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Il Dialogo di un venditore di test e di un contestatore

Un semplice esame con dei quiz generici non può parlarci di sogni, di emozioni, di predisposizione e amore verso una disciplina.

Competenti sulle competenze siamo solo noi venditori […] i test da lei smerciati sono una formidabile arma di distruzione del piacere della lettura e senza piacere della lettura non vi può essere comprensione di ciò che si va leggendo. […] Il tempo dell’educazione non è quello dei test.

Ecco riportato l’intero dialogo che il venditore di test ha dovuto sostenere con il contestatore:

Venditore – Quesiti, quesiti, quesiti nuovi … Passeggero, le abbisognano quesiti ovverosia quiz, test a scelta multipla, arzigogoli giustificativi di prove?

Contestatore – Che tipo di prove? Quelle per accertare le cosiddette competenze? Comprensione della lettura, ad esempio?

Venditore – Alleluia! Ne ho di tutti i tipi, anche di matematica e inglese. Ne ha scritto abbondantemente la stampa quotidiana. Grazie a questi test si è potuto stabilire che in Italia gli studenti del Nord sono più bravi di quelli del Sud, nonostante il fatto che quelli del Sud conseguono tanti e poi tanti cento e lode agli Esami di Stato a differenza di quelli del Nord. Evidentemente al Nord c’è rigore e al Sud c’è lassismo. Perciò è sciocco contestare i test.

Contestatore – Che sia sciocco risulterebbe da un commento alla benemerita lettera di ottanta accademici di tutto il mondo ad Andreas Schleicher, riportata sotto il titolo OCSE and  Pisa tests are damaging education world wide sul sito theguardian.com il 6  maggio 2014. Nel commento un fantomatico undersingend  (probabile accolito di OCSE-Pisa) scrive infatti: “Opposing standardized tests is just dumb”. Sul sito ilsussidiario.net il 14 maggio 2014 sotto il titolo SCUOLA/Guardian “contro” Ocse, la ragione non sta coi manichei ad una commentatrice  l’anonimo commento da cui l’insulto è stato estratto  “sembra serio ed equilibrato”. Di fronte a  siffatte elucubrazioni di buon grado replichiamo che sciocco sembra piuttosto esaltare i test e definire  manicheo chi li  contesta e rigetta.

Venditore – Io sono orgoglioso di dire che nei recenti articoli giornalistici sull’Invalsi i miei test sono  stati presi come responsi oracolari senza discussioni. Ed è giusto che sia così. Infatti gli esiti di questi test sono la fotografia, il termometro, la radiografia, gli esami del sangue per il colesterolo della scuola nel Paese.

Contestatore –Molte grazie a chi ha escogitato la metafora gastroenterica del colesterolo, che aggiungiamo giulivi alla collezione, e molte grazie ancora alla medesima persona  per la metafora gastronomica della sacher torte, che fa vedere nei discenti tanti piccoli cuochi in crescita nella  scia di Bastianich, Cannavacciuolo, Cracco e chi più chef illustri ha più ne citi. Ma siamo sicuri che i test siano fatti bene? Attenzione: anche se fossero fatti bene, e non lo sono, resterebbero arzigogoli. Come si fa a pretendere che la crescita culturale, mentre è nel suo pieno dinamismo,  se ne stia in posa per farsi un selfie con l’Ocse-Pisa, con l’Invalsi, con l’Anvur and company, si  metta il termometro sotto l’ascella o porga il dito per farsi misurare la febbre, si sottoponga ad esami radiografici come se non fossero esenti da probabili errori dei radiologi, sia pronta a porgere il braccio a comando per il prelievo del sangue con conseguente analisi per la misura del colesterolo, magari dopo aver gustato una sacher torte? Non mi sembrano davvero felici siffatte metafore, mio caro vu cumprà. È una vera smania quella di vedere nella scuola una malata …  A questo punto viene in mente l’aureo detto medice, cura te ipsum: può darsi che il colesterolo ce l’abbia tu.

