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Lo sviluppo assiomatico degli Elementi di Euclide

L’organizzazione delle conoscenze geometriche ad opera di Euclide. Lo sviluppo assiomatico dei suoi Elementi.

Il nome di Euclide (circa 300 a.C.) è associato alla sua opera più famosa, gli Elementi, opera che, per la diffusione che ebbe, sia nel testo originale che in varie traduzioni, segue a ruota soltanto all’Antico e Nuovo Testamento e, forse, alle opere di Shakespeare e alla Divina Commedia.

L’opera è divisa in 13 libri e contiene 465 proposizioni, di cui 93 problemi e 372 teoremi.

E’ stata sempre considerata un’opera esclusivamente geometrica. In realtà essa contiene anche aspetti algebrici e aritmetici. I primi 6 libri riguardano la geometria piana elementare. I tre successivi la teoria dei numeri. Il Libro X le grandezze incommensurabili e gli ultimi tre libri, la geometria solida.
Gli Elementi si aprono direttamente, nel Libro I, con un elenco di 23 definizioni di cui alcune, come dice il Boyer nella sua “Storia della matematica”, “non definiscono nulla”. Dopo le definizioni, Euclide elenca 5 postulati e 5 nozioni comuni. I postulati – scrive Gino Loria –  “autorizzano a compiere certe operazioni geometriche …. [delle altre] il lettore deve percepire la verità senza il sussidio di alcuna dimostrazione”.
Il Libro I comprende teoremi sulla congruenza di triangoli, sulle costruzioni con riga e compasso, sulle disuguaglianze riguardanti gli angoli ed i lati di un triangolo, sulle proprietà di rette parallele e sui parallelogrammi.

Questo libro si chiude con la dimostrazione del teorema di Pitagora e del suo reciproco (prop. 45 e 48). La dimostrazione è dissimile da quella che usualmente si trova nei manuali. Si basa su una figura che viene descritta come un mulino a vento o come una coda di un pavone o come la sedia della sposa.

Il Libro II contiene 14 proposizioni.

La sua importanza consiste nel contenere un’algebra geometrica che serve più o meno agli stessi scopi della nostra algebra simbolica. Mentre oggi noi indichiamo le grandezze tramite “lettere” che si intendono come numeri incogniti su cui operiamo secondo le regole algoritmiche dell’algebra, ai tempi di Euclide le grandezze si concepivano come segmenti che soddisfacevano agli assiomi ed ai teoremi della geometria.

Tramite queste considerazioni geometriche Euclide, in questo libro, dimostra varie proprietà algebriche. Tra queste la legge distributiva che noi oggi traduciamo in : a(b + c + d) = ab + ac + ad, e la famosissima prop.4 che ha questo significato algebrico: (a + b)2 = a2 + 2ab + b2.

I Libri III e IV trattano la geometria del cerchio.

Nel Libro V è presente la teoria delle proporzioni e contiene tra l’altro l’assioma di Eudosso-Archimede (definizione 4). Nel Libro VI si dimostrano teoremi sui rapporti e proporzioni relativi a triangoli, parallelogrammi o altri poligoni simili.
I Libri VII, VIII e IX sono dedicati alla teoria dei numeri, intendendo per “numeri” i numeri naturali. E ricordando, ovviamente, che ciascun numero è sempre rappresentato da un segmento, per cui un qualsiasi numero sarà indicato, ad esempio, con AB. In questi libri troviamo la definizione di numero perfetto, pari, dispari, piano, solido, ecc.. Ma anche la dimostrazione del teorema (proposizione 20) secondo cui i numeri primi sono infiniti.

Il Libro X presenta una classificazione dei segmenti incommensurabili del tipo a±b, a±b, ecc.. Per tale ragione è stato considerato un trattato sui numeri irrazionali.

I Libri XI, XII e XIII riguardano proposizioni di geometria solida.

in particolare l’ultimo libro è dedicato interamente alle proprietà dei cinque poliedri regolari. Termina, infatti, con una proposizione (Prop.18) in cui si dimostra che non vi possono essere poliedri regolari oltre questi cinque. Quasi 1900 anni più tardi Keplero rimase talmente colpito da questa circostanza che costruì tutta una cosmologia su di essi, ritenendo che tali poliedri avessero “ispirato” il Creatore per la costruzione dell’universo.

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