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Il concetto di velocità nelle raccolte di problemi

Fare didattica con problemi antichi. Il concetto di velocità nelle raccolte di problemi.

Uno dei più antichi metodi di trasmissione del sapere matematico è la raccolta di problemi.

Nel Liber Abaci e in altri trattati di matematica che precedono lo sviluppo del pensiero scientifico moderno, sono affrontati  alcuni problemi  risolubili utilizzando un modello dinamico mediante la variabile  tempo e il concetto di  velocità .

Solitamente vengono  classificati come problemi di inseguimento o riempimento/svuotamento di vasche  o anche completamento di un lavoro o di un’azione. Alcuni di essi sono giunti fino ai noi  per lo  più in veste di  “giochi” matematici o quesiti di logica ma anche come problemi di Algebra  o Aritmetica. Più delicato è il passaggio a una formulazione in ambito cinematico proprio per la diversità dell’apparato concettuale, dell’approccio allo studio del moto, degli strumenti matematici utilizzati.

Il moto  di cui si parla nei problemi di inseguimento è, infatti, il movimento  di esseri animati, cani, volpi, lepri, viaggiatori. Il modello utilizzato è discontinuo ( salti, passi, tappe di un viaggio).

La velocità è solo un’idea intuitiva in grado di distinguere il corridore più lento da quello più veloce,  confrontando i tempi impiegati a percorrere un determinato spazio, o gli spazi percorsi nel medesimo tempo.

La teoria delle proporzioni non ammetteva, del resto,  una definizione di velocità come rapporto tra lo spazio percorso e il tempo impiegato a percorrerlo, non essendo queste ultime due grandezze omogenee. D’altro canto, in ambito filosofico, mancava un apparato concettuale per affrontare lo studio del moto in termini  quantitativi.

Le soluzioni di Fibonacci sono palesemente esercizi di aritmetica sul minimo comune multiplo di un insieme di numeri,  sulla ricerca del termine incognito di una proporzione, sulla somma dei primi  termini di una progressione aritmetica. Il ricorso alle analogie permette di utilizzare  le stesse formule o le  stesse procedure in contesti diversi.

Emblematico l’esempio seguente.

Liber Abaci  Cap. XII 3 23  il cane e la volpe

Ugualmente se si parla di una volpe in fuga, essendo 50 passi davanti a un cane che la insegue. Per ogni 9 passi della volpe ci sono  6 passi del cane.  Si chiede in quanto tempo la volpe sarà raggiunta.  Ebbene in questo problema vale la stessa regola delle uova; sottrai 6 da nove e resta 3- Dividi per 3 il prodotto di 6 per 50 e otterrai 100 passi.

In questo problema il tempo è misurato in «passi». Si evince che il cane è più veloce della volpe in quanto impiega 6 passi laddove la lepre ne impiega 9.

L’ «ugualmente» iniziale rimanda ad un problema precedente che non parla di inseguimento, bensì di una compra-vendita di uova. La relazione tra il tempo di percorrenza da parte dell’inseguito, il vantaggio di quest’ultimo e il tempo di percorrenza dall’inseguitore, è vista  come una relazione tra spesa , guadagno e ricavo.

Un approccio risolutivo moderno partirebbe dal rapporto delle due velocità e dal vantaggio temporale dato alla lepre.

Il seguente problema è uno dei più noti  del Liber Abaci.

Non è un vero e proprio problema di inseguimento, ma  è un ulteriore esempio in cui il moto è affrontato  in termini esclusivamente matematici (in particolare nel suo aspetto geometrico)

Due uccelli stavano in cima a due torri, alte rispettivamente 30 passi e 40 passi e distanti tra loro, al suolo, 50 passi.
et uno ictu descenderunt pari volatu ad centrum  cuiusdam fontis; et pariter uno momento ad ipsum  deuenerunt, qui erat inter utramque turrium
A quale distanza da ciascuna torre si trova il centro della fontana?

