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Le donne della Mathesis del XX secolo

Tra le donne della Mathesis, due allieve di Federigo Enriques: Vittoria Notari e  Maria Teresa Zapelloni.

Nella lettura del Periodico di Matematiche dei primi decenni del secolo scorso, incontriamo due allieve e collaboratrici  di Federigo Enriques: l’emiliana Vittoria Notari  e la romana  Maria Teresa Zapelloni.

Enriques riusciva a coinvolgere collaboratori ed  ex allievi nella sua poliedrica e instancabile attività, discutendo con loro di alcune interessanti questioni e invitandoli  ad approfondirle.

Questa collaborazione ebbe un riscontro nei progetti culturali-editoriali che più gli stavano a cuore:

  • le Questioni riguardanti la matematica elementare collezione di monografie per la preparazione dei futuri docenti , nelle edizioni del 1924 e del 1927
  • Il Periodico di Matematiche, di cui era diventato direttore nel 1921, indirizzandone la politica editoriale verso tutte quelle tematiche che tendono “ad una più vasta comprensione dello spirito matematico”.
  • la serie di testi Per la storia e la filosofia delle matematiche, in particolare la traduzione commentata di Euclide “Gli Elementi d’Euclide e la critica antica e moderna” , opera in quattro volumi del 1925, 1930,1932,1935 , rispettivamente.
  • le direzione della sezione matematica dell’Enciclopedia Italiana, dal 1925 al 1938

Vittoria Notari  – (Villa Mancasale 1894—Roma 1976)

Il percorso di studi di Vittoria  Notari  ricorda quello di Giuseppina Biggioggero, di cui abbiamo recentemente parlato.

Anche lei, di famiglia numerosa e non facoltosa,  si era iscritta alla scuola normale per conseguire il diploma che avviava all’insegnamento elementare.

Conseguita, in seguito, la maturità tecnica in qualità di privatista, poté dedicarsi alla studio della matematica, a lei congeniale.

Iscritta dapprima all’università di Parma, si trasferì in seguito a Bologna  dove  si laureò, nel 1920, discutendo con  Federico Enriques una tesi su Il metodo funzionale nelle ricerche di geometria. numerativa.

Con lo stesso Enriques iniziò presto una  proficua collaborazione in qualità di assistente alla cattedra di geometria descrittiva e proiettiva, entrando a far parte della cerchia dei giovani matematici  con i quali egli amava discutere, ricevendoli spesso nella sua casa di via D’Azeglio, come ricorda la figlia Adriana. Vittoria partecipò anche al seminario che Albert Einstein volle riservare  agli studenti e ai docenti più giovani dell’ateneo bolognese, dove era stato invitato dallo stesso Enriques.

Dopo aver insegnato a Parma con Beppo Levi, si trasferì definitivamente a Roma  dove riprese la collaborazione con Enriques ma fu assistente anche di Guido Castelnuovo  e Ugo Amaldi.

Condividendo con  Enriques l’interesse per le matematiche elementari da un punto di vista superiore, indispensabili per la formazione dei futuri docenti e per il loro aggiornamento in itinere, collaborò alla terza edizione delle “Questioni riguardanti la matematica elementare”  con due saggi : “Le equazioni di quarto grado e i sistemi di due equazioni di secondo grado in due incognite” e “L’equazione di quinto grado: teorema di Ruffini-Abel”.

Il matrimonio  con il matematico  Otto Cuzzer e la nascita di due figli condizionarono,  in seguito,  le sue scelte.

Per dedicare più tempo alla famiglia abbandonò  la carriera accademica e  coprì per molti anni la cattedra di matematica e fisica al liceo classico Tasso di Roma.

Nel catalogo della biblioteca del liceo sono presenti alcuni suoi testi scolastici di Trigonometria per i licei classici o scientifici. Scrisse anche articoli per la  “Civiltà delle macchine”, rivista improntata al dialogo tra cultura umanistica e conoscenza tecnica, di cui Otto Cuzzer era assiduo collaboratore. Un suo contributo del 1953 è dedicato  alle scoperte della scuola di Fermi di via Panisperna.

