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Imparare a: maggiorare, minorare, approssimare.

Un secolo è bastato per forgiare il calcolo per eccellenza: il Calculus. Per apprenderlo bisogna imparare a maggiorare, minorare, approssimare.

Galileo Galilei (1564-1642)

Nel 1604, all’apogeo della sua carriera, Galileo crede di dimostrare che, in un movimento rettilineo in cui la velocità cresca proporzionalmente al cammino percorso, la legge di movimento sia appunto quella (x = ct2) che egli ha scoperto nella caduta dei gravi. Fra il 1695 e il 1700 non c’è volume degli Acta Eruditorum pubblicati mensilmente a Lipsia in cui non appaiano delle memorie di Leibniz, dei fratelli Bernoulli, del marchese de l’Hôpital  riguardanti, con notazioni abbastanza prossime a quelle di cui ancor oggi ci serviamo, i più svariati problemi del calcolo differenziale, del calcolo integrale e del calcolo delle variazioni. È quindi pressappoco nell’intervallo di un secolo che si è forgiato il calcolo infinitesimale. O, come lo definiranno poi gli inglesi, il calcolo per eccellenza (“calculus”). Quasi tre secoli di uso costante non sono ancora riusciti a smussare completamente questo incomparabile strumento.Nicolas Bourbaki, Elementi di storia della matematica, Feltrinelli, 1963

Il passo antologico tratto da Bourbaki è di una chiarezza straordinaria.

Nella sua altrettanto straordinaria sinteticità delimita e circoscrive un processo conoscitivo poderoso. Ne individua un inizio e una fine. Ne fissa gli estremi a guisa di un pirandelliano “sacco vuoto”. Che tale rimane se non lo si riempie delle molte narrazioni atte a descriverne, passo dopo passo, lo sviluppo. Le fasi attraversate e le condizioni e i problemi e i personaggi che le hanno determinate.  Senza trascurare il discorso di un prolungamento storico teso a ricercarne, oltre gli estremi individuati, il “prima” e il “dopo”. Del “prima”, la storia è pronta a rivelare il seme e la gestazione. Un seme che, originariamente associato al nome di Eudosso, si trasmuta, in un paio di millenni, per legarsi al nome di Bernhard Riemann. È la procedura per il calcolo di un’area o di un volume che arriva alla sua completa sistemazione. Il metodo di esaustione che confluisce nella decomposizione in “somme di Riemann“. Ovvero – scrive Bourbaki -:

Si ottengono degli estremi superiori ed inferiori per la quantità studiata. Estremi che vengono confrontati direttamente con l’espressione prevista per tale quantità, oppure con gli estremi corrispondenti per un problema analogo già risolto.Nicolas Bourbaki, Elementi di storia della matematica, Feltrinelli, 1963

In questo modo di operare, in questa suddivisione del tutto in parti piccole, e ancora più piccole, o di poco più grandi e nel confronto, c’è la sostanza del nocciolo delle questioni. Quello che emerge cioè, e che a nessuno può sfuggire, è quanto la ricostruzione storica possa essere rilevante alla comprensione profonda delle idee e delle procedure matematiche. E quanto essa risulti fondamentale sul piano pedagogico.

Qualcosa cioè che, in questo caso specifico del calcolo infinitesimale, Jean Dieudonné, uno dei più illustri membri del gruppo Bourbaki, ha espresso magnificamente e tradotto nella massima didattica:

Per acquisire il “senso dell’analisi” indispensabile fin nelle speculazioni più astratte bisogna aver imparato a distinguere ciò che è “grande” da ciò che è “piccolo”. Ciò che è “dominante” e ciò che è “trascurabile”. In altri termini il calcolo infinitesimale … consiste nell’imparare a maneggiare delle disuguaglianze piuttosto che delle uguaglianze. Si potrebbe riassumere in tre parole: MAGGIORARE, MINORARE, APPROSSIMARE [Jean Dieudonné, Calcul infinitésimal, Hermann, Paris, 1968]

 

Autore

  • Emilio Ambrisi

    Laureato in matematica, docente e preside e, per un quarto di secolo, ispettore ministeriale. Responsabile, per il settore della matematica e della fisica, della Struttura Tecnica del Ministero dell'Istruzione. Segretario, Vice-Presidente e Presidente Nazionale della Mathesis dal 1980 in poi e dal 2009 al 2019, direttore del Periodico di Matematiche.

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