Venditore – Lei dunque vuole fare la guerriglia con giovanile baldanza contro i miei bei test?

Contestatore –  è un certo Andrea Ichino a non gradire la critica al punto di chiamarla guerriglia contro l’Invalsi, vero? Ma l’esercizio della critica è doveroso in una materia così delicata qual è la formazione dei giovani con le sue connesse implicazioni politiche. Voglia perdonarmi: prima di acquistare, la merce bisogna testarla. O lei che vuol vendere i test si contraddice, asserendo che i prodotti da smerciare non debbano essere testati?

Venditore – E già, che cosa ci si può aspettare da un contestatore di test?

Contestatore – Penso che lei non solo soffra di emicrania, ma voglia far venire anche agli altri il mal di test.

Venditore  Il suo gioco di parole lo trovo ridicolo.

Contestatore – Mai quanto il suoRida, rida, rida pure. Intanto, non potendo acculturarla richiamando la storia dell’educazione aggiornata ad oggi in prospettiva futura, mi limiterò a qualche citazione recente.

Venditore – Ma non capisce che nella realtà odierna, invece di pretendere che si sappia tutto, c’è bisogno di accertare le sole competenze? E competenti sulle competenze siamo solo noi venditori. Le offro in prova questi test per testare. Sono gratuiti. Alle spese ci pensa lo Stato.

Contestatore –  Egregio rivendugliolo, si sa che ogni pubblicità esalta il proprio prodotto per interesse. A me non piace acquistare a scatola chiusa. Andiamo a verificare. Cominciamo da qualcosa che riguarda anche ANVUR.  Sul Corriere della Sera  dell’11 agosto 2019 Giovanni Lo Storto, Direttore Generale della LUISS –  Libera Università Internazionale degli Studi Sociali – Guido Carli di Roma, nell’articolo intitolato La lezione dei nostri figli: mai smettere d’imparare dichiara senza remore che occorre “ripensare i criteri di valutazione dei nostri ragazzi”, perché “il voto secco non basta da  solo, non ci racconta la persona intera, oltre al compito assegnato”.    E sul medesimo quotidiano il 13 agosto 2019 nell’articolo intitolato Se i sogni di un laureato si  infrangono su un test Giulio Naria, Neurochirurgo e Docente universitario, sottolinea l’importanza del Qe (quoziente emotivo) rispetto al Qi (quoziente intellettivo). Egli scrive fra l’altro: “Oggi si è valutati da un computer, una forma di intelligenza artificiale che utilizza straordinari algoritmi ma che non parla con uno studente, non si emoziona e non sa valutare le sue emozioni, ma soprattutto non avrà mai quello che si chiama buon senso, cioè l’insieme di tutti i big data cognitivi ed emozionali che ogni singolo docente ha incamerato nel corso della sua vita professionale e che possiamo chiamare esperienza. […] Un semplice esame con dei quiz generici non può parlarci di sogni, di emozioni, di predisposizione e amore verso una disciplina”.

Venditore – Non si preoccupi, ribelle e  sovversivo e  aspirante guerrigliero  che non è altro,  Siamo pronti a misurare anche le personalità dei discenti. Ci saranno per questo apposite indagini OCSE-Invalsi (SES – Study of Social and Emotional Skills  e LSEC – Longitudinal  study of Socio-Emotional skills in the Cities). Ne ha dato notizia Rossella Latempa su ROARS – Return on Academic Research. A dire il vero, su orizzontescuola.it Anna Angelucci si dice fortemente preoccupata di questa iniziativa. Ma perché poi? Noi mercanti vogliamo governare gli individui come ci pare e piace e non dobbiamo renderne conto a nessuno. Ci pagano appunto per questo. Vadano a leggersi lei e i suoi patetici complici ribellistici il fondamentale rapporto Skills for Social Progress – The Power of Social and Emotional Skills su oecd.org. Vedrà come ci proponiamo di addomesticare l’intera umanità, sottomettendola al nostro esclusivo potere.

