Giovanni Floris, Ultimo banco. Perché insegnanti e studenti possono salvare l’Italia, Solferino, 2018
Giovanni Floris, noto conduttore televisivo, ha avuto occasione di visitare diverse scuole italiane. Ha raccolto confidenze di docenti da un capo all’altro del Paese. Scrive quindi con cognizione di causa. Dal titolo di questo volume si evince che l’Italia è in pericolo. L’introduzione spiega perché. Si tratta di salvarsi da una classe politica insipiente. Non solo presso di noi. A livello internazionale dilaga l’ignoranza. Si vuole imporla ai popoli.
Ad esempio, l’autore ricorda che il Presidente USA ha introdotto una sua riforma del vocabolario. Ha dato ordine di mettere al bando parole sgradite. Quelle che potrebbero destare nella popolazione dubbi sul welfare di cui lui si arroga il vanto. Censurare le parole significa mutilare la conoscenza.
Ultimo banco si articola in Professori, Studenti, Genitori e Tali e quali.
Professori
Il compito di chi insegna è fra i più difficili. Floris lo sa anche perché sua madre è professoressa, spesso alle prese con ragazzi problematici. La politica dovrebbe valorizzare chi si cimenta con le difficoltà e gli scoramenti di questa professione. Sembra invece che da noi sia stato dimenticato “il valore immenso che l’insegnamento ha per una collettività”. A partire dalla noncuranza per la necessità di assicurare ai docenti dignitose retribuzioni.
Si dirà che ci sono anche docenti non meritevoli. Ma ciò non solo fra i docenti. Fra i politici, per esempio. È allo Stato che tocca formare i docenti, aggiungiamo noi, non reclutarli con ottanta quesiti da risolvere in ottanta minuti.
Tanti insegnanti sono stanchi dell’ingratitudine e della mancanza di rispetto nei loro confronti. Corrono il rischio di burnout. Esposti a scherno, offese e atti violenti, sono come eroi in trincea. Invece di redarguire la prole, i genitori si alleano con gli studenti. Il fenomeno degli adolescenti viziati è uno dei più preoccupanti.
Studenti
C’è chi vede gli studenti di oggi come una generazione di mostri. Molti di loro sono insidiati da sesso, droga, alcool. Si creano fittizie identità virtuali sui social. Vi si esibiscono oltre i limiti del decoro e del pudore. Non sanno cosa sia il rispetto. Il cyberbullismo è un fenomeno che dovrebbe destare la massima preoccupazione. Invece la devianza giovanile non riceve la debita attenzione da parte di chi di dovere. A livello istituzionale ci si orienta a elogiare chi si irreggimenta. Si parla tanto di merito. Per Floris il merito può essere un mito. Viene riportata la frase di una professoressa: “Un voto non è la fine di un film, ma solo un suo fotogramma”.
Le riforme scolastiche non fanno altro che aggravare la situazione. Ad esempio, l’alternanza scuola-lavoro è una misura improduttiva sia per la scuola che per il lavoro. Floris si chiede perché mai scuola e lavoro dovrebbero alternarsi. Esprime poi forte perplessità nei confronti di una visione della scuola orientata all’esclusivo profitto economico-finanziario: “L’idea che la scuola debba inserire nel mercato del lavoro secondo me è sbagliata”. La scuola dovrebbe invece “metterti davanti la vertiginosa infinità delle strade possibili”.
Genitori
I genitori sono il più grave problema. Sono loro che spingono i figli al rifiuto delle regole. Viene giustificato perfino il bullismo. La colpa per un cattivo voto è del docente. Al docente non viene riconosciuta autorità.
Fanno eccezione i professori di matematica, che difficilmente divengono oggetto di giudizi negativi.
Tali e quali
Floris non è tenero con la classe politica. La giudica in decadenza, Vede l’ignoranza al potere. Corrobora la sua valutazione con ritratti di politici. Il loro linguaggio asseconda una visione populista della realtà. Giunge a esprimere una specie di bullismo politico. È specchio di un paese che si lascia abbindolare da false promesse.
Che fare? La situazione descritta può apparire pessimista all’eccesso. Si legga però il libro. Sono da considerare due aspetti della lucida e appassionata diagnosi di Floris.
- Lui non ha inventato nulla. Si è espresso in base alle testimonianze raccolte nelle scuole in giro per l’Italia.
- Su questa base si dice convinto che sia il momento non di riforme, ma di una rivoluzione. Senza armi, s’intende. Nel senso di un cambiamento radicale delle coscienze e delle intenzioni di studenti e genitori.
Quanto al primo punto, osservo che l’immagine ufficiale della nostra scuola, affidata all’Invalsi, non è affatto una fotografia della realtà. È soltanto il quadro della diversa capacità di accettare un sistema di test secretati. Mentre dovrebbero essere controllati e testati a loro volta. Tutto il resto, anzi quel tutto che è la vita della scuola militante, viene ignorato.
Purtroppo ogni tanto si notano anche lettere ai quotidiani inviate da lettori che di scuola non capiscono nulla e si associano da imbecilli in senso etimologico a certe storture ministeriali.
Quanto al secondo punto, osservo che confidare nella salvezza dell’Italia ad opera di insegnanti e studenti si configura come utopia. Ebbene, è proprio questa utopia a dover essere coltivata. Se non si persegue un’utopia, nessun inizio di trasformazione della realtà è possibile.