La geometria sintetica e la risolubilità di un problema legata agli strumenti utilizzabili. In particolare, la limitazione alla riga e al compasso. Un’eredità della cultura greca che affascina sempre.
Le costruzioni di figure geometriche utilizzando solo ed esclusivamente riga e compasso erano un argomento di moda ancora negli anni Sessanta del secolo scorso. Addirittura in quella che all’epoca si chiamava Scuola Media. Ad un certo punto, in seguito a riforme dei programmi, l’argomento è sparito. È ricomparso ultimamente sia nelle Indicazioni Nazionali (Licei) sia nelle Linee Guida (Tecnici e Professionali).
La pretesa di servirsi di quei soli strumenti nelle ricerche geometriche risale all’antica Grecia.
Quasi certamente il teorico di quella scelta fu Platone (V-IV sec. a.C.), che rifiutava i mezzi meccanici nelle dimostrazioni geometriche privilegiando i soli strumenti riga e compasso per la semplicità e l’aspetto estetico delle figure che permettevano di tracciare. Oltretutto il compasso era indispensabile per il trasporto di
un segmento, operazione fondamentale nelle costruzioni geometriche.
Chiariamo subito che la riga e il compasso di cui parla Platone sono strumenti ideali, essendo la prima una riga non graduata di qualunque lunghezza e il secondo un compasso di apertura ampia quanto si vuole.
Ovviamente sul piano pratico ci si serve di strumenti reali.
Ora, utilizzando per l’appunto i soli strumenti riga (non graduata) e compasso, gli antichi risolsero molti problemi geometrici ed erano convinti di poterlo fare per tutti i problemi. Ma furono costretti ad arrestarsi di fronte ad ostacoli che si presentarono loro allorché provarono a generalizzarne alcuni.
In questo articolo l’autore si sofferma su alcuni problemi risolvibili con riga e compasso e precisamente su quelli che, nel tentativo di generalizzarli, portarono poi gli antichi geometri a problemi che però non seppero risolvere con quei soli strumenti, spiegando anche perché non lo seppero fare.
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