Contestatore – Insomma lei e i suoi cari siete arrivati alla stadio dello scienziato pazzo. Vorrebbe misurare anche me? Perché non  si fa misurare lei? Quos Iuppiter vult perdere, dementat prius.

Venditore –  Con le nostre misurazioni saremo padroni del mondo!

Contestatore – Misurerete anche i sogni?

Venditore – I sogni no. Che ce ne facciamo? Noi  commercianti dobbiamo essere concreti. Ciò che conta è il profitto. In vista del profitto abbiamo bisogno di gente addestrata. E l’addestramento ce lo garantiscono i quiz. Ha presente, rompiscatole di un contestatore, quei quiz televisivi in cui i concorrenti gareggiano per vincere cospicue somme? Così è nella competizione economica in questo mondo globalizzato. E così deve essere nella scuola. Altrimenti la crescita ce la scordiamo e noi tutti andiamo a finire con le pezze in culo.

Contestatore – Capisco. I mercanti disprezzano persone come Martha C, Nussbaum, autrice di Not for Profit: Why Democracy Needs the Humanities, Princeton University Press, Princeton, 2010 (traduzione italiana Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Il Mulino, 2011).

Venditore – Basta con codeste citazioni, che mi innervosiscono. Mi sembra di averle sentito dire che si propone di entrare nel merito dei test. Ci sarà da ridere. Quando si decide a farlo?

ContestatoreA entrare nel merito mi decido tosto, senza por tempo in mezzo, immantinente e ci sarà da piangere. Perché i test da lei smerciati sono una formidabile arma di distruzione del piacere della lettura e senza piacere della lettura non vi può essere comprensione di ciò che si va leggendo.

VenditoreMa se prima non si comprende, come si può provare piacere?

ContestatoreI suoi test, imperfetti come sono, non servono a comprendere, ma a rendere confuso ciò che altrimenti sarebbe chiaro, quindi non fanno altro che incrementare la disaffezione alla lettura negli studenti.

VenditoreVorrei proprio vedere se è in grado di dimostrarlo.

Contestatore Certo che glielo dimostro, fermo restando che lei non potrà dimostrare il contrario, perché è tanto supponente quanto sprovveduto, nonostante le tante elette sfere cerebrali che sembrano fornirle la merce.  Partiamo da un  testo poetico, quello di Giovanni Raboni, L’autunno ha a volte luci così terse, da Quare tristis. Poeta e lirica che difficilmente avranno trovato posto nei programmi di studio. Ma già, ci deve essere il gusto dell’imprevisto, altrimenti che prove sarebbero?  Lasciamo stare per ora  questa tematica. Veniamo al dunque. Contempliamo il sacrilegio della vivisezione ovvero autopsia dei versi.  Ecco il verso iniziale: “L’autunno ha a volte luci così terse”. L’Invalsi chiede il significato di “terse” nel testo. Bisogna scegliere fra i significati proposti: “pulito/trasparente, brillante/luminoso, vitreo/lucente, splendente/lucido”. Innanzitutto “terse” è plurale, mentre i significati proposti sono al singolare: qualcuno potrebbe essere tentato di definirlo svarione da somaro elementare che finisce con l’incidere sulla prestazione dello studente. Quanto al significato, perché chiederne  uno solo o almeno uno?

VenditoreSe ne meraviglia? Si tratta di un test!

ContestatoreNon mi meraviglio. Mi indigno. Come si fa a vilipendere in tal modo l’ambiguità del testo poetico, autorevolmente teorizzata da William Empson, che ne distingueva ben sette tipi? Quell’aggettivo non ha un significato univoco, ma evoca molteplici vibrazioni allusive, fra le quali la sottintesa transizione dinamica, consona all’avvento dell’autunno, dal verbo “tergere” all’aggettivo “terse”. Per non dire dell’inadeguatezza degli aggettivi fra cui scegliere. Infatti manca proprio quello più significativo, “cristalline”, che rinvierebbe all’autunno “più bello della primavera” del verso finale: “più bello” come un cristallo dotato di inestimabile pregio. Ma c’è di più: l’aggettivo “terse”  in  realtà rimanda solo a se stesso. Ha presente la leopardiana poetica dell’indefinito?