Vittoria non abbandonò del tutto la ricerca, come testimonia una lettera del suo maestro che sollecita l’allieva a occuparsi di un interessante problema: “stabilire se esistono superficie d’ordine 2n (irriducibili) con 8 punti n-pli”; argomento che  potrebbe essere un «aperitivo», uno stimolo per ulteriori studi.

Per quanto riguarda la partecipazione alla Mathesis, il nome di Vittoria Notari compare già tra i soci votanti per il rinnovo del Consiglio direttivo del 1920.

Tra gli articoli pubblicati nel PdM, ricordiamo  “Le funzioni iperboliche” nel N.3 del 1922 e “L’equazione di IV grado “sul N.4 del 1924.

Il primo articolo riprende l’argomento di  una sua sottotesi, discussa in seduta di laurea  col Prof. Ettore Bortolotti. L’articolo è citato in una nota di un articolo di  Amedeo Agostini ( sullo stesso tema) delle Enciclopedie delle Matematiche Elementari.

Le funzioni iperboliche, dopo un riferimento storico  a Vincenzo Riccati, sono introdotte per via geometrica, sfruttando l’analogia con la definizione delle funzioni circolari, a patto di scegliere opportunamente l’argomento delle funzioni, in entrambi i casi.

Il seno iperbolico e il coseno iperbolico sono, rispettivamente, l’ordinata y e l’ascissa x del punto F.

Come si può facilmente osservare, l’argomento è analogo a quello  delle funzioni circolari  poiché, nel cerchio goniometrico, l’angolo in radianti è numericamente uguale al doppio dell’area del settore circolare corrispondente (area intesa adimensionalizzata e dotata di segno).

La forma esponenziale delle funzioni iperboliche è determinata prima attraverso gli sviluppi in serie e poi, con metodo accessibile agli studenti liceali, calcolando l’area  del settore iperbolico OVF  mediante integrazione.

Degna di nota, nell’ultima parte, una dissertazione sul legame tra funzioni iperboliche e logaritmi, dove traspare un metodo per definire la  funzione logaritmica a partire dalla quadratura dell’iperbole, procedimento introdotto dallo stesso Riccati nel XVIII secolo e ripreso poi da Felix Klein come proposta didattica nelle sue Matematiche elementari da un punto di vista superiore (III edizione-1924).

L’argomento del secondo articolo rimanda a una monografia delle Questioni riguardanti la matematica elementare (1924) , a cura della stessa autrice.

Anche questo articolo ha un approccio storico, con un problema posto a Tartaglia da Zuanne de Tonino da Col, detto il Colla, problema che pare mettesse in difficoltà il matematico , il quale  preferì non cimentarsi subito nella soluzione  per trovare, con più calma, una soluzione generale.  Il Colla,  sperando di mettere in difficoltà altri matematici, propose a più persone lo stesso quesito, alterandone i dati numerici, finché  Cardano non affidò il compito al suo allievo Ludovico Ferrari, il quale  trovò  sia la soluzione del problema, sia la formula generale  per risolvere un’equazione di quarto grado.

Cardano così si esprime  (Ars Magna, Cap. XXXIX, Regula II):

«Fac ex 10 tres partes in continua proportione ex quarum ductu primae in secundam, producantur 6. Hanc proponebat Johannes Colla, & dicebat solvi non posse, ego vero dicebam, eam posse solvi, modum tamen ignorabam, donec Ferrarius eum invenit».

Il problema posto a Tartaglia era:

«Sono trei , che hanno comprato lire  20  di carne , e tante lire ne ha comprate  uno di loro , che moltiplicato tal numero di lire in se medesimo tal prodotto è uguale alla moltiplicazione delle lire che hanno comprato gli altri due, cioè quelle dell’uno per quelle dell’altro e, moltiplicate ancora le due minori quantità di lire, l’una per l’altra, fanno precisamente 8.

Si domanda la quantità delle lire della carne che compera cadauno per sé, il qual quesito non vuol dire altro in sostanza di fare di 20, tre parti continue proporzionali, in tal specie di proporzione che, moltiplicando le due minori l’una per l’altra facciano 8».

