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Dover scrivere in sede d’esame di Stato

La discussione sulle prove scritte all’esame di Stato. Gli studenti italiani scrivono al ministro per ottenere di non dover scrivere alla maturità perché sarebbe ingiusto tornare a farlo proprio quest’anno.

Un refuso ortografico

Su change.org è stata diffusa una lettera di “studendi maturandi” al Ministro dell’Istruzione … Proprio così: “studendi”. Un refuso che su quella piattaforma non ci si è premurati di eliminare. In tutti i siti che citano la lettera viene riportata invece la forma corretta: “studenti”. Però “studendi” in assonanza con “maturandi” non suona poi così male. Meno male però che si tratta solo di un refuso e non di un errore ortografico. Almeno finora.

Gli scritti pleonastici, i danni della didattica a distanza, lo stress

I maturandi chiedono “l’eliminazione delle prove scritte agli esami di maturità 2022”. Prima motivazione: gli scritti sarebbero “pleonastici”, avendo avuto modo “i professori curricolari” in un arco di tempo quinquennale di acclarare le capacità di ciascun discente. Seconda motivazione: due anni di didattica a distanza avrebbero demolito almeno in parte le basi necessarie per affrontare le prove d’esame. Terza motivazione: “esami scritti” sarebbero causa di “ulteriore stress”.

L’equivoco sul valore di un esame

Cerchiamo intanto di sgombrare il campo da un equivoco. L’esame non andrebbe inteso come occasione di un mero accertamento fiscale. Vero è che il diploma ha la valenza giuridica di titolo legale di studio, necessario per accedere agli studi universitari. Tuttavia non si esaurisce in ciò il significato dell’esame. Essere maturo vuol dire sottoporsi volentieri a prove anche difficoltose, per saggiare di persona le proprie capacità alla luce dei giudizi degli esaminatori. E gli esaminatori stessi dovrebbero  tener conto delle difficoltà lamentate nella petizione. L’esame diventa così momento di apprendimento reciproco.

Le abilità canoniche e lo sviluppo della civiltà

Parlare, ascoltare, leggere, scrivere – e far di conto. Depennare  lo scrivere da queste abilità fondamentali? Ma si dirà che trattasi di una situazione di emergenza. Non è difficile replicare che l’emergenza rischia di confondersi con la normalità. Risuonano da più parti lamentele sulla facilitazione degli studi come segno della decadenza della scuola. Siano gli studenti a silenziarle, chiedendo prove impegnative. Si cimentino nella scrittura tanto più volenterosamente quanto più arduo sia il compito da affrontare. Tengano presente che la civiltà umana si è sviluppata passando  dall’oralità alla scrittura e che questa transizione si è svolta spesso in circostanze avverse. C’è stato chi ha perso la vita e chi la perde ancora per ciò che ha scritto. Chiedere di non scrivere in sede di esame significa non avere compreso appieno il valore della libertà di espressione. Valore che non si evidenzia compiutamente in un esame ridotto a mero flatus vocis.

Didattica a distanza e prova scritta

Le abilità canoniche sono strettamente collegate. Si impara a scrivere anche parlando, ascoltando, leggendo, calcolando. Non pare che queste abilità durante la didattica a distanza siano state conculcate. Se non hanno trovato spazio in quel periodo, vuol dire che lo studente non si è dato da fare per chiedere di poter esercitare la facoltà di scrittura. Responsabilità sua. Non è vero forse che questa è l’epoca in cui si rende possibile scrivere per il web? Ed eccoci di fronte a un paradosso: gli studenti italiani scrivono a un ministro per ottenere di non scrivere!

I cosiddetti like a favore della petizione

Una serie di “mi piace” ha accolto la lettera in questione. I firmatari hanno addotto varie ragioni per il gradimento. Ragioni per lo più tautologiche rispetto alla lettera stessa. C’è chi si è pronunciato per l’abolizione tout court degli Esami di Stato, ritenuti inutili perché ormai ridotti a rito del “tutti promossi” con disagio di candidati ed esaminatori, oppure perché non è dato accertare la maturità “con l’ennesima interrogazione o con l’ennesimo compito scritto”. C’è chi insiste sui danni arrecati alla preparazione dalla  didattica a distanza e si sente penalizzato da un eventuale ritorno alla “vecchia modalità di esame” rispetto a chi ha potuto fruire della “nuova modalità”. E così via.

I danni dei linguisti e altro ancora

È responsabilità dei linguisti italiani avere caldeggiato e imposto l’abbandono del tema tradizionale, sostituito da prove come la redazione di un saggio breve o di un articolo di giornale. Ci rendiamo conto di ciò che occorre per comporre un saggio, per quanto breve, nell’irrisorio tempo a disposizione in sede di esame? È incredibile che linguisti di prestigio non abbiano tenuto conto del significato di saggio, per quanto breve questo possa essere. Ciò vale anche per la composizione di un articolo di giornale, ridotta a mero artificio. Lasciando  stare ora gli emeriti studiosi della lingua, non parliamo poi della cosiddetta tesina, generalmente priva di ogni originalità, confezionata com’era per conto proprio, spesso con sentore di plagio, al fine di una parvenza di discussione innanzi a una commissione annoiata.

Il tema e l’elaborato

Matmedia ha già prospettato due possibilità, ordinate sequenzialmente e non gerarchicamente,  per reintrodurre la prova scritta all’esame. Prima possibilità: formulazione di una traccia alla maniera di Enrico Fermi. Seconda possibilità: preparazione di un elaborato, che non ha niente a che vedere con la famigerata tesina, ad opera di docenti e studenti impegnati in una seria ricerca, i cui risultati siano poi da discutere all’esame. Elaborato dal carattere umanistico, scientifico, tecnico a seconda dei tipi di scuola, o anche interdisciplinare.

La fine della scrittura

Matmedia ha documentato anche ben un triste fenomeno: è sorto un mercato di tesi di laurea confezionate a pagamento. Generazioni di professionisti cominciano così squallidamente le loro carriere. La scrittura, creata per comunicare in vita e oltre la vita, si avvia a un declino ad opera delle giovani generazioni. L’uomo delle caverne si protese al futuro della scrittura. Tanti giovani oggi rischiano di regredire, se non sono già regrediti,  all’oralità della preistoria.

Autore

  • Biagio Scognamiglio

    Biagio Scognamiglio (Messina 1943). Allievo di Salvatore Battaglia e Vittorio Russo. Già docente di Latino e Greco e Italiano e Latino nei Licei, poi Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ha pubblicato fra l’altro L’Ispettore. Problemi di cambiamento e verifica dell’attività educativa.

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