Venditore Come sarebbe a dire?

ContestatoreIl significato di “terse” risiede nell’enigma della risonanza interiore che l’aggettivo produce, enigma di cui parla Jorge Luis Borges in L’invenzione della poesia. Le lezioni americane, Mondadori, 2001 (The Craft of Verse, Copyright by the President and Fellows of Harvard College 2000). Il significato di “terse” può essere studiato alla luce di Alberto Argenton-Laura Messina, L’enigma del mondo poetico. L’indagine sperimentale in psicologia della letteratura, Bollati Boringhieri, 2000. Il significato di “terse” varia a seconda dei livelli di lettura riconosciuti da Umberto Eco  in Sulla letteratura, Bompiani, 2002. Il significato di “terse” rinvia alla semantica della comunicazione studiata da Jurij M. Lotman in La struttura del testo poetico, Mursia, 1993 (titolo originale in lingua russa che qui non sto a ripeterle). Ora però lasciamo stare i test sulla poesia e passiamo ai test sulla prosa.

Venditore Non mi dirà che l’ambiguità si possa riscontrare anche nei testi in prosa.

Contestatore Perché no? Basti pensare a certi discorsi letti dai politici.

Venditore Lasciamo stare gli amici politici. Qui si tratta di testi letterari e di altro tipo.

Contestatore Appunto. Andiamo ad esaminare i test proposti sui testi in prosa letteraria, testi che presentano anch’essi sfumature di ambiguità.

Venditore  Insiste sull’idea di testi in prosa ambigui?

Contestatore Se me lo chiede, vuol dire che non ha presente, per esempio, The Difference Between Poetry and Prose  di Martin Earl (può leggere il testo su poetryfoundation.org) e, per contrasto, Poesia in prosa/prosa in prosa di Paolo Zublena (può leggere il testo su treccani.it). Stiamo parlando di prosa letteraria e non di prosa scientifica. Che pazienza ci vuole con chi non ha un retroterra culturale della dovuta ampiezza!  Tanto per fare un esempio, se prendiamo il famoso incipit “Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno […]”, ci troviamo di fronte a un novenario e a un settenario e ciò vale a distinguere la prosa manzoniana da un trattato di geografia. L’andamento lirico assume un valore evocativo, che conferisce all’immagine una connotazione musicale dalle molteplici risonanze, capace di evocaredunque  la modulazione della voce nascosta e affiorante del narratore, ben al di là della semplice  denotazione geografica.

Venditore Vorrebbe sostenere che c’è ambiguità anche nei miei testi in prosa letteraria proposti per saggiare la comprensione della lettura?

