La grande educatrice a 150 anni dalla nascita resta eterna. Ispirata dall’amore, amò la vita dei bambini, amò l’educazione.
Date anagrafiche di nascita e di morte di Maria Montessori: 31 agosto 1870 – 6 maggio 1952.
Ma il tempo vissuto dalle personalità davvero grandi non conta. La loro opera è imperitura. Resta eterna perché è ispirata dall’amore. Neuropsichiatra, ella amò la vita che va nascendo nelle sfere cognitiva ed emotiva. Amò la vita dei bambini. Amò l’educazione. Seppe che amare significa lottare per proteggere ciò che si ama.
Ai mali estremi della povertà e della violenza contrappose perciò il suo animo rivoluzionario. Rivoluzione pacifica, s’intende, la sua. Pacifica come il suo ideale educativo. Pacifica, non però arrendevole. La pace per lei non poteva disgiungersi dall’impegno a favore della libertà. Impegnarsi significava elaborare un metodo che potesse avvicinare in un futuro la realtà un po’ di più all’utopia. La distanza fra realtà e utopia potevano imparare a misurarla i bambini con l’orizzonte lontano e presente al tempo stesso nei loro sguardi.
Il senso della misura è un valore psichico fondamentale, che apre la prospettiva dell’incommensurabile.
Perciò fra i suoi amori ebbe particolare risalto l’amore per la matematica. Definirei la sua didattica soprattutto un impulso all’innamoramento dei bambini per l’aritmetica e la geometria. Per meglio dire, psicoaritmetica e psicogeometria. Pensiamo a una psiche ancora in formazione, simile alla ψυχή che spinse i Greci a elaborare per l’appunto geometria e aritmetica. Come pretendere di insegnare alcunché a un bambino, se non si rispetta la sua psiche? I bambini sono fortemente interessati alla realtà. Sono nella fase in cui esplorano il mondo cercando di costruirselo. In loro c’è energia pura.
I metodi astratti e coercitivi comportano lo spreco ottuso di questa energia.
Mortificano l’interesse infantile. Un interesse che può essere sollecitato invece dall’appello alla creatività. Manipolare oggetti per passare dal concreto all’astratto è uno dei modi di creare. Forme e numeri sono in simbiosi interattiva. Dagli oggetti ai nomi, dai nomi ai simboli: questa è la strada. Si parte dalla percezione in direzione del pensiero. Non si tratta di apporre etichette. Si tratta di scoprire. Scoprire giocando. Un gioco serio, s’intende. Si scandalizzi pure chi è avvezzo a pronunciare sentenze di divorzio fra gioco e apprendimento. Come se non si potesse apprendere giocando con serietà e nello stesso tempo provarne piacere!
Maria Montessori da Plutarco e da Rabelais ha ereditato la convinzione incrollabile che la mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere. Il materiale didattico da lei presentato e illustrato nelle sue lezioni, prima ancora che uno strumento, è un dono. Come quello di Prometeo. Il metodo che da lei trae la propria denominazione è oggi diffuso a livello internazionale. In Italia ovviamente la si celebra come una gloria nazionale, ma c’è da noi il malvezzo di commemorare per poi dimenticare. Dopo il cerimoniale l’oblio o mugugni e tentativi di discredito.
Libertà dell’alunno? E l’autorità del maestro dove la mettiamo?
Negli anni Duemila siamo ancora all’Emilio di Rousseau? Vogliamo capirlo o no che questa è l’era dell’efficienza industriale e bisogna accertare le competenze coi test anche nei bambini? Non vi accorgete che quella Montessori e quel Don Milani hanno rovinato la pedagogia? A ciò si deve e si vuole replicare. Libertà e autorità coesistono nella costruzione solidale del sapere. Dopo l’Emilio di Rousseau abbiamo oggi, a voler citare un solo classico contributo, Lo sviluppo mentale del bambino e altri studi di psicologia di Piaget. Non v’è nesso fra il mondo infantile e la globalizzazione economicistica. Quanto alla pedagogia, i metodi della Montessori e di Don Milani convergono verso i risultati delle neuroscienze.
Educare gli adulti devianti è compito disperato.
Maria Montessori sa che la speranza è nell’infanzia. Se vi è un’ aldilà, sta insegnando matematica agli angeli.
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