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Gabriele Lolli, la matematica come narrazione

La matematica come narrazione. Contare è come raccontare. Poemi, miti, fiabe sono forme di discorso nate dall’oralità. Dall’oralità è nata anche la matematica.

Gabriele Lolli, Matematica come narrazione. Raccontare la matematica, Il Mulino, 2018. Recensione.

L’autore e l’argomento

Gabriele Lolli è stato Docente di Matematica a Torino e di Filosofia della matematica a Pisa. In questo volume mette in rilievo i rapporti fra matematica e letteratura. In premessa introduce il tema dell’essere umano come “animale affabulatore”. Sviluppa l’argomento in sette capitoli, seguiti da un’appendice su notazioni e terminologia con espansioni specialistiche. A corredo un’ampia bibliografia. Per quanto il testo sia recente, contiene riflessioni non estemporanee, ma meditate e consolidate nel tempo.

L’eredità narrativa dell’Homo sapiens

Acquisito il linguaggio, l’Homo sapiens diventa un “io  narrante”. L’impostazione di Lolli ci spinge a verificare questa eredità nella nostra esperienza interiore e relazionale. Sul piano intrapsichico esistiamo  raccontando noi a noi stessi. Sul piano relazionale ci raccontiamo agli altri e ne riceviamo in cambio i loro racconti. Vale a dire che siamo raccontati dagli altri a noi stessi. La storia del pensiero comprende le implicazioni filosofiche, psicologiche, sociologiche, antropologiche di tale condizione umana.

Analogie fra matematica e poesia

Funzioni e strutture narrative  non sono di pertinenza esclusiva del racconto letterario. Fatte salve le riserve che enunceremo nelle osservazioni finali, non v’è distinzione netta tra la fiaba o il mito e la scienza. Sia la matematica che la poesia sono nate per dare ordine al caos primigenio. V’è analogia tra formule matematiche e parole poetiche. Lolli cita una serie di autori che  notano affinità fra matematica e letteratura.

I racconti cosmogonici

Il primo capitolo è dedicato ai “grandi racconti”. Si parte dalla κοσμογονία. La narrazione germoglia nell’astronomia arcaica del tardo neolitico. All’osservazione dei fenomeni celesti è legata la matematica. Nascono i miti cosmogonici. Queste pagine fanno venire in mente il pastore leopardiano che vaga  nel deserto asiatico. Pastore che parla alla luna e le chiede il perché dell’universo. Interrogare gli astri palesava lo stupore  riconosciuto nell’uomo primitivo dal Vico. Stupore affidato in origine all’oralità. La scrittura platonica avrebbe poi separato la mente umana dai fenomeni celesti, unendola alle sue stesse idee considerate trascendenti. A Platone non bastava l’universo: nel Fedro immaginò l’iperuranio come “essere che è realmente, incolore, privo di figura, invisibile”.

L’infinito narrato dai matematici

Gabriele Lolli

Le categorie del tempo e dello spazio rinviano all’eternità e all’infinito. Resta un legame storico fra il racconto della teoria degli insiemi e la cosmogonia. Nell’osservare gli astri si avverte  il mistero cosmico. Raccontare il mistero è sempre stata un’impresa della letteratura, ma non solo. Pensiamo al teorema di Cantor sulla infinità numerabile. Con l’infinito si cimenta Hilbert, proteso verso il paradiso di Cantor. Per Lolli le diverse teorie matematiche sono altrettanti “capitoli di una storia narrativa”. Come tali egli le presenta.

Decifrare e unificare

Filologia, glottologia, linguistica sembrano discipline alle quali la matematica sarebbe estranea. Eppure Lolli dimostra che fra le une e l’altra  sussistono affinità metodologiche. Invita a riflettere sul lavoro di un linguista intento a decifrare  un testo trilingue frammentario. Stabilisce un’analogia fra l’impegno di decifrazione linguistica e il compito di unificare teoria dei numeri – curve in campi finiti – superfici di Riemann – fisica quantistica.