I due uccelli in un sol colpo volano verso il centro di una fontana posta tra le due torri, seguendo traiettorie rettilinee con ugual volo (con la stessa velocità) e arrivano nello stesso istante; dunque, le due traiettorie hanno uguale lunghezza e sono le ipotenuse dei triangoli rettangoli aventi rettangoli aventi , ciascuno, l’altezza di una torre e la rispettiva distanza dalla fonte  come cateti.

Fibonacci fornisce per lo stesso  due formulazioni (sostanzialmente uguali), una nel Cap. XII e l’altra nel Cap. XV.

La prima versione è risolta con un metodo numerico, la seconda con metodo geometrico. In nessuna delle due formulazioni si parla di velocità. Per le soluzioni si veda: Il problema degli uccelli e delle torri

Vasche, rubinetti e fori di scarico

Per quanto riguarda i problemi sulle vasche, rubinetti e fori di scarico, questi  sono spesso citati come il prototipo del rompicapo matematico e sembra che non abbiano molto successo nei test di logica proposti nei concorsi o nelle prove di ammissione alle facoltà universitarie .

Si può individuare facilmente un modello risolutivo, facile da adattare nei vari casi, proprio introducendo il concetto di “ velocità di riempimento” ( la portata del rubinetto). Molto spesso, invece, si tende a trascurare l’aspetto dinamico , concentrandosi solo sui dati corrispondenti allo stato finale .

Il problema seguente, tratto dal Liber Abaci, è risolto da Fibonacci mediante una proporzione , i cui elementi sono individuati con un approccio euristico.

Liber Abaci  Cap. XII .3.34 – La caraffa con 4 fori sul fondo

Una caraffa ha quattro fori sul fondo; dal primo si svuota in 1 giorno, dal secondo in 2 giorni, dal terzo in 3 giorni, dal quarto in 4 giorni; si chiede in quante ore si svuota se i 4 fori vengono aperti insieme.

Soluzione dell’autore

Se  la caraffa fosse svuotata in 12 giorni  attraverso i 4 fori,  essa si svuoterebbe  12 volte attraverso il primo foro, 6 volte  attraverso il secondo,  4 volte  dal terzo e 3 volte dal quarto.  In 12 giorni, pertanto, la caraffa sarebbe svuotata 25 volte, ovvero in 12 giorni si svuotano 25 caraffe. Pertanto, una sola caraffa sarebbe svuotata in (12·1)/25  di giorno.
La scelta del numero 12 , ovviamente, non  è casuale ma determinata dal fatto che corrisponde al minimo comune multiplo fra  1,2,3 e 4

La definizione  di velocità, interpretata come tasso di variazione,  medio o puntuale  di una funzione, è ormai familiare anche agli studenti più giovani.

Affrontato inizialmente in modo intuitivo trova poi una sistemazione rigorosa nei concetti di rapporto incrementale e di derivata di una funzione.

Il confronto tra i metodi risolutivi antichi e moderni può   essere però molto utile per stimolare la curiosità dello studente  nella ricerca di soluzioni alternative e favorire la flessibilità nell’applicazione di regole o procedure ma anche per sollecitare una riflessione di carattere storico sull’evoluzione della “scienza del moto”.

Ricordiamo che il primo  approccio  cinematico al problema del moto risale al XIV secolo.

La distinzione tra Cinematica e Dinamica è frutto del lavoro di approfondimento da parte della scuola di Meccanica del Merton College  di Oxford, nel periodo che va dal 1320 al 1350. Il  problema del moto si inseriva in quello più generale del «cambiamento» e il dibattito si focalizzava intorno alla possibilità di descrivere le “qualità”  variabili di un corpo in termini quantitativi.

Ai Mertoniani si deve una prima definizione di moto uniforme e di moto uniformemente accelerato, nonché la formulazione della regola nota impropriamente come “Regola della velocità media di Merton”: «lo spazio percorso in un dato tempo, con accelerazione uniforme, è uguale a quello percorso nello stesso tempo, con moto uniforme, a una velocità pari a quella che il moto uniformemente accelerato ha nel suo istante di mezzo».

In verità il concetto di velocità media era ancora sconosciuto e la velocità, nel significato moderno di velocità istantanea, era una qualità  del corpo in movimento, suscettibile di eventuali variazioni ( diversi gradi di velocità, locuzione utilizzata anche da Galileo).

