Errando discitur: la frase è diventata proverbiale nel senso di “sbagliando s’impara”.
Anche se c’è chi sostiene che per errando bisogna intendere “viaggiando”.
Gli autori si chiedono che cosa possa significare l’errore nell’era del determinismo.
Partono dall’ambito informatico, in cui un errore (bug) di sistema (system error) esige di essere corretto col metterlo a punto (debugging) dal programmatore, non dall’utente, il quale dalla correzione non apprende un bel nulla.
Nel sistema informatico vige il calculemus di Leibniz, sennonché, scrivono gli autori, la vita non è mero calcolo, ma “è matematica come la concepivano Dirac e, prima di lui, Hardy, Mach, Cantor e Gödel”.
La nota vicenda dell’Apollo 13 viene poi presa a esempio della capacità umana di risolvere un problema come quello segnalato da un astronauta: “Okay, Houston, qui abbiamo un problema” (Okay, Houston, we’ve had a problem here).
Vicenda conclusa felicemente grazie all’immaginazione creativa, estranea all’intelligenza artificiale (ciò in condizioni, diciamo noi, drammatiche come in Space Oddity di David Bowie).
Gli autori successivamente ricordano Darwin
per gli errori casuali riscontrati nella trasmissione del patrimonio genetico nel corso dell’evoluzione e si ricollegano a Conoscenza ed errore di Mach, il quale cita Galilei, Keplero, Newton per dimostrare la produttività dell’errore (non per nulla Mach veniva apprezzato da Feyerabend).
Naturalmente non si poteva non ricordare Popper per la sua Logik der Forschung (Logic of Scientific Discovery): la logica della ricerca consiste nel falsificazionismo, per cui una data teoria rimane valida solo finché i tentativi di corroborarla resistono alla dimostrazione che essa è errata.
Un altro campo in cui gli errori assumono notevole rilevanza è quello medico, in cui essi possono sussistere “indipendentemente dalla buona pratica medica messa in atto”.
La conclusione è che il fattore umano resta di fondamentale importanza proprio nell’epoca in cui l’illusione del digitale spingerebbe a credere in una sorta di infallibilità dei sistemi. Ciò che conta è il “saper pensare” inteso come “discernere e scegliere”.
Possiamo dire dunque che nella prospettiva degli autori assume un nuovo significato l’errare humanum est, a cui il cristiano Agostino di Tagaste in uno dei suoi sermoni contro gli eretici faceva seguire perseverare autem diabolicum. Ricollegata all’etimologia greca, eresia può essere intesa come scelta umana di separarsi dal dogmatismo, andando incontro all’errore per superarlo.
Nel campo pedagogico, che gli autori non trattano esplicitamente, l’errore non va sanzionato, ma valorizzato.
Fare raccolta di errori a fini meramente statistici, senza offrire a chi li commette la possibilità di correggersi, è la negazione dell’essenza umana in divenire inerente al soggetto che apprende.
Recensione di Biagio Scognamiglio