Sulla idolatria e sulla scienza. Idolo, feticcio, totem: a questo i suoi difensori d’ufficio hanno ridotto l’Invalsi ente supremo, adorato, venerato, osannato, al di sopra di ogni critica.
Odi profanum vulgus et arce (Quinto Orazio Flacco)
Idolo, feticcio, totem: a questo hanno ridotto l’Invalsi i suoi difensori d’ufficio. Per loro il preteso ente supremo, adorato, venerato, osannato, deve essere al di sopra di ogni critica, cosicché chi ardisce mettere in questione il valore scientifico di rilevazioni verticistiche effettuate mediante test discutibili viene tenuto alla larga come profano, indegno di avvicinarsi al tempio varcandone il recinto.
Dispiace che su MicroMega 5/2019 – Almanacco della scuola nell’intervento Confessioni (disperate) di una prof Stefania Marchetti, assumendo un piglio da vestale, si sia così espressa: “All’inizio di luglio sono usciti i risultati nazionali delle prove Invalsi: quelli pessimi delle terze medie sono sotto gli occhi di tutti. Eppure, c’è chi se la prende con l’Invalsi, come lo stolto che, quando il dito indica la luna, guarda il dito.”
La similitudine dello stolto è in voga presso chi, non disponendo di argomenti scientificamente fondati, si erge sprovvedutamente a difesa della sacralità intangibile di un istituto autoreferenziale, il cui apporto al miglioramento della realtà scolastica finora non si è rivelato rilevante, mentre rilevante è invece il suo contributo al mercato dei test.
Tutta la letteratura scientifica più accreditata in materia viene ignorata, perché risulta ben più agevole attenersi a responsi oracolari sottratti a ogni verifica ed eventuale smentita, così come si rivela altrettanto comodo ricorrere a metafore d’accatto e sottrarsi al confronto con studiosi di rilievo a livello internazionale, che dimostrano l’inattendibilità di misurazioni effettuate al di fuori dei contesti e l’effetto controproducente di esse in termini di impegno culturale e ricaduta pedagogica.
I risultati delle prove Invalsi fanno sì che ognuno si sente autorizzato a intervenire sui problemi scolastici, pur senza averne adeguata cognizione, come osserva Christian Raimo sul medesimo numero di MicroMega nel suo intervento intitolato La scuola cuore della città, nel quale rileva la voga di “autori che, pur non avendo alcuna esperienza in merito, sono diventati riferimenti in ambito scolastico e pedagogico”:
“Da Paola Mastrocola a Ernesto Galli Della Loggia fino alle altre paginate che abbiamo visto a luglio scorso su Repubblica dopo la pubblicazione dei test Invalsi: i pezzi di Silvia Ronchey, Massimo Recalcati e Alberto Asor Rosa – di intellettuali che nei loro ambiti hanno autorevolezza ma poi si perdono nelle approssimazioni quando pontificano di scuola – erano quasi caricaturali.”
Non sappiamo se Stefania Marchetti abbia letto il Sommario di psicologia di Garden Murphy edito da Paolo Boringhieri nel 1957 (titolo originale An Introduction to Psychology, Harper & Brothers, New York, 1951), tanto per fare un solo riferimento bibliografico nella sterminata bibliografia dei contributi scientifici sulla validità dei test, almeno nel capitolo intitolato L’intelligenza e la sua misurazione, dal quale ancor oggi, per quanto datato esso sia, possono essere tratti utili insegnamenti. Se l’ha letto, c’è da stupirsi che incensi l’Invalsi. Se non l’ha letto, c’è il rischio, nonostante la sua per altri versi apprezzabile preparazione, che vada a infoltire la schiera di coloro che “si perdono nelle approssimazioni quando pontificano di scuola”.
E se ne resterebbe a contemplare estasiata la luna dell’Invalsi, mentre chi per lei è stolto si ostina a guardare il dito, cioè la realtà della scuola. Se scrutando il firmamento la nostra esperta di intelligenza vede additato in essa dall’Invalsi un “buco nero”, rammenti che da un “buco nero” si sprigiona energia, quell’energia di cui nessun feticcio possiede il segreto.
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