Il racconto in matematica e in fisica

Lolli affronta il problema del rapporto fra matematica e fisica. Indaga affinità e differenze non solo tra le due discipline, ma anche rispetto alla narrativa. Il legame fra matematica e racconto, a differenza di quanto avviene per la fisica, è nell’immaginazione:

“I matematici sono meno propensi dei fisici ad accettare che il mondo reale, secondo quanto insegna la scienza, sia diverso da quello percepito, perché  per loro ne esiste solo uno, quello da loro immaginato”.

Dal canto suo la fisica non può fare a meno di quella ricerca di senso che è propria della narratività matematica:

“Le teorie fisiche in sé sono matematica pura completamente coinvolta con l’infinito, e sono anch’esse alla ricerca di un senso”.

Le dimostrazioni hanno una loro storia

Nel ricorrere a risorse linguistiche e in particolar modo a forme retoriche, diversi matematici possono dimostrare un determinato teorema in modi diversi. Lolli ci ricorda il “modello della dimostrazione geometrica”, che si articola in enunciazione, esemplificazione concreta, costruzione, dimostrazione, epilogo. Sono le medesime articolazioni riscontrabili, ad esempio, in un’arringa. Da notare anche le  narrazioni in contrario, scartate come poco probabili o implausibili, al pari degli entimemi,  sia nell’agone forense che in ambito matematico. Lolli qui avrebbe potuto citare anche la Summa Theologiae di Tommaso d’Aquino, fra i maggiori esempi di argomentazioni strutturalmente analoghe alle dimostrazioni matematiche.

Il matematico eroe

I matematici sono liberi di ricorrere a metafore mediante le quali esprimere il senso della loro ricerca. Anche i paragoni fanno parte del loro repertorio. Un paragone ricorrente assimila la figura del matematico a quella  dell’esploratore, come Lolli documenta attingendo a testimonianze di autori vari  a partire dalla rivoluzione scientifica rinascimentale. Questo senso dell’avventura da allora domina i matematici al punto da assumere in età romantica la tonalità di una “dolente passione visionaria”. L’eroe romantico siamo abituati a vederlo in veste letteraria, sennonché esiste anche un eroismo matematico.

La comunicazione nel campo scientifico

Però il  matematico non è un eroe solitario. Anche se si isola, è pur sempre inserito nella storia. E la storia della matematica è una storia fatta di comunicazione, anche se il comunicare si svolge sul piano di un linguaggio scientifico specialistico. Comunicare implica sempre l’impiego di risorse cognitive e creative. Non a caso è dato riscontrare in Euclide, ad esempio,  un “ventaglio di potenzialità cognitive della narrativa e degli strumenti culturali della poesia”. L’isolamento scientifico non esiste. Lo scienziato ha bisogno di sentirsi raccontare le ipotesi e le scoperte altrui e di raccontare ad altri le proprie. La creazione è nel dialogo. Potremmo aggiungere che i matematici sono nello stesso tempo registi e attori delle loro creazioni.

La matematica come prodotto sociale

È bene ribadirlo: il matematico non è un eremita. Anch’egli è inserito in una rete di relazioni, sia storicamente distanti che viventi nel presente in forma reale o virtuale. La matematica ha una valenza dialogica che è il suo vitale andamento. A vederla scritta, può sembrare cristallizzata, ma non lo è. Lolli ci aiuta a comprendere che non si dà un “fissismo” della matematica. Proviamo a guardare al di là di simboli e formule: potremo vedere in controluce ciò che accade fra gli autori di teoremi. Sono esseri umani che, come fra esseri umani può accadere,  ora solidarizzano, ora litigano. Anche per loro può valere il catulliano odi et amo.

Comunicare per spiegare

Aristotele nel dipinto di Raffaello

In Aristotele, osserva Lolli, sussistono due tipi di spiegazione: causale e teleologica. La disputa su questi due tipi è ancora in atto. Secondo Richard Dawkins nell’evoluzione darwiniana non v’è alcun disegno. Al contrario, Daniel Dennet crede di riconoscere in essa una teleologia. La prospettiva finalistica rappresenta il tentativo di dare ordine al caos. Nel finalismo si esplica “la necessità di dare un senso col racconto al fluire casuale e muto della vita”. Forte è la tentazione di aggiungere che questa ricerca di senso ha qualcosa dell’innamoramento come stato nascente teorizzato da Francesco Alberoni.