Contestatore Certamente. Prendiamo il testo di Luca Canali, racconto in prima persona. Il narratore evoca un personaggio, la madre, che “scende dal marciapiedi” ed è sul punto di “attraversare la piazza del Popolo”. Segue una descrizione della madre, diversa ormai dalla “piccola, gracile donna della mia infanzia” e dalla “anziana signora di dopo la pensione”. Poi leggiamo: “Qui il volto è teso […]; dietro, affissa al muro, una striscia di carta […]”. Il quesito riguarda il significato dell’avverbio “qui” (veramente nel testo “qui” è detto genericamente “parola”). Bisognerebbe scegliere fra “in Piazza del Popolo” (veramente l’autore scrive “piazza” e non “Piazza”), “nella foto di famiglia”, “sul marciapiede” (veramente l’autore scrive “marciapiedi”), “in questa situazione”. Ebbene, questi significati sono tutti veri, dal momento che si tratta di una situazione in movimento: la madre “scende dal” (non “è scesa dal”, quindi ha un piede sul marciapiedi e un altro proteso in giù, che anche se ancora sospeso nell’atto della discesa è già nello spazio della piazza), “sta per attraversare la piazza del Popolo” (quindi si trova comunque in piazza del Popolo, altrimenti non starebbe per attraversarla). Tutto ciò configura  la situazione in cui la madre si trova. Situazione generata nella memoria dell’io narrante dalla foto di famiglia. Ed è a questo punto che l’avverbio di luogo “qui” svela la sua concomitante e prevalente valenza temporale.. Ritornando alla teoria dei livelli di lettura, potremo finalmente stabilire che a un  livello superiore, comprensivo di tutti gli altri significati,  la corretta risposta al quesito sul significato di “qui” è  “nella memoria dell’autore”, ossia nel suo dolente rimembrare. Sennonché  proprio questo significato manca fra quelli in vendita, caro il mio merciaiolo deambulante. Quindi  lei in realtà non verifica la comprensione della lettura, ma  esercita una coercizione che distoglie dall’approfondimento interpretativo. Senza contare, poi, che il lettore non ha bisogno di soffermarsi analiticamente sull’avverbio “qui”, perché il senso complessivo del brano gliene porge il significato sul piano dell’intuizione, che il suo metodo, se metodo e non gratta e vinci  si può dire che sia, non può affatto sondare. C’è di più: anche in assenza di intuizione, l’attenzione concentrata sull’avverbio “qui” non è indispensabile per la normale  fruizione del testo! Sarei in grado di dimostrare che la percentuale dei test difettati è ben superiore alla percentuale degli studenti così testati che risultano carenti nella comprensione della lettura.

VenditoreHa ancora altri motivi per disprezzare la mia mercanzia?

Contestatore Ormai, per quanto riguarda la comprensione della lettura, dovrebbe essere chiaro che, a mio avviso, in essa difettano proprio i formulatori dei test. Costoro ricorrono di solito a una limitazione dei significati, generando confusione a causa della  restrizione degli spazi interpretativi. Anche il soggetto che abbia interpretato correttamente il testo viene forzato a mettere in dubbio la sua interpretazione,

Venditore Ardirebbe affermare che il soggetto aveva compreso un testo che successivamente mostra di non aver compreso?

Contestatore Intendo dire che il soggetto può aver compreso un testo ed essere indotto dai test a scelta multipla a fraintenderlo, dal momento che questa prova ingenera smarrimento, ansia, frustrazione, anche perché, dopo averla espletata, non c‘è nessuno che intervenga a spiegare il motivo dell’eventuale errore, vero o presunto che sia,  e gli riconosca il diritto di replica.

Venditore – è chiaro che i test a scelta multipla non  le sono graditi.  Ma è chiaro parimenti che questi consentono di risparmiare tempo nel correggere.

Contestatore Proprio  così. È questo voler risparmiare tempo che non va. Il tempo dell’educazione non è quello dei test. Il processo di insegnamento-apprendimento esige lo scambio dialogico, che consente di orientare l’allievo verso la ricerca di una verità. Questo principio pedagogico, una volta enunciato da Platone, è restato incrollabile attraverso i secoli nella cultura occidentale  fino ad oggi. L’odierna crisi della civiltà lo mette in forse, come si può desumere, ad esempio, dalla ormai classica teoria della “modernità liquida” enunciata in Zigmunt Bauman, Modernità liquida, Laterza, 2015 (Liquid Modernity, Polity Press, Cambridge, e Blackwell Publishers Ltd, Owfortd, 2000). Ma la cura di sé autenticamente intesa resta da recuperare come garanzia di umanità dell’io vivente contro il pericolo di un soggetto ridotto ad automa. Che cos’hanno in comune i suoi test con la cura di sé come attività costitutiva del soggetto, sia che educhi, sia che venga educato? Peccato che lei non abbia presente Michel Foucault, L’ermeneutica del soggetto. Corso al Collège de France (1981-1982), Feltrinelli, 2003 (L’Herméneutique du sujet, Cours au Collège de France1981-1982, Seuil/Gallimard, 2001), ove l’approfondimento dell’argomento è particolarmente suggestivo perché esposto nella viva forma di una serie di lezioni accademiche. Proprio la “questione del soggetto” è fondamentale in pedagogia. C’è però un tipo di verifica della comprensione della lettura che lei, spacciatore di test a scelta multipla, non predilige, mentre al limite  potrebbe essere accettato al di fuori del contesto dialogico.