Il problema si formalizza con tre incognite  x,y,z, le tre quantità cercate e col sistema di equazioni

x + y + z = 20

x : y = y : z

x y = 8

e all’equazione risolvente  x4 +8x2 + 64 = 20 x3  oppure, eliminando

y4 + 8y2 + 64 = 160y

L’articolo continua con il procedimento con cui Ferrari arrivò alla soluzione generale  e con lo studio dei problemi risolubili con riga e compasso, servendosi di opportuni fasci di coniche nel piano proiettivo.

Come abbiamo osservato, in entrambi  gli articoli sono presenti riferimenti storici; aggiungiamo che tali riferimenti  parlano di  due matematici bolognesi: Vincenzo Riccati e Ludovico Ferrari.

Maria Teresa Zapelloni

Allieva  di  Federigo Enriques a Roma, nel 1923 pubblica la nota Un nuovo criterio per rendere normali gli integrali abeliani nei «Rendiconti» della R. Accademia nazionale dei Lincei.

Con Enriques condivide l’interesse per la storia e per la cultura umanistica. Con lui collabora nei primi tre volumi  “Gli Elementi di Euclide e la critica antica e moderna”  dove mette a frutto la sua conoscenza del greco antico. Sono a lei affidati i libri  I-II, V e VI ; cura la traduzione del X in cui  le note sono di Ruth Struik.

Quest’ultima, matematica ceca  che in seguito  emigrò negli Stati Uniti, aveva conosciuto Enriques durante un viaggio a Roma, col marito , il matematico e storico  olandese Dirk Struik.

Altri collaboratori , nel secondo e terzo libro, furono Guido Rietti e Amedeo Agostini.

Enriques sottolinea  il contributo linguistico di Maria Teresa nelle Prefazioni del  primo e terzo volume:

«In particolare devo uno speciale ringraziamento alla mia allieva, dott. Maria Teresa Zapelloni, che, avendo la fortuna di unire alla cultura scientifica un buon possesso della lingua greca, ha recato a tutti prezioso aiuto nell’interpretazione del testo»

«Nomino innanzi tutto la dott. Maria Teresa Zapelloni  oggi Maspero, che con gran cura e diligenza ha riveduti in generale la traduzione del testo greco, ed ha portato utili consigli a tutti i diversi volumi».

Il nome di Maria Teresa Zapelloni compare anche nell’elenco dei redattori della sezione matematica  dell’Enciclopedia italiana, un elenco rappresentativo dei matematici o fisici italiani di quegli anni

Agostini Amedeo (A.Ag.)
Amaldi Ugo (U.Am.)
Amerio Alessandro (Al.Am.)
Artom Emilio (E.Ar.)
Ascoli Guido (G.Asc.)
Bedarida Alberto Mario (A.M.B.)
Bertini Eugenio (E.Ber.)
Berzolari Luigi (L.Be.)
Bianchi Luigi (L.Bian.)
Bompiani Enrico (E.Bom.)
Bortolotti Enea (E.Bor.)
Bortolotti Ettore (Et.B.)
Brusotti Luigi (L.Bru.)
Campedelli Luigi (L.Camp.)
Cannata Cosimo (Co.C.)
Cantelli Francesco Paolo (F.P.C.)
Caracciolo Arturo (Ar.Ca.)
Carruccio Ettore (E.Car.)
Castelnuovo Guido (G.Ca.)
Chisini Oscar (O.Ch.)
Ciani Edgardo (Ed.C.)
Cipolla Michele (M.Ci.)
Comessatti Annibale
Conforto Fabio (Fa.C.)
Daniele Pietro Ermenegildo (P.E.D.)
Debenedetti Enriques Adriana (A.D.E.)
Diaz de Santillana Giorgio (G.D.d.S.)
Enriques Federigo (F.En.) [sic] Fano Gino (Gin.F.)
Fantappié Luigi (L.F.)
Fermi Enrico (E.F.)
Forti Umberto (U.Fo.)
Frajese Attilio (A.Fra.)
Fubini Guido (Gu.F.)
Gigli Duilio (D.G.)
Lampariello Giovanni (G.Lam.)
Lazzeri Giulio (G.Laz.)
Levi Beppo (B.Le.)
Levi Civita Tullio (T.L.C.)
Lidonnici Alfonso (A.Lid.)
Loria Gino (G.Lo.)
Marcolongo Roberto (R.M.)
Maroni Arturo (Art.M.)
Masotti Arnaldo (Arn.M.)
Maspero Zapelloni M.Teresa (M.T.Z o M.T.M.Z.)
Mineo Corradino (Cor.M.)
Nicoletti Onorato (O.N.)
Pesci Giuseppe (Gi.Pe.)
Picone Mauro (M.Pic.)
Pincherle Alberto (A.P.)
Roghi Ruggero (Ru.R.)
Sansone Giovanni (G.San.)
Scorza Gaetano (G.Sco.)
Scorza Dragoni Giuseppe (G.S.D.)
Segre Beniamino (B.Se.)
Sobrero Luigi (L.Sob.)
Terracini Alessandro (A.Ter.
Togliatti Eugenio Giuseppe (E.G.T.)
Tonelli Leonida (Le.To.)
Vacca Giovanni (G.Va.)
Vivanti Giulio (G.Viv.)
Wataghin Gleb (G.W.)