Matematica favolosa

Ed è così che la matematica porta in sé l’eredità non solo di Pitagora, ma anche di Omero. Poemi, miti, fiabe sono forme di discorso nate dall’oralità. Dall’oralità è nata anche la matematica. Lolli cita in proposito Italo Calvino, autore fra l’altro della raccolta Fiabe italiane, il quale riconosce nelle strutture fiabesche “figure geometriche o idee platoniche o archetipi astratti”. Costruire una dimostrazione è come costruire una storia fantastica. Fantasia e razionalità, osserva ancora Calvino, non si escludono affatto né in matematica né in poesia. Necessariamente coesistono. La matematica come la poesia “si occupa di possibilità e dice universali”.  Come Alfred Tarski, teniamoci dunque pronti a riconoscere il “non esistente” in matematica come nelle fiabe. Lolli ricorda anche John von Neumann, per il quale  la matematica è più vicina alle arti che alle scienze.

La matematica alla ribalta

Lolli non lo dice in modo esplicito, ma in qualche modo il linguaggio matematico reca in sé qualcosa del teatro. Basti pensare al famoso passo  del Menone platonico in cui Socrate insegna a uno schiavo come risolvere un problema di geometria. È qui l’essenza del dialogo, che si svolge come su un palco.  Ed è così che la socialità può essere sperimentata dal docente di matematica nell’aula. Per Alan Turing, ricorda ancora Lolli, “spiegare un algoritmo” si risolve nel “racconto delle azioni di una macchina”. E vien fatto di pensare alle azioni sceniche di una macchina attrice.

La fase indiziaria

Lolli enuncia tre indizi che legano matematica e narrazione. Sul piano linguistico-etimologico è da notare il legame fra contare e raccontare. Mentre sul piano terminologico è da notare il dinamismo vibrante nei termini matematici, per niente affatto caratterizzati, come si è accennato prima, dal cosiddetto fissismo (a questo proposito possiamo ricordare anche il riconoscimento del connubio matematica-velocità da parte dei futuristi). Sul piano della natura degli enti matematici ci vengono poi ricordate da Lolli diverse posizioni in un dibattito destinato a restare per  sempre aperto, a meno che per assurdo non si risolva il mistero dell’infinito.

Excursus sulla tradizione

Rapportarsi alla tradizione significa anche confrontarsi con le rispettive eredità di Platone e Aristotele. Per Platone l’uso di strumenti è proprio di ingegneri e non di geometri. Su questa scia si pone Hardy, per il quale il matematico è colui che contempla, non colui che esplora. Al contrario Kac e Ulam esaltano l’uso di strumenti, in quanto il matematico costruisce. Ma siamo proprio sicuri che le posizioni contrapposte siano realmente antitetiche? Elementi ideali e risorse strumentali ben possono coesistere. Resta comunque aperto il problema della matematica pura. Questa, in quanto tale, spinge a riconoscere che l’eredità platonica implica il riproporsi di un dibattito sull’astrazione.

Il linguaggio matematico

Quanto al linguaggio matematico, si tratta di chiarire la differenza fra simbolo e segno. Sull’argomento è d’obbligo richiamarsi alla filosofia delle forme simboliche di Ernst Cassirer. Secondo David Hilbert “in principio c’è il segno”. Segno che per lui vuol dire “cifra”. Il senso dei segni sarebbe negli assiomi. Il “gioco di formule” esprimerebbe “tutto il contenuto concettuale della scienza matematica”. In definitiva il discorso sul linguaggio matematico resta contrassegnato da un’ambiguità che sconcerta e affascina. Sconcerto e fascino, si può aggiungere, ben presenti nel Tractatus logico-philosophicus di Ludwig Wittgenstein, là dove leggiamo, fra l’altro:

“L’uomo possiede la capacità di costruire linguaggi, con i quali ogni senso può esprimersi, senza sospettare come e che cosa ogni parola significhi”.