Venditore  –  Quale sarebbe?

ContestatoreParlo dei quesiti a risposta aperta. A lei non vanno bene, perché costano più tempo. E anche perché  a lei piace che siano testate tutte le scuole italiane ai diversi gradi con intento tentacolare. Questo non è un metodo scientifico. All’estero si procede per campioni ed è così che si può  anche pensare a  campioni di controllo.

Venditore  – Io ho anche test di inglese. Guardi come sono belli. Adornano sfarzosamente chi se ne riveste. Li metto in svendita. Le faccio un sconto. Approfitti ora di questa offerta, prima che scada il termine.

Contestatore Non ne parliamo nemmeno. Per me l’inglese lo si apprende davvero soltanto con la piena immersione,  ovvero, come si è ormai soliti dire per la dilagante moda degli anglicismi, con la  full immersion.

Venditore   Allora per lei tutti i miei prodotti sono scadenti, avariati, insomma dei pezzotti?  Anche i test di matematica? Guardi che nel mio campionario ne ho di formidabili e per giunta li offro in saldo. Si degni di ammirare questo pacchetto: “I dieci quesiti più difficili di matematica”. Consideri  che questi dieci quesiti sono seguiti da una disamina degli errori degli studenti e da suggerimenti didattici in raccordo con le indicazioni nazionali del Ministero. Chi li compra fa un affarone!

 Contestatore I dieci quesiti più difficili? C’è una parte della matematica che è più difficile di un’altra? E in ogni caso  la difficoltà non può essere legata alle cattive formulazioni? Quello che poi non mi va è codesta sorta di vanto della difficoltà. Bell’incoraggiamento agli studenti il presentare la matematica in modo da incentivarne la disaffezione! Mi pare che lei sia uno di quegli abusivi inamovibili che smerciano robaccia sulle bancarelle e se arriva la polizia se la svignano e poi tornano sul posto come se niente fosse.

Venditore   Non si preoccupi, illustrissimo. Il mio datore di lavoro, il mio fornitore di test, li garantisce genuini. Le assicuro che possono essere utilissimi ai docenti. È un affarone!

Contestatore Un momento. Non cerchi di abbindolarmi. Lei ha parlato di raccordo con le indicazioni nazionali del Ministero. A me non risulta che codesto raccordo sussista. Da tempo Emilio Ambrisi segnala la discrasia, mettendo in guardia dall’invasione di campo dell’Invalsi, che mostra di aspirare a rendere obbligatoria la partecipazione alle sue prove, vale a dire che per essere ammesso all’esame lo studente dovrebbe dimostrare di averle sostenute. E poi non si è mai capito perché il suo caporione pretenda di essere lui a fornire suggerimenti didattici ai docenti. Siamo all’assurdo: da una parte si dice di voler soltanto misurare o valutare le prestazioni, dall’altra si pretende di assurgere a conoscitori della questione del soggetto in pedagogia. Io protesto contro questo attentato alla dignità dei docenti.

