L’analisi OECD e l’azione Invalsi
Il documento OECD, allegato, suscita alcune riflessioni. Nel documento si dichiara che sono stati presi in considerazione i seguenti fattori:
- l’incidenza delle disparità nei livelli culturali delle famiglie e di quelle socioeconomiche fra paesi e paesi e all’interno di ciascun paese sulla base delle rilevazioni effettuate mediante i test somministrati ad alunni quindicenni;
- la tendenza a un incremento o a un decremento delle abilità oltre l’età scolare.
A parte il fatto che la metodologia adottata risulta conforme alla necessità, che qualunque persona di buon senso ha sempre capito da sé, di prendere in considerazione i fattori contestuali, non risulta che l’Invalsi prenda in analoga considerazione tali fattori. E se ammettiamo che li prenda in considerazione, due sono le cose: o conferma quei risultati, e allora non si capisce quale sia la sua utilità, oppure non li conferma, e allora entrano in crisi i sistemi stessi di rilevazione.
D’altra parte Nassim Nicholas Taleb in The Black Swan ha seriamente argomentato contro l’attendibilità della curva gaussiana. Comunque, a voler concedere che i risultati OECD più PISA più PIAAC siano del tutto attendibili, resta il fatto che l’Italia risulterebbe piazzata non tanto male rispetto agli altri Paesi in tema di formazione scolastica. Peraltro ciò non potrebbe essere ascritto a merito dell’Invalsi, che si pone come strumento di valutazione, anzi di misurazione, non come organo promozionale. C’è inoltre il demerito della politica, che finanzia l’Invalsi come misuratore invece di investire risorse nello sviluppo dell’attività formativa sul campo, dopo di che minaccia addirittura di radere al suolo le fondamenta dell’istruzione e della formazione, facendo assurgere quell’istituto con la memorabile trovata dei quadri di riferimento al rango di Suprema Corte di Cassazione dei risultati educativi.
OCSE
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