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La replica del Ministro nella polemica su Dante politico

Solo una provocazione culturale. La replica del Ministro nella polemica su Dante politico.

La sfida ministeriale

Il Ministro della Cultura ha replicato ai dantisti indignati con una lettera al Corriere della sera: definendo Dante conservatore e di destra era stato animato dal proposito  di lanciare una “chiara provocazione culturale”.  Bisogna stabilire se la “provocazione” sia stata intesa come “sfida al combattimento” o “appello a un giudice superiore”. Essendo il secondo significato da escludere, perché le esternazioni ministeriali sono state già giudicate negativamente da una serie di autorevoli studiosi di Dante, resta il primo significato, che a qualcuno potrebbe far venire in mente versi di un inno passato alla storia nel Novecento: “Salve, o popolo d’eroi, – salve, o Patria immortale! –  Son rinati i figli tuoi – con la Fe’ nell’ideale. –  Il valor dei tuoi guerrieri, – la virtù dei pionieri, – la vision de l’Alighieri – oggi brilla in tutti i cuor”.

Sul conservatorismo

Per la contesa il Ministro era sceso in campo non con le armi originali dei testi danteschi, ma con l’arma impropria del volume Croce e Gentile edito dall’Istituto della Enciclopedia Italiana, nel quale diversi studiosi accennano a Dante quale padre spirituale dell’identità nazionale. Forte di questi alleati insisteva quindi nel vedere in Dante un conservatore e di destra e  antesignano del culto della nazione. Tuttavia di fronte all’incalzare dei dantisti ha tentato poi di difendersi con l’usbergo di una dissimulata palinodia:

“L’analisi di un pensiero così denso e profondo come quello del Sommo Poeta, a cui i dantisti hanno dedicato anni di studi, non può esaurirsi nello spazio di uno scritto e tantomeno di una battuta. E nessuno pensa, sottoscritto compreso, che la sua opera e le sue idee possano essere trasposte, sic et simpliciter, al mondo contemporaneo.”

In tal guisa il Ministro corregge sé stesso,  posizionandosi  con Giuseppe Prezzolini che nel Manifesto dei conservatori così si espresse:

“Non possiamo rivolgerci al passato. Cicerone era un conservatore rispetto a Catilina ed a Cesare, e Dante lo era rispetto ai Comuni italiani; ma non è il caso di ripresentare i loro casi: non sono i nostri.”

Il colpo di grazia alla tesi del conservatorismo dantesco lo dà Giulio Ferroni, professore universitario di letteratura italiana, che concepisce addirittura un Dante “rivoluzionario”.

Sul nazionalismo

Il Ministro si è affidato a Enrico Ghidetti che cita Giovanni Gentile, autore fra l’altro del Manifesto degli intellettuali fascisti agli intellettuali di tutte le nazioni. Secondo il filosofo dell’attualismo “con Dante comincia ad affermarsi idealmente l’Italia”, ragion per cui Dante sarebbe stato considerato in ogni tempo “padre spirituale della nazione”. Teniamo presente l’indirizzo politico al quale egli aderì come traspare da queste sue parole sul duce:

“Ricordate sempre, o giovani, l’Uomo che a Palazzo Chigi lavora giorno e notte, nel travaglio di una passione fiammeggiante per la grandezza della Patria, i grandi occhi intenti,  rivolti su voi, su tutti gli italiani. A lui l’anima vostra, pel vostro avvenire, per le fortune di questa isola da venticinque secoli sacra ad ogni popolo civile, per la gloria della nuova Italia vittoriosa!”

Per l’attualista nel clima del ventennio si configura in Dante una sorta di statolatria:

“Ei ammonisce, non esservi pace senza Stato forte; e finché questa forza non coincida con la giustizia e con la libertà, la pace esser vana speranza, e la guerra necessaria, da combattere senza tregua, senza esitanze, fermi nella fede che Dio la vuole.”