Venditore Sappia che fornisco i miei prodotti anche alle Università. Ho anche dei test di medicina. Li vuole vedere? Sono bellissimi test di logica. Eccone uno; “Ogni volta che mi alzo dal letto provo delle vertigini. Se la precedente affermazione è FALSA, quale delle seguenti è certamente vera? Quando non mi alzo dal  letto non provo vertigini. Almeno una volta mi sono alzato dal letto e ho provato delle forti vertigini. Tutte le mattine provo delle vertigini. Quando mi alzo dal letto non provo mai vertigini. Almeno una volta mi sono alzato dal letto senza provare vertigini”.

Contestatore A parte il fatto che non esiste la logica, ma esistono le logiche (questa tematica però la credo a lei estranea), il test è mal formulato. Se si parla di “precedente affermazione” volendosi riferire soltanto alla proposizione principale, sottintendendo che la risposta esatta  richiede il ricorso alla regola del “se … allora”, bisogna esplicitare il quesito così: “Ogni volta che mi alzo dal letto provo delle vertigini. Se la proposizione principale è FALSA, quale delle seguenti è certamente vera?” In mancanza di tale esplicitazione, per “precedente affermazione” bisogna intendere l’affermazione di frase principale e frase secondaria strettamente concatenate, quindi la negazione viene a riguardare tutto il periodo. Cosicché avremo non “Ogni volta che mi alzo dal letto non provo delle vertigini”, ma “Non ogni volta che mi alzo dal da letto provo delle vertigini”. Come si fa a proporre un test di logica senza tener conto della linguistica? E non ha presente il Tractatus logico-philosophicus di Ludwig Wittgenstein con i suoi riconoscimenti e le sue critiche a Gottlob Frege e Bertrand Russell sul piano della logica matematica? Senza contare che nel nobile esercizio della professione medica sul tema delle vertigini si svolge il colloquio anamnestico col paziente e non ci si balocca con la logica astratta. Proprio come avviene nel nobile esercizio della professione docente, nel quale si invera il vitale rapporto educativo in presenza e non si perde tempo con i test.

Venditore Ma i test servono ad accertare le competenze.

Contestatore Un momento. Non può venire  il sospetto che superare i test abbia qualcosa della lotteria? Come si fa a stabilire se e in  che misura le risposte esatte  siano state imbroccate per caso?  E poi le competenze si accertano nel contesto scolastico: l’accertamento spetta ai docenti, che non devono essere espropriati della libertà d’insegnamento costituzionalmente protetta.

Venditore Ma la libertà così non diventa arbitrio?

Contestatore Questa obiezione è propria di chi vuole comprimere la libertà,  presentandola, per l’appunto,  come arbitrio. È chiaro però che chi esercita la libertà deve essere responsabile e metterne aprioristicamente in dubbio il responsabile esercizio è proprio di chi intende conculcarla.

Venditore   Lasciamo stare. Ciò che importa è vendere. Ci vogliono le competenze utili a una società mercantile. Chi se ne fotte dei valori etici? Abbasso La testa ben fatta e  I sette saperi di Edgar Morin! Abbasso La scuola è vostra. Dedicato agli studenti  di  Raoul  Vaneigem!    Abbasso l’Intelligenza emotiva  di Daniel Goleman! Abbasso eccetera! Mi compra qualcosa, illustrissimo? Suvvia! Nulla?

ContestatoreLei fa orecchie da mercante.

Venditore   Non importa. Troverò altri compratori. Comincerò a cercarli tra  i presidi. Lasciamo stare la cosiddetta cultura. Con la cultura non si mangia. Per fortuna non bisogna sapere tutto. Basta che si sappia come risolvere i test. Perciò torniamo punto e a capo. Almanacchiamo come sempre. Per il nuovo anno scolastico test nuovi a scelta multipla, chi ne vuole?

 

 

Autore

  • Biagio Scognamiglio

    Biagio Scognamiglio (Messina 1943). Allievo di Salvatore Battaglia e Vittorio Russo. Già docente di Latino e Greco e Italiano e Latino nei Licei, poi Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ha pubblicato fra l’altro L’Ispettore. Problemi di cambiamento e verifica dell’attività educativa.

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