Il panegirico dell’Invalsi è ricorrente. La stampa quotidiana in Italia è diventata da tempo cassa di risonanza dell’ente.
Il panegirico dell’ente è ricorrente ad opera di gente incompetente. Senza traccia di contraddittorio. La disinformazione regna sovrana. La più qualificata letteratura internazionale su limiti e danni delle prove standardizzate viene ignorata.
Sul “Corriere della sera” del 16 febbraio 2020 Aldo Grasso si esibisce con un taglio basso in prima pagina. Titolo: “Non giochiamo a nascondino con l’Invalsi”. Per lui giocano a nascondino l’autore di un emendamento che elimina i risultati Invalsi dai curricula degli studenti e la vice ministra dell’istruzione che se ne dice soddisfatta. Ma è lui che gioca a nascondino con la scuola. Il suo nascondiglio è l’Invalsi.
L’articolista si barcamena fra una ironia fuor di luogo e una pretesa di serietà.
Naviga verso i luoghi comuni quando fa la parodia di Eduardo De Filippo con gli esami “che finiscono sempre, purtroppo”. Cerca di farsi serio quando proclama che l’Invalsi “è una parte del curriculum dello studente”. Intanto c’è un riscontro che lascia perplessi. Su wikipedia si può vedere il suo curriculum. Non vi è traccia di prove standardizzate sostenute. Però la voce è migliorabile perché le fonti sono insufficienti.
Il medesimo vorrebbe che il risultato delle prove Invalsi fosse allegato al diploma di maturità. Secondo lui dovrebbe essere parte integrante del curriculum di ogni studente. L’allegato conterrebbe “esperienze, competenze e conoscenze che lo studente ha accumulato negli anni”. Questa non è la realtà dei fatti per quanto attiene alle “esperienze” e alle “conoscenze” ed è discutibile quanto alle “competenze”. Assurdo far credere che il vagheggiato allegato sarebbe il rendiconto fedele di tutta la crescita conoscitiva di uno studente nell’intero corso di studi.
Il panegirico dell’Invalsi
Il medesimo definisce nello stesso tempo l’Invalsi “strumento moderno capace di radiografare la realtà”. Anche se “migliorabile”. Imperfetto, quindi. Provate a dare a un medico una radiografia imperfetta. E poi, a dire il vero, strumenti simili non sono affatto moderni. Risalgono almeno a Henri Piéron, Sono stati oggetto di annose discussioni fra esperti di pedagogia. Le prospettive docimologiche vanno oltre la limitata visione dell’Invalsi.
Il medesimo fa seguire all’ormai logora metafora della radiografia l’altrettanto inflazionata metafora del termometro. “Se c’è la febbre, si rompa il termometro!”, esclama questo passionale fan dell’Invalsi, attribuendo l’esortazione ai critici del suo idolo. Ma la febbre, una volta misurata, può passare. Lo studente invece dovrebbe essere ammalato per sempre. Recare le stimmate dei test, chiamati eufemisticamente “prove” dai vertici Invalsi, sine die.
Il medesimo sostiene che la scuola italiana sarebbe in parte refrattaria alle valutazioni. Parla di studenti e docenti come soggetti dai “demeriti” secretati. A decretare i demeriti sarebbero l’Invalsi e lui.
Il medesimo afferma che l’allegato sarebbe “da presentare a università e datori di lavoro”. Questa è una sconcertante aberrazione. È aberrante sostenere che l’Invalsi dovrebbe influire sul percorso lavorativo dei cittadini. ( Si veda: L’Invalsi sostituisce i docenti nella valutazione degli alunni)
Si rende conto il medesimo di cosa sia l’Invalsi?
Gli basterebbe poco per capirlo. Sciogliere l’abbreviazione che dà il nome all’istituto. Trattasi di Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell’Istruzione. Del sistema, non dei singoli soggetti che in esso agiscono. Spostare tale valutazione sui singoli soggetti è invasione di campo. Il campo della libertà d’insegnamento. Libertà che deve rispondere al Ministero dell’Istruzione, non all’Invalsi.
Su internazionale.it intervenne nel 2018 Christian Raimo, coadiuvato da Giulia Addazi, con l’articolo I test Invalsi servono a migliorare la scuola? La sostanza dell’articolo è ancora valida. Il giornalista e scrittore ricorda fra l’altro le perplessità del pedagogista Benedetto Vertecchi e del matematico Giorgio Israel sull’Invalsi. L’avrebbero volentieri cancellato. Si noti che Benedetto Vertecchi è anche uno dei nostri maggiori esperti di docimologia. E che la posizione di Giorgio Israel è contro il meccanicismo. Meccanicismo che vediamo nel meccanismo dei test.
Non ci risulta che Aldo Grasso sia docimologo o matematico.
Forse sarebbe pretendere troppo che si rimetta a studiare.
E che dopo si sottoponga ai test, per mettersi alla prova, conoscerli e giudicarli, come aveva promesso di fare un Ministro dell’Istruzione, poi dimissionario.
Noi ci limitiamo a esprimere soddisfazione per l’intelligente emendamento del deputato Nicola Fratoianni e il favorevole commento della vice ministra dell’Istruzione Anna Ascani.
Era ora che in sede istituzionale si prendesse l’iniziativa contro certe prevaricazioni.
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