All’interno del settore governativo della cultura si dovrebbe essere particolarmente cauti nel trattare l’idea di nazione. Francesco Tuccari nella Enciclopedia delle scienze sociali ricorda la conferenza dal titolo Che cos’è una nazione? tenuta da Ernest Renan alla Sorbona nel 1882: lo studioso avvertiva che l’idea di nazione è “chiara in apparenza, ma facile ad essere gravemente fraintesa”. Gli elementi etnico, culturale e politico storicamente costitutivi dell’idea di nazione, nel loro diverso intrecciarsi sul piano ideologico, configurano un problema che continua ad essere dibattuto dagli studiosi. Secondo lo storico Federico Chabod nell’età medievale e ancora in età rinascimentale l’idea di nazione in senso moderno risulta assente. Dante e Machiavelli concepivano l’Italia non come nazione, ma come  “provincia”. L’ideale politico di Dante era l’impero universale con all’interno l’Italia quale “giardino” e a Machiavelli interessava una politica statuale piuttosto che l’Italia quale nazione.

È da richiamare semmai il concetto di patria, così come lo espone Alessandro Manzoni in Marzo 1821:

“[…] Una gente che libera tutta, – o fia serva tra l’Alpe ed il mare; – una d’arme, di lingua, d’altare, – di memorie, di sangue e di cor”. La patria consiste in  un popolo che aspira alla libertà ed è unito nella capacità di combattere, nella lingua comune, nella religione, nella tradizione culturale, nella stirpe, nei sentimenti condivisi. Non si può dire che questa aspirazione e questa unità siano patrimonio esclusivo di una fazione. La tradizione letteraria ha sempre insistito sull’Italia come patria di tutti, raffigurata anche come persona alla quale rivolgersi con accorate allocuzioni.  Si pensi, ad esempio, allo sdegno, all’amarezza, allo strazio di Dante, Petrarca, Leopardi nei loro versi per un’Italia dilaniata da aspre contese fra parti avverse o biecamente tradita e si pensi anche al doloroso e fiero risorgere dell’intero popolo italiano dopo la seconda guerra mondiale nel canto di Quasimodo:

“[…] Il mio paese è l’Italia, o nemico più straniero,
e io canto il suo popolo, e anche il pianto
coperto dal rumore del suo mare,
il limpido lutto delle madri, canto la sua vita.”

Anche la trattatistica mette in primo piano la necessità dell’unità nazionale, come nel caso, per limitarci a una sola citazione,  del Primato morale e civile degli italiani di Vincenzo Gioberti:

“E in prima dico che l’Italia deve recuperare innanzi ad ogni altra cosa la sua vita come nazione; e che la vita nazionale non può aver luogo, senza unione politica fra le varie membra di essa.”

Su destra e sinistra

Gli schieramenti di destra e sinistra sono così denominati per la loro collocazione spaziale, che viene fatta risalire all’epoca della Rivoluzione francese. Lo spazio per il confronto politico è detto emiciclo e le posizioni assunte dalle parti sono tali rispetto alla posizione di chi presiede le sedute. Riusciamo a immaginarci  Dante assiso a destra, sinistra o centro all’interno di tale spazio?

Effetti della provocazione

È evidente che il Ministro della Cultura in un primo momento ha cercato di tirare Dante dalla sua parte, volendolo nello scranno vicino a sé.  Il tentativo non è riuscito. Dante si è scansato. Le ascendenze di una cultura conservatrice e di destra vanno cercate altrove. Resta aperto il problema del rapporto fra politica e cultura, sul quale in un regime democratico, a differenza di quanto accade nei regimi totalitari, è possibile discutere. Conviene ora lasciare stare per un po’ Dante e soffermarsi sui significati di conservatorismo, nazionalismo, destra e sinistra, approfittando della cosiddetta provocazione, termine col quale  si è cercato, come è costume politico, di rimediare a una precedente infelice dichiarazione.

 Per approfondimenti

Conservatorismo:

Nazionalismo:

Destra e sinistra:

Autore

  • Biagio Scognamiglio

    Biagio Scognamiglio (Messina 1943). Allievo di Salvatore Battaglia e Vittorio Russo. Già docente di Latino e Greco e Italiano e Latino nei Licei, poi Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ha pubblicato fra l’altro L’Ispettore. Problemi di cambiamento e verifica dell’attività educativa.

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