Una definizione nominale di gradus velocitatis era posta in questi termini: « … è misurato dallo spazio che in un dato tempo il mobile percorrerebbe se da quell’istante in poi procedesse, di moto uniforme, con la velocità posseduta in quell’istante», definizione non esente da un vizio di circolarità .

Neanche Galileo, del resto, riuscì a dare una definizione di velocità istantanea e inoltre  utilizzò la locuzione “grado di velocità” in modo ambiguo attribuendole anche il significato di incremento di velocità.

I risultati di Oxford ebbero un’interessante interpretazione grafica ad opera di Nicola D’Oresme  (1323-1382), principale rappresentante della scuola di  Parigi,  il più originale dei filosofi scolastici.

Il suo metodo grafico per rappresentare le forme fenomeniche variabili nel tempo  aprì la strada a una concezione delle leggi della natura in forma funzionale.

Nel suo “Tractatus de configuratione qualitatum et motuum,” indica come rappresentare l’intensio (es. il grado di calore in ogni punto o il grado di velocità in ogni istante) e l’extensio (come la lunghezza della barra o l’intervallo di tempo), denominati, rispettivamente, “latitudo” e “longitudo”. Al moto uniforme corrisponde una  configurazione rettangolare, al moto uniformemente accelerato  corrisponde un triangolo o un trapezio rettangolo, la cui area rappresenta lo spazio percorso.

La dimostrazione geometrica della regola della velocità media è abbastanza semplice, come  si può osservare in figura. Lo spazio percorso con accelerazione costante (area del trapezio) è uguale allo spazio percorso a velocità costante (area del rettangolo).

La velocità del moto uniforme associato  è uguale alla media aritmetica delle due velocità, iniziale e finale, del moto uniformemente accelerato.

Questi risultati si dimostrarono molto fecondi, specialmente nello  studio del moto uniformemente accelerato  e, secondo alcuni storici della Scienza, posero le basi all’indagine galileiana sul moto di caduta dei gravi.

Forse è un po’ azzardato sostenere la tesi di una continuità tra la Scienza del moto dei filosofi scolastici di Oxford e di Parigi e la Nuova Scienza di Galilei. I primi erano sostanzialmente mossi da interessi filosofici e non riuscirono a collegare le loro intuizioni riguardo il  “moto locale” in modo  organico e generalizzato, restando sostanzialmente legati al paradigma aristotelico.

Lo stesso Galileo, che pur conosceva i loro  risultati e applicava la regola della velocità media, dà inizio alla Giornata terza dei “Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze” con l’affermazione «De subiecto vetustissimo novissimam promovemus scientiam». Novità che non consiste solo nei risultati ottenuti ma soprattutto nello strumento logico- dialettico che si traduce in un nuovo metodo di indagine scientifica della realtà.

Possiamo riscontrare una continuità nella geometrizzazione della fisica che però Galileo portò avanti assieme alle  “sensate esperienze”, sostituendo, inoltre, ai testi di Aristotele e alle Sacre Scritture  il suo laboratorio  di piani inclinati, pendoli e orologi ad acqua.  Un’indagine  che rivelò , peraltro, una  realtà più complessa che sfuggiva  al linguaggio della Geometria euclidea  e impose la necessità di  ampliare gli strumenti della Matematica  (Geometria analitica e Calcolo infinitesimale) per continuare a leggere il gran libro della Natura.

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 Riferimenti

 

Autore

  • Adriana Lanza

    Laureata in matematica, all'Università “La Sapienza” di Roma. Vincitrice di concorso a cattedra per la classe matematica e fisica, ha  insegnato a Roma nel liceo scientifico “Cavour” e ha collaborato con la S.S.I.S del Lazio in qualità di insegnante accogliente per i tirocinanti. In pensione dal 2009, ha partecipato al progetto del MIUR “La prova scritta di Matematica degli esami di Stato nei Licei Scientifici: contenuti e valutazione”. Collabora alle attività di formazione della Mathesis.

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