A Karl Popper si contrappongono Mario Vegetti e Giovanni Reale. In proposito rivestono notevole interesse le interviste di Antonio Gnoli a Giovanni Reale su La Repubblica del 23agosto 2002 e a Mario Vegetti su La Repubblica del primo maggio 2009. Mario Vegetti osserva che per Platone il potere deve essere legato alla verità. Giovanni Reale ricorda che per Hans-Georg Gadamer la lettura popperiana di Platone è la peggiore possibile.
Lucio Colletti in Contro Popper, a cura di Bruno Lai, Armando Editore, 1998, così ricorda la sua prima lettura di La società aperta e i suoi nemici:
“L’opera non mi piacque. In particolare, il primo volume, che ha per sottotitolo Platone totalitario, mi colpì per il carattere accentuatamente antistorico. Categorie del pensiero politico contemporaneo, come quella di ‘totalitarismo’, venivano estese a un’epoca – la grecità classica – per la quale esse non potevano valere in alcun modo.”
2.2 Il pensiero platonico incompatibile con la dittatura
Rifacendoci alle Leggi (in Platone, Tutti gli scritti, a cura di Giovanni Reale, Bompiani, 2000), dobbiamo ammettere che Karl Popper, per sostenere la sua tesi di un Platone totalitario, ha volutamente trascurato passaggi molto chiari, falsando il pensiero del filosofo, che dichiara in modo inequivocabile:
“[…]Non si devono costituire poteri troppo grandi e monolitici, in previsione che uno Stato deve godere di libertà, di saggezza e di buona armonia.” (Leggi, III, 693 B)
Infatti, a proposito del regime dei Persiani:
“Noi riscontriamo che essi sono andati via via peggiorando e sosteniamo che la causa di ciò sta nel fatto che hanno tolto troppa libertà al popolo e, esercitando un potere dispotico oltre ogni limite, hanno finito col soffocare ogni spirito di solidarietà e di amicizia nella società.” (Leggi, III, 697 C)
2.3 Necessità di un corretto inquadramento storico
Il nazismo pretese di trovare la giustificazione dello sterminio delle cosiddette razze impure nell’eugenetica platonica. Ad essa si rifece l’antropologo Hans Günther per corroborare l’aberrante ideologia novecentesca della superiorità della razza ariana destinata a dominare il mondo.
Ecco un passo tratto da Adolf Hitler, Mein Kamps (La mia battaglia), Homerus, 1971:
“Il fine ultimo dello Stato Nazionale è quello di serbare quegli elementi di razza originari, che, come datori di civiltà, creano la bellezza e la nobiltà di un’umanità superiore. Noi Ariani, in un’organizzazione Statale possiamo soltanto vedere il complesso vivente di una nazione […]”
Quando Hitler usa il termine nazione, lo usa in un senso che non trova il suo equivalente nella Grecia platonica. Anche se Anthony D. Smith sostiene la tesi della nascita dell’idea di nazione nell’antichità in Le origini culturali delle nazioni, Il Mulino, 2010, è da escludere decisamente che Platone abbia concepito la nazione alla maniera hitleriana. Per inquadrare la questione, si può vedere sul sito treccani.it la voce Nazione, idea di curata da Francesco Tuccari in Enciclopedia delle scienze sociali.
Ricordiamo anche Il nazismo e l’antichità di Johann Chapoutot, professore di Storia contemporanea all’Università Paris III-Sorbonne nouvelle. Gianfranco Gianotti, professore di Filologia greco-latina all’Università di Torino, nel recensire l’opera sul sito lindiceonline.com, così si esprime in apertura:
“Invenzione della tradizione e riscrittura della storia sono operazioni di propaganda che di solito accompagnano i tentativi di autolegittimazione dei ceti dominanti e degli aspiranti a nuove forme di potere.”
Avvicinarsi correttamente a Platone significa collocarlo nel suo tempo, distinguendo la politica antica dalla politica moderna. È scorretto e fuorviante ignorare il cammino teologico, filosofico, giuridico compiuto dall’umanità verso il riconoscimento della dignità della persona umana. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, la Costituzione della Repubblica Italiana, la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea la riconoscono.
2.4. Il rovinismo da Nerone a Hitler
Sul tradimento della razionalità platonica si può anche vedere sul sito ilmanifesto.it l’articolo Hitler discepolo di Platone, in cui Francesco Benigno, nel recensire Il nazismo e l’antichità di Johann Chapoutot, mette in risalto la follia di Hitler, votato alla vittoria o alla catastrofe, pronto ad essere in caso di mancato trionfo il nuovo Nerone:
“Il rovinismo è un programma escatologico, equivale al rendersi immortali attraverso la propria morte.”
2.5 La matematica e la formazione dello statista
Possiamo tornare ora al superiore valore formativo della matematica in ogni campo secondo il pensiero di Platone:
“In effetti, nel campo dell’economia, della politica e in ogni genere di scienza, nessuna disciplina formativa ha maggior valore della matematica, soprattutto in considerazione del fatto che essa ha sia il potere di svegliare e rendere recettivo chi è tardo nell’apprendere, sia quello di formare la memoria e l’intelligenza, al punto che per arte divina uno matura più di quanto le sue doti naturali gli permetterebbero […] La matematica sarebbe un sussidio pedagogico addirittura perfetto e completo.” (Leggi, V, 747 B-C)
Da studente Hitler in matematica fu respinto.
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