Iscritta alla Mathesis di Roma, Maria Teresa Zapelloni collabora al Periodico di Matematiche con un articolo sul concetto di rapporto nel libro V di Euclide (PdM 2/1927), un articolo sul postulato di Campano ( PdM 3/1928), ancora un articolo nel PdM 1/1929 sulla proprietà commutativa del prodotto.

Degno di attenzione  è l’articolo “Il postulato di Campano e i fondamenti dell’Aritmetica” che fa riferimento a uno dei  grandi temi della riflessione logica del XX secolo: l’affermazione del concetto di numero naturale e la scelta del sistema di assiomi  fondanti.

La definizione assiomatica  dei numeri naturali  dovuta a Peano aveva bandito ogni considerazione sulla genesi del concetto di numero ; i postulati, compreso il fecondo principio di induzione acquistavano un mero significato formale.

Il sistema assiomatico del Pieri  sostituiva il principio di induzione col meno complesso principio del minimo “ In qualsivoglia classe di numeri (non nulla) esiste almeno un numero che non è il successivo  di alcun numero della classe” , derivando poi la validità del ragionamento per ricorrenza ovvero della dimostrazione per induzione.

Questi sistemi logicamente perfetti erano ben lontani dalla visione  intuizionista di Poincaré che, riguardo al ragionamento per ricorrenza, così si esprimeva ne “La scienza e l’ipotesi”: «Perché, dunque, questo giudizio si impone a noi con un’evidenza irresistibile? Perché esso non è che l’affermazione della potenza della mente che sa di poter concepire la ripetizione indefinita del medesimo atto allorché esso sia una volta possibile. La mente ha un’intuizione diretta di tale potenza e l’esperienza non può che essere per lei l’occasione per servirsene e perciò per prenderne coscienza». Erano altresì poco congeniali a Federigo Enriques che non rinunciava all’approccio intuitivo e sosteneva la psicogenesi dei concetti scientifici.

L’articolo  di Maria Teresa Zapelloni si inserisce in questo dibattito con un’analisi storica del principio del minimo, o postulato di Campano, il suo legame logico col principio di induzione e col principio di invarianza del numero; si conclude con un omaggio al «maestro» Federigo Enriques.

Giovanni Campano da Novara, matematico del XIII secolo, nel tradure dall’arabo gli Elementi di Euclide osservò che in alcune dimostrazioni erano implicitamente utilizzati alcuni postulati  che non avevano una loro formulazione. Tra questi, il postulato del minimo, necessario per dare significato alla ricerca del M.C.D. di due  numeri. Campano, pertanto,  nel VII libro della sua edizione degli Elementi,

enuncia 4 postulati l’ultimo dei quali asserisce che «nullum numerum in infinitum posse  diminui» e viene utilizzato nella dimostrazione dell’irrazionalità della sezione aurea.

