A fine Ottocento rivive lo spirito dei grandi algebristi italiani del Cinquecento e nell’insegnamento l’Algebra non è mero addestramento tecnico ma ha un grande ruolo formativo.
Le cronache sull’insegnamento della matematica di fine Ottocento offrono buoni elementi di conoscenza dell’azione didattica svolta dai Regi Licei e dai Regi Istituti Tecnici per corrispondere all’esigenza che allora era prioritaria: fatta l’Italia, occorreva fare gli italiani.
Non è un caso dunque se nelle pagine del Periodico di Matematica di quegli anni, l’Algebra è presente in un modo che sembra far rivivere lo spirito dei grandi algebristi italiani del Cinquecento. Docenti, studenti e cultori di matematica gareggiano come nelle matematiche disfide dei secoli addietro a porre e a risolvere questioni algebriche; e equazioni, progressioni aritmetiche e geometriche sono gli argomenti che i giovani affrontano nelle prove d’esame di licenza liceale e tecnica.
Un esempio:
«Dimostrare che, se l’equazione
ha le quattro radici positive, dev’essere α=6, β=1.»
È un esercizio che Davide Besso inserisce nella rubrica Questioni Proposte così come fa con la seguente:
«Dimostrare che, se l’equazione
ha tutte le radici positive, esse devono essere eguali a 1.»
Il fine è quello di stimolare i colleghi a risolvere e inviare le soluzioni contribuendo così alla formazione di uno spirito di comunità e a un aggiornamento di tipo cooperativo .
La seguente questione porta la firma di Aurelio Lugli e risultò particolarmente gradita ai colleghi professori che risposero numerosi.
«Dimostrare che l’espressione
4n – 3n+1 + 3·2n – 1
è multipla di 6, qualunque sia l’intero positivo n, e che il quoziente della sua divisione per 6 è >0 per ogni valore di n>2.»
La particolarità della richiesta suggerisce la via risolutiva. Essa consegue dal fatto che l’espressione data si può scrivere nei seguenti due modi: (4n-1n) – 3(3n-2n) e 4n+3·2n – (3n+1 + 1).
Infatti: 4n-1n è divisibile per 4-1=3 e 3n+1 + 1 è un numero pari; quindi dal primo modo di scrittura risulta che essa è divisibile per 3, dal secondo che è divisibile per 2. L’espressione data è quindi multipla di 6. La seconda parte si può dimostrare con un intelligente ricorso al metodo d’induzione.
Vale la pena di osservare che l’addestramento al calcolo algebrico è una scelta didattica che in quel finire di secolo unisce gli insegnanti di matematica di tutto il mondo, in particolare dell’Europa e degli Stati Uniti d’America [VEDI]. Ma è una scelta educativa di grande valore formativo, prepara a “fare matematica” educando a pensare utilizzando il linguaggio simbolico e formale della matematica; prepara a padroneggiare il mondo delle stregonerie matematiche fatte di trucchi, artifizi, magiche trasformazioni. L’insegnamento dell’Algebra non è affatto addestramento meramente tecnico, è dotare gli studenti dello strumento più adeguato per scalare le vette del ragionamento matematico, sperimentando, osservando, deducendo.
Gli esami di licenza liceale e tecnica ne danno una buona testimonianza.
A tal fine si può vedere l’esempio del Regio Liceo di Bari che Adriana Lanza ha commentato e arricchito con preziose riflessioni didattiche. Dello stesso anno 1890 è il seguente quesito, elaborato al Regio Liceo di Foggia – Sessione Estiva 1890 degli Esami di Licenza – Prova di matematica:
«Un numero è formato di 3 cifre che sono in progressione geometrica. La somma è 13 e se al numero si aggiunge 792 si ottiene il numero scritto con le stesse cifre, ma schierate nell’ordine inverso.»
Osservato che è concretamente pregnante l’espressione delle cifre “schierate” a formare il numero, come si fa a determinarlo? Il dato principale è che le cifre da schierare sono in progressione geometrica e le possibilità sono, cominciando da 1:
1, 2, 4 oppure 1, 3, 9 oppure 2, 4. 8. Immediata allora la risposta: 1, 3 e 9 sono le cifre che si devono schierare a formare il numero richiesto. La loro somma è 13 e sommato a 792 dà 931.
Altri esempi, sempre di quell’anno 1890:
Regio Liceo di Carmagnola, sessione d’ottobre: «Scomporre in fattori di primo grado rispetto ad x, il polinomio »
Regio Liceo di Reggio Emilia, sessione estiva: «Un numero N è il prodotto di tre numeri (2x-1), (2x+1), (2x+3); dividendolo per ciascuno di essi e sommando i quoti, si ottiene 239. Calcolare il numero N.»
Le cronache di quegli anni non mancarono di dare informazioni anche su quanto si faceva all’estero e sulle prove d’esame che vi si proponevano. In particolare in Francia:
«Sapendo che le due equazioni x2 + px + q = 0 , x2 + p’x + q’ = 0 hanno in comune una radice, formare l’equazione che ammette per radici le seconde radici di ciascuna di queste equazioni.»
È il tema d’esame al liceo di Bordeaux del 1891, mentre al liceo di Digione si proponeva:
«Sapendo che si ha:
x+y+z =a, x2+y2 +z2 = b2; x3+y3+x3 =c3, si domanda di calcolare il prodotto xyz.»
e al liceo di Nancy:
con una punta forse di difficoltà in più, frutto di un’organizzazione nazionale dell’insegnamento ben più matura che non nella giovane Italia.
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