Il teorema di Pitagora
Una delle tante “scoperte” attribuite a Pitagora è, come ben noto, il famosissimo teorema di Pitagora. Infatti scrive Proco: “Se ricorriamo agli storici dell’antichità [Eudemo] troveremo che essi attribuiscono questo teorema a Pitagora e asseriscono avere egli sacrificato un bue per tale invenzione”.
Come Pitagora sia arrivato a “scoprire” tale teorema sembra abbastanza certo: generalizzando una proprietà del triangolo avente lati di lunghezza 3, 4, 5, triangolo che sembra essere noto anche ai popoli che precorsero i Greci sulla via della civiltà. Resto invece ignoto come il filosofo di Samo lo abbia dimostrato: alcuni studiosi sostengono tramite triangoli simili (tracciando le perpendicolari dal vertice dell’angolo retto all’ipotenusa), altri mediante equivalenze di triangoli, ecc. Insomma è una questione “aperta” alla quale forse non potremmo mai rispondere per la mancanza di notizie certe e copiose.
(Da Italo Ghersi, Matematica dilettevole e curiosa, Hoepli Editore, ristampa 1988).
Si riportano le seguenti dimostrazioni tratte dal testo sopra indicato.
Di Bhaskara.
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Dai triangoli simili DAC, DBA si ha: | ||
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ossia | ![]() |
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e: | |||
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ossia | ![]() |
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Addizionando membro a membro tali uguaglianze si ha: | |||
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Di Tempelhoff (Berlino, 1769).
Siano costruiti i quadrati sui tre lati del triangolo rettangolo ABC, ed il triangolo IJL uguale ad ABC, nel modo indicato nella figura.
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Conduciamo le rette EG, DF, AL. I quadrilateri DBCF, DEGF, ABJL, ACIL sono uguali come è facile vedere. Quindi l’esagono EGFCBD è equivalente all’esagono BJLICA. Ma questi due poligoni hanno una parte comune ABC ed AEG=ILJ, quindi i resti sono equivalenti, cioè: CIJB=ABDE+ACFG |
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