Analogamente, il Principio di induzione completa, implicito in Euclide, viene enunciato più tardi, nel XVI secolo da Maurolico, ma sempre come un comune assioma di  logica.

La critica  dei fondamenti dell’Aritmetica  era cominciata  nella  Scuola matematica di Berlino ( Weierstrass, Helmholtz, Kronecker) alla fine del XIX secolo.

Tutti i concetti matematici erano ricondotti al concetto di numero naturale, le cui proprietà erano ritenute assiomi logici .

Il concetto di numero ha  altresì una genesi psicologica: il numero cardinale (numero degli oggetti di una classe finita) deriva dal concetto di numero ordinale (numero  d’ordine  che indica il posto di un oggetto tn una serie ordinata) .

In tal modo però , come osservò criticamente Ernst Schröder, si introduce implicitamente un altro postulato: il principio di invarianza del numero.

La teoria degli Insiemi di Cantor ha posto le premesse per un’analisi critica dei numeri naturali e si deve a  Dedekind il tentativo di porre i fondamenti generali dell’aritmetica  derivando il concetto di ordine dal concetto di corrispondenza tra classi,  distinguendo il finito dall’ infinito.

La definizione (in negativo) di classe finita  come classe che non può  essere messa in corrispondenza biunivoca con una sua parte propria,  non fu però esente da critiche e obiezioni.

Dedekind fu anche il primo a intuire che il principio di induzione poteva  essere considerato una proprietà caratteristica, in qualche modo, dei numeri naturali.

Questa proprietà è stata enunciata da Peano: Se un sottoinsieme di N contiene il primo elemento  e se dall’ipotesi che contiene  n segue che contiene n+1,  allora contiene tutto N.

Il significato di questo principio deriva dalla costruzione dei transfiniti  ordinali di Cantor, coi quali si può designare il numero d’ordine di un oggetto in una serie ben ordinata, cioè tale che ogni sua parte abbia un primo elemento.

Questa condizione equivale ad ammettere il postulato di Campano ma non è sufficiente per arrivare al principio di induzione  se manca la proprietà che ogni numero, diverso dal primo, ammette un precedente.

Si dimostra, pertanto, tenendo conto anche delle altre proprietà dei numeri naturali, che il principio di induzione equivale all’insieme di due postulati: quello di Campano e quello dell’esistenza del  precedente .

La posizione di Federigo Enriques, nello spirito della Scuola di Berlino, si avvale di ulteriori apporti che permettono di superare la definizione in negativo di classe finita e  dimostrare l’invarianza del numero.

Egli considera  primitivi i concetti di ordine e di classe, da cui deriva il concetto di corrispondenza .

Per Enriques è finita ogni classe di oggetti che  può essere ordinata in due  versi, l’uno opposto dell’altro. Partendo da questa definizione si può dimostrare il principio di Schrödere quindi definire per astrazione il numero degli oggetti di una classe.

Per  fondare la teoria delle operazioni aritmetiche  basta aggiungere un postulato esistenziale  alla maniera di Russell: data una classe (finita) esiste sempre un elemento fuori di essa.

Le proprietà dei numeri possono essere introdotte senza ricorrere a trattamento induttivo ma si può verificare che la serie ordinata dei numeri così  introdotta , soddisfa gli assiomi di Pieri e di Peano.

 

 

 

 

Autore

  • Adriana Lanza

    Laureata in matematica, all'Università “La Sapienza” di Roma  . Vincitrice di concorso a cattedra per la classe matematica e fisica, ha  insegnato a Roma nel liceo scientifico  “Cavour” e ha collaborato con la S.S.I.S del Lazio in qualità di insegnante accogliente per i tirocinanti. In pensione dal 2009, ha partecipato al progetto del MIUR “La prova scritta di Matematica degli esami di Stato nei Licei Scientifici: contenuti e valutazione”  . Collabora alle attività di formazione della Mathesis.

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