Così ci si sposta sul piano semantico. Fra i tanti suoi meriti Lolli ha anche quello di aver suggerito che accanto alla logica matematica è da considerare anche la semantica matematica. Una falla nella logica lo è anche nella semantica e viceversa.

L’argomentazione

Un capitolo particolarmente interessante è quello sull’argomentazione. Argomentare è una caratteristica della retorica. Ebbene, nella Grecia antica sussiste un legame fra retorica e matematica. Nell’uno e nell’altro dominio si tratta di persuadere.  Non solo. Se ci rifacciamo ai generi letterari, ad esempio alla storiografia, in particolare a quella tucididea, notiamo un concatenarsi di cause affine alle deduzioni matematiche.  Lolli, rifacendosi a Doxiadis, mette in primo piano il chiasmo (X) e la concatenazione ad anello (RC). X e RC che si riscontrano anche nell’oratoria forense. E anche nella versificazione.  Lolli ricorda a questo punto che per  Einstein la matematica pura è poesia delle idee logiche. Come nella modalità di esposizione detta “priamel”,  riscontrabile, ad esempio, nei versi di Saffo:

Οἰ μὲν ἰππήων στρότον οἰ δὲ πέσδων
οἰ δὲ νάων φαῖσ ἐπὶ γᾶν μέλαιναν
ἔμμεναι κάλλιστον ἔγω δὲ κῆν
ὄττω τὶς ἔραται.

Per approfondire la conoscenza di questa tecnica,  può essere utile Concetti e parole di Giulia Regoliosi sul sito rivistazetesis.it.

Matematica e poesia

Nel concludere,  Lolli cita una serie di autori che ribadiscono con forza lo stretto vincolo matematica-poesia. Entrambe, sostiene ad esempio Marguerite Lehr, sono accomunate dall’intento di dare ordine al caos. E Sofia Kovalevskaja vede nella matematica e nella poesia una tensione  condivisa nell’esplorare la realtà fino in fondo. Possiamo parlare dunque di una poesia matematica  emergente  dal “racconto fantastico”. Forse, ipotizza Lolli, la matematica è nata in seno alla letteratura.

Osservazioni a margine

Come avranno potuto notare i lettori, il testo qui recensito di Lolli rinverdisce tutta una serie di interessanti problemi. È evidente che a questo punto possiamo addentrarci in un ambito di ricerca definibile come “estetica matematica”, da esplorare nella sua specificità in rapporto con  l’estetica generalmente intesa.

Si tratta anche di stabilire fino a che punto la morfologia della fiaba  sia assimilabile alla morfologia della matematica. La fiaba rispetto alla matematica ha non soltanto affinità, ma anche differenze. Le funzioni narrative contemplate nella classica opera di Vladimir Propp includono numerose figure. Fra queste, a mo’ di esempio, le figure dell’eroe e dell’antagonista, che hanno una densità semantica assente nella matematica.

La narratologia di Tzevan Todorov è un altro territorio in cui addentrarsi per ulteriori verifiche comparative. Non a caso nel titolo del libro è stato usato il termine “narrazione” invece di “racconto”. Nell’antologia  Racconti matematici di Claudio Bartocci edita da Einaudi nel 2006 gli autori sono letterati che inseriscono elementi matematici nei racconti, ma ciò è diverso dal procedere a narrare la matematica come disciplina. Senza scomodare gli scrittori canonici,  la lettura di Giulio Giorello, La filosofia di Tex e altri saggi. Dal fumetto alla scienza, opera postuma edita da Mimesis, può essere di ausilio nell’impresa di discernere fra narrazione matematica e racconto matematico, come possono esserlo anche le avventure del Grande Blek e di Capitan Miki.

A Lolli il merito di avere riproposto queste questioni. Si apre un nuovo campo di ricerca. Matematici e letterati vi lavorino insieme.

Autore

  • Biagio Scognamiglio

    Biagio Scognamiglio (Messina 1943). Allievo di Salvatore Battaglia e Vittorio Russo. Già docente di Latino e Greco e Italiano e Latino nei Licei, poi Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ha pubblicato fra l’altro L’Ispettore. Problemi di cambiamento e verifica dell’attività educativa.

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