Concorso a cattedre: quali sono i nodi concettuali, epistemologici, linguistici e didattici dell’insegnamento e dell’apprendimento della matematica? Sono quelli elencati di seguito, forse?
Nodo è parola polisemica.
Probabilmente il Leopardi, con un’altra polisemica, l’avrebbe definita vaga.
Nodo ha una valenza molteplice. È un oggetto tangibile e si usa su lacci, fili, gomene, funi, cime e cavi e per le sue caratteristiche si presta ad analogie e metafore. Può riferirsi a un problema da risolvere se esso è da sciogliere o un intreccio sia narrativo che punto cruciale di una scelta di vita… Insomma sembra un termine da narrazione o da poesia per i molteplici usi a cui si presta.
Per l’uso della metafora o dell’analogia in poesia si può ricorrere a [1] in cui Luciano Anceschi cita Ungaretti:
“Maggiore è la distanza, maggiore è la poesia”.
Di certo la corrente a cui storicamente si ascrive l’Ungaretti è denominata ermetismo, forse un po’ ingiustamente, ma non del tutto senza motivo. Anche il Leopardi sentenziava nello Zibaldone [2] “le metafore troppo lontane stancano”.
Nelle prove concorsuali per accedere a posti di insegnante in classi di concorso che hanno a che fare con la Matematica (A 26, A 27, A 28 e A 47) si parla di nodi concettuali, epistemologici, linguistici e didattici dell’insegnamento e dell’apprendimento della Matematica.
A causa della vaghezza sopra richiamata non risulta forse chiarissimo cosa questi siano. Anzi, per rimanere nel solco letterario da cui si è partiti sembrerebbe essere un nodo, uno gnommero del dottor Ingravallo di gaddiana memoria o ghiommero, come si dice dalle mie parti, per designare un gomitolo e, metaforicamente, un nodo o problema da sciogliere. Insomma abbiamo un groviglio da sbrogliare. Proviamo a rifarci agli indizi disseminati nei programmi concorsuali.
Nodi concettuali
Guardando al programma concorsuale ci facciamo la seguente domanda: di che cosa si occupa la Matematica, quali le sue applicazioni? Una risposta che si può dare è la seguente. La Matematica si occupa di numeri, figure, relazioni tra numeri, tra figure e tra numeri e figure. Le applicazioni della Matematica sono rappresentate dai modelli matematici (su cui dovrebbe essere scritto: Maneggiare con cura e solo se si sa cosa si sta facendo! Penso a qualche infelice uscita circa i modelli di diffusione Covid-19, circa i quali qualcuno, imprudentemente e senza troppa cognizione di causa, ne decretava il fallimento completo a fronte di una rara ed effettiva efficacia).
Ecco quindi configurarsi i nodi concettuali:
- Aritmetica e Algebra (Numeri)
- Geometria Euclidea e Cartesiana (Figure, relazioni tra figure, relazioni tra numeri e figure)
- Funzioni e Successioni (relazioni tra numeri, relazioni tra numeri e figure)
- Modelli matematici (Probabilità e Statistica, Modelli matematici tout court, Logica e insiemistica come Metamodello Matematico)
Una buona didattica della Matematica non può prescindere dalla conoscenza dei concetti portanti e dei collegamenti (relazioni) che ne garantiscono l’unitarietà, almeno al livello di scuola secondaria.
Nodi epistemologici. Storia della Matematica/Fisica.
ἐπιστήμη (episteme) è contrapposto a δόξα (doxa), cioè conoscenza certa contro opinione. Qui la faccenda si fa ancora più ingarbugliata. Proviamo a trovare il bandolo. Come crea conoscenza la Matematica? La risposta credo risieda in due binomi antitetici non indipendenti: discreto/continuo e empirismo/platonismo. Non è possibile immaginare una nascita della Matematica che non faccia riferimento alla concreta risoluzione di problemi. C’è chi si spinge ad affermare che siano nati prima i simboli per designare i numeri e solo successivamente la scrittura propriamente detta. Qui resteremo quasi certamente per sempre nel campo della doxa. D’altra parte possiamo epistemologicamente (nel senso etimologico del termine) affermare che la Matematica si sviluppi in maniera empirica, a partire dal discreto: ho ricoverato tutto il bestiame?
Controllo con le tacche sugli ossi. Insomma imparo a contare.
Pare che il cervello apprezzi a vista fino a tre oggetti (très in francese significa molti e ha molta assonanza con trois). Ma poi si scopre che il numero è anche misura (nodo concettuale). A un certo punto la civiltà greca percepisce l’esigenza di geometrizzare lo spazio e decide che non si può parlare di bastoncini, ma bisogna astrarre ai segmenti. Nasce il continuo con il punto indivisibile e il platonismo con il mondo delle idee in cui la Matematica viene scoperta e non più inventata. Insomma nasce il processo tuttora in atto per cui per risolvere facilmente classi intere di problemi si è costretti a complicare la teoria con astrazioni crescenti e a creare piramidi rovesciate di problemi in cui a ogni risposta data si creano nuovi e fecondi problemi.
Per più di un paio di millenni il continuo e il platonismo son sembrati prevalere, anche se pensatori assai profondi come Democrito e Zenone mettevano in guardia dal considerare la realtà come frutto di un continuum (a essere onesti, vista la natura frammentaria e di seconda o terza mano dei riferimenti a noi pervenuti, questa affermazione sembra essere più pertinente alla doxa che all’episteme e, infatti, è mia opinione).
Il successo del Calculus, degli Indivisibiles e della meccanica newtoniana-euleriana-lagrangiana sembravano aver posto la pietra tombale sul discreto e decretato il successo definitivo della geometrizzazione del mondo. Ma il discreto era in agguato e pronto ripresentarsi.
Dopo più di duemila anni la tensione si ripresenta nel XX secolo.
Si è verificato empiricamente che la natura a scala microscopica è granulare e i punti materiali newtoniani o particelle sembrano essere delle incongruenze. D’altra parte a grande scala la natura sembra obbedire alla teoria di gravitazione di Einstein che porta a compimento il programma di geometrizzazione del mondo che parte dalla classicità greca. Peraltro Einstein è il rappresentante esemplare della tensione continuo/discreto avendo contribuito a fondare sia la meccanica quantistica che la teoria della relatività, che innescano un terzo e quarto binomio: certo/incerto e determinismo/probabilità.
Chi scrive non crede (doxa) che si possa sintetizzare in maniera definitiva tra gli opposti qui sopra esemplificati, come insegna la storia del pensiero, ma è utile che un futuro insegnante di Matematica o Matematica e Fisica o Matematica e Scienze conosca le tensioni interne che animano il progresso della conoscenza matematica.
Il punto di vista dell’estensore dei programmi concorsuali è però chiaro: si rifà alla natura empirica.
In essi si parla di dimensione laboratoriale della Matematica. Io credo che sia giustissimo. Per avvicinare quanto più è possibile stili cognitivi o intelligenze diverse dalla logica-matematica è necessario ancorare quanto più è possibile la disciplina al fare e disfare con mano, anche attraverso software e app varie, così come farne vedere la capacità di risoluzione di problemi.
Ci si dovrebbe sforzare di ricordare che non dobbiamo formare solo futuri matematici.
Quelli che percepiscono l’estetica della Matematica e la sua sublime bellezza, che se ne innamorano perdutamente a prima vista ne trarranno comunque un rinforzo della loro passione.
Appare altresì evidente da quanto detto sopra che un buon insegnamento/apprendimento della Matematica non può prescindere dalla narrazione della sua meravigliosa storia, ma non attraverso la più trita e ritrita aneddotica. Gli studenti vanno resi partecipi di questa grandiosa avventura del pensiero umano che non è sviluppata affatto in maniera lineare, né partorita adulta da un cervello di qualche dio, ma è proceduta per salti quantici/discontinui, imboccando anche vicoli ciechi e strade che portavano al nulla. Insomma bisogna, per esempio, far capire il secolare lavoro che c’è dietro la “semplice” formula risolutiva di un’equazione quadratica. Di come sia stata una conquista faticosa pensare di usare lettere segnaposto in luogo di nomi come “cosa” o altro. Va posto in ogni momento in evidenza come un faticoso processo di complicazione e astrazione della teoria porta alla risoluzione semplificata di problemi altrimenti insormontabili e che questo gioco di costruzione conduca ad altri problemi, in un crescendo che oserei definire estatico.
Insomma, bisogna comunicare emozioni.
Se si resta ammaliati dalle Stanze Vaticane non si può non rimanere scagliati a terra, come Paolo di Tarso nel famoso dipinto di Caravaggio, di fronte all’equazione di Eulero o agli assiomi di Peano. E poi vanno poste piste di ricerca personali: perché le sezioni coniche di Apollonio secoli dopo tornano utili nella descrizione di traiettorie in un campo di forze centrale? Come mai i numeri complessi nati per risolvere equazioni irrisolvibili nel campo dei reali riescono indispensabili in meccanica quantistica?
Insomma i nodi epistemologici e la storia della Matematica possono entusiasmare e sospingere i ragazzi e i giovani verso un modo nuovo e fecondo di pensare.
Nodi linguistici
Secondo me, si possono sintetizzare in alcuni verbi:
- Congetturare
- Confutare
- Dimostrare
Accanto a questi specifici della disciplina affiancherei altri che fanno parte della costruzione del cittadino attivo
- Argomentare
- Descrivere
La letteratura al riguardo è ampia ed è facilmente consultabile anche in rete. Voglio solo spendere qualche parola sul processo di descrizione. Anni fa sperimentai con una collega di Italiano l’assegnazione di temi di descrizione di oggetti o di esecuzione di procedure. Basti pensare a chiedere di descrivere una sedia specifica, come questo attivi modi di pensare tipici della Matematica.
Nodi didattici
Penso che si possano identificare nei seguenti:
- Teoria della oggettivazione
- Teoria della situazione didattica e concetto di contratto didattico
- Apprendimento incarnato (embodiment)
- Cono di Dale
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