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L’impegno giovanile vissuto con la scuola

Sarebbe stato meglio sul piano filosofico, piuttosto che disprezzare l’impegno giovanile per l’ambiente, richiamare l’attenzione dei giovani anche  sull’inquietante problema della pace nel mondo.

Ognuno ha il diritto di esprimere il proprio pensiero con ogni mezzo di diffusione. Trattasi, com’è noto, di  un diritto costituzionalmente protetto. A condizione però che sia davvero un pensiero. Condizione nel testo costituzionale ovviamente implicita, perché i costituenti erano ben consapevoli del valore delle parole, anteriormente alla loro compromissione.

Per i Romani il pensum era la quantità di lana da filare. Dal latino pensum, che denota per l’appunto il soppesare la lana, deriva attraverso il provenzale la parola “pensiero”, nella quale è quindi implicito il requisito della ponderazione.

Per Dante Alighieri lo pensiero è proprio atto de la ragioneperché le bestie non pensanoche non l’hanno”. C’è un legame  fra “pensare”, “ragionare” e “ponderare”. In mancanza, qualsiasi enunciazione discorsiva si avvia a  configurarsi come “pensiero spensierato” o anche, tenendo presente il quadro sociologico di Zigmunt Bauman, come “pensiero liquido”, ovvero una sorta di “quasi pensiero”.

Cominciamo con lo stigmatizzare le involontarie imprecisioni o forzature volute con cui nell’odierna crisi della deontologia giornalistica vengono presentati i fatti mescolati con le opinioni. I titoli dei quotidiani, alla lettura dei quali gran parte del pubblico sempre più spesso si limita, tendevano a presentare più o meno volutamente l’iniziativa del Ministro dell’Istruzione relativa alla protesta giovanile per l’ambiente come una inopportuna prevaricazione. Si è detto infatti  che il Ministro avrebbe impartito disposizioni per la giustificazione delle assenze degli studenti manifestanti contro l’inquinamento ambientale nel solco di Greta Thunberg e si sono levate voci di più o meno sdegnosa protesta contro tale ardire, avvertito come un’imposizione.

Quale in realtà l’iniziativa del Ministro? In omaggio all’odierna moda dei social media la sua prima radice la si riscontra su Facebook, come si desume dal sito rainews.it :

 “In accordo con quanto richiesto da molte parti sociali e realtà associative impegnate nelle tematiche ambientali, ho dato mandato di redigere una circolare che invitasse le scuole, pur nella loro autonomia, a considerare giustificate le assenze degli studenti occorse per la mobilitazione mondiale contro il cambiamento climatico. In questa settimana dal 20 al 27 settembre, infatti, ragazzi e ragazze di ogni Paese stanno scendendo in piazza per rivendicare un’attenzione imprescindibile al loro futuro, che è minacciato dalla devastazione ambientale e da una concezione economica  dello sviluppo ormai insostenibile. L’importanza di questa mobilitazione è quindi fondamentale per numerosi aspetti, a partire dalla necessità improrogabile di un cambiamento rapido dei modelli socio-economici imperanti. È in gioco il bene più essenziale, cioè imparare a prenderci cura del nostro mondo”.

 Sul sito corriere.it il 19 settembre 2019 è apparsa un’intervista di Virginia Piccolillo al filosofo Massimo Cacciari sotto il titolo Sciopero clima, Massimo Cacciari: “Se continuiamo ad affrontare i problemi alla Greeta siamo fritti”, così sottotitolato: Il filosofo Massimo Cacciari sul via libera del ministro Fioramonti agli studenti che vogliono partecipare al movimento globale nato da Greta Thumberg. “Un’assurdità”.

In realtà, alla luce delle parole del Ministro su Facebook prima riportate, il Ministro non dava affatto il “via libera”, ma rivolgeva alle scuole un invito a considerare una data possibilità, “pur nella loro autonomia”, esponendo poi le ragioni che lo avevano spinto alla diramazione di tale invito.

Seguiva il titolo un’intervista di Virginia Piccolillo al filosofo Massimo Cacciari. Pertinenti e insidiose le domande dell’intervistatrice. Ecco una sintesi delle risposte.

“Mica il ministro può giustificare i ragazzi”, osserva in apertura il filosofo. Secondo lui, anche se il Ministro non impone di giustificarli, ma si limita a suggerirlo, “sarà una manifestazione autorizzata […] di un’assurdità pazzesca”, perché i problemi “non si affrontano in termini ideologico-sentimental-patetico”: a suo dire, li si affronta invece organizzando “seminari autogestiti ai quali far partecipare lo scienziato che racconta come va il clima”. L’intervistatrice incalza il filosofo, osservando che Greta ha contribuito a far conoscere la problematica climatica a chi non ne aveva contezza. Secondo il filosofo non c’era bisogno di lei per farla conoscere, perché “fior fior di scienziati” ne avevano già parlato, pur senza avere “l’eco di questa bambina”. L’intervistatrice chiede se non possa essere utile “moltiplicarne l’eco”. Il filosofo risponde che i problemi non si affrontano dicendo “mi avete rubato i sogni”. L’intervistatrice chiede a sua volta come affrontare la questione. Il filosofo ribatte con una punta d’ironia, come troneggiando dall’alto di una cattedra: “Capendo problemini che sfuggono totalmente alla bambina. Bisogna porsi il problema delle risorse disponibili. Se uno sviluppo economico è compatibile con l’ambiente”. All’intervistatrice sembra che “comunque Greta stimoli la nascita di una coscienza critica tra i suoi coetanei”. “Ma non è così che nascono le coscienze critiche!”, sbotta il filosofo, e alla domanda dell’intervistatrice sul come cerca così  di spiegarlo: “Lentamente, faticosamente, con la formazione. Greta dovrebbe andarci a scuola. Forse si renderebbe conto che lei è svedese, i ragazzi che scioperano sono europei, ma in piazza non ci sono né indiani, né cinesi, né brasiliani. Non mi pare un problemino da poco.” L’intervistatrice  chiede ancora se non ci si trova di fronte a un “impegno politico nei ragazzi” tale da configurare “un nuovo ‘68”. Ecco la risposta:

 “Ma che c’entra? Nel ’68 si scendeva in piazza per la riforma della scuola e per una questione politica generale … E comunque ho sbagliato strada, la linea è disturbata, la saluto.”

 L’intervistato dà l’impressione di essere seccato e l’intervista si conclude con un clic.

Il filosofo così incline all’uso dei diminutivi ha esternato una sapienza superiore o un “quasi pensiero”? Ci dedichiamo a un rapido contraddittorio. Occorre ribadire che la manifestazione non è autorizzata, ma suggerita dal Ministro: la decisione spetta alle scuole nella loro autonomia. Affrontare i problemi in termini ideologici e sentimentali non ha niente di “patetico”, perché “ideologico” è pur sempre qualcosa di “relativo  alle idee”, né si comprende perché un problema debba essere affrontato sempre asetticamente e non “sentimentalmente”, cioè con sentimento partecipativo. Seminari autogestiti alla presenza di uno scienziato? L’insegnamento delle scienze è normalmente garantito dai docenti e l’informazione sulla drammaticità dei cambiamenti climatici imputabili all’umano operato sul pianeta è ormai fin troppo pervasiva: per i giovani si tratta ora di richiamare l’attenzione sulla necessità di affrontare l’emergenza sul piano politico nel mondo globalizzato. L’eco della “bambina” esige certamente di rimbombare,  dal momento che i governi su scala globale fanno orecchie da mercante. Sogni? Non è forse una razionalità ghiacciata e agghiacciante quella che li irride? Proviamo a immaginarla una storia della civiltà senza sogni! Sogni ad occhi aperti, s’intende, di fronte non a problemini da bambina, ma a grandi problemi che filosoficamente non possono essere liquidati con facile ironia da adulti infastiditi. Che lo sviluppo economico sia ormai difficilmente compatibile con l’ambiente, dato lo sfruttamento delle risorse incontrollato per motivi economici e finanziari, è una preoccupazione allarmante  avallata dagli scienziati e di ciò le giovani generazioni sono pienamente al corrente. Perché le coscienze critiche dovrebbero formarsi  “lentamente”, “faticosamente”, “con la formazione”? Greta avrebbe bisogno di andare a scuola per capire ciò che ha già capito, cioè che su scala mondiale gli adulti al potere non sono attualmente propensi ad adottare misure contro l’emergenza ambientale? Non si comprende poi che cosa c’entri il fatto che la manifestazione studentesca sia soltanto europea e ad essa non partecipino indiani, cinesi, brasiliani eccetera: la Weltgeschichte può benissimo ricevere impulso dall’Europa.

Un “pensiero solido” è per noi quello di Raoul Vaneigem: “Solo quelli che se la svignano nel mondo dei sogni apriranno la scuola a una società aperta.”

È a questa prospettiva che si contrappone l’atteggiamento difensivo definito da Zigmunt Bauman come “preoccupazione istituzionalmente incoraggiata della filosofia accademica per la propria autoriproduzione”.

Ed è a questa prospettiva che sembra  richiamarsi il per altro verso discusso Guglielmo Allodi col suo intervento La nuova politica dei giovani di Greta su “la Repubblica” del 3 ottobre 2019,  in cui fra l’altro scrive:

“Massimo Cacciari che liquida questi giovani dicendogli di andare a studiare, non si accorge che questi ragazzi esprimono un sapere assai alto.”

Così isolata dal contesto dell’intero articolo, che pare ridimensionarla, la frase fa sognare che il filosofo vada a lezione dalla bambina.

N.B. Forse, o senza forse, sarebbe stato meglio sul piano filosofico, piuttosto che disprezzare l’impegno giovanile per l’ambiente, richiamare l’attenzione dei giovani anche  su un altro inquietante problema, quello della pace nel mondo (ancor più formidabile nell’era degli armamenti nucleari e dell’informatica), affrontato da Immanuel Kant in Zum ewigen Friede. Ein philosophischer Entwurf.

Autore

  • Biagio Scognamiglio

    Biagio Scognamiglio (Messina 1943). Allievo di Salvatore Battaglia e Vittorio Russo. Già docente di Latino e Greco e Italiano e Latino nei Licei, poi Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ha pubblicato fra l’altro L’Ispettore. Problemi di cambiamento e verifica dell’attività educativa.

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