Dante implicato nella competizione politica odierna come padre fondatore del pensiero di destra dal Ministro della Cultura.
Mentre si va avvicinando sempre più la ricorrenza annuale del Dantedì da celebrare ormai ogni anno il 25 marzo, un nuovo esegeta si aggiunge alla schiera dei dantisti. È il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Risulta alquanto strana, anzi strampalata, la tesi da lui esternata il 14 gennaio di questo 2023 sul pensiero politico di Dante e portata a conoscenza anche del pubblico televisivo. Secondo lui la posizione di Dante in politica sarebbe stata di destra e all’origine di un conservatorismo esemplare tramandatoci fino ad oggi.
Così egli si è espresso nel corso di un incontro politico:
“Il fondatore del pensiero di destra in Italia è stato Dante Alighieri: la destra ha cultura, deve solo affermarla”.
Dunque d’ora in poi nelle scuole i nostri studenti dovrebbero considerare Dante implicato nella competizione politica odierna come padre fondatore di partiti quale quello del Sangiuliano. Un Dante avulso dal Medioevo e inserito nell’agone partitico attuale sarebbe la figura da presentare loro nelle scuole. Non sappiamo in seguito a quali elucubrazioni sia scaturito nella mente del citato interprete un simile indirizzo di studio.
Si è scatenata intanto la polemica da parte avversa.
Ad esempio, Irene Manzi del Pd ha dichiarato: “Il Ministro Sangiuliano lasci stare almeno Dante […] Non scomodiamo il padre della lingua italiana per analisi risibili e caricaturali”. Da altre posizioni politiche sono provenute espressioni perplesse, se non indignate, ed è da ritenere che anche la destra dovrebbe risentirsi per le estemporanee esternazioni di un suo Ministro. Per quanto riguarda il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, finora non ci risulta una sua presa di posizione in proposito. D’altra parte è strano che cultura e istruzione siano considerate cose differenti. Però forse è meglio così: immaginiamoci titolare di un ipotetico Ministero della Cultura e dell’Istruzione il Sangiuliano oppure il Valditara.
I sesti canti della Commedia, noti come i canti politici, sfuggono a tentativi di strumentalizzarli per ricavarne asserzioni a dir poco avventate. Fatto sta che applicare categorie politiche del presente alla peculiare realtà politica del Medioevo non ha alcun valore critico, anzi dà origine a madornali fraintendimenti. Dante fu uomo di parte, ma le fazioni, Guelfi e Ghibellini, Guelfi Bianchi e Guelfi Neri, che allora non avevano nulla a che vedere con quanto avviene oggi nella realtà politica italiana, finirono col deluderlo tutte indistintamente. Gli dice il trisavolo Cacciaguida nel canto XVII del Paradiso, elogiandolo, “… a te fia bello – averti fatta parte per te stesso”. La verità è che Dante, dopo essersi impegnato politicamente, finì col ritrovarsi in una infinita solitudine, che poté essere colmata soltanto accogliendo in sé un ente altrettanto infinito, il suo Dio.
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