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Prosa, poesia e… il diavolo in un volo di storni

Le meraviglie dei sistemi complessi rivelate da Giorgio Parisi. Prosa, poesia e… il diavolo in un volo di storni.

Il Nobel Giorgio Parisi

Il contributo di un fisico teorico alla didattica, alla pedagogia e non solo

Emilio Ambrisi ha richiamato l’attenzione sul valore didattico e pedagogico di quest’opera. Didattico, perché offre un contributo speciale all’insegnamento sul piano pratico. Pedagogico, perché contribuisce all’elevazione valoriale della persona. Ne abbiamo parlato insieme e si è  convenuto che Giorgio Parisi, Premio Nobel per la Fisica 2021, con quest’opera ha offerto anche tanti altri spunti di riflessione.  La prosa di quest’opera riveste un indubbio valore letterario.

Il “volo di storni” del titolo si traduce all’interno in una descrizione intensamente evocativa, che acquisisce il carattere di una vera e propria ipotiposi, là dove sono raffigurate quelle formazioni di “immagini fantasmagoriche, migliaia di macchioline nere danzanti che si stagliano su un cielo dai colori cangianti”, in cui gli storni “si muovono insieme senza urtarsi, né disperdersi, superando ostacoli, distanziandosi e poi ricompattandosi, riconfigurando continuamente la loro disposizione spaziale, come se ci fosse un direttore d’orchestra a impartire ordini che tutti eseguono”. È una prosa che tende alla poesia.

Gli uccelli nell’arte e nella scienza

Gli uccelli in  poesia sono un τόπος dalle origini ad oggi. Ne vengono in mente tanti esempi. Gli uccelli di Alcmane. Il passero caro alla donna amata  da Catullo. I lussuriosi di Dante paragonati agli storni e alle gru e  Paolo e Francesca dallo stesso Dante paragonati a colombe. Il passero solitario di Leopardi che “pensoso, in disparte” è in stridente contrasto con gli uccelli definiti dallo stesso Leopardi “le più liete creature del mondo”. L’albatro di Baudelaire con le sue “ali da gigante che gli impediscono di camminare”.  I gabbiani di Cardarelli “in perpetuo volo”. L’upupa “ilare uccello” di Montale a correzione dell’upupa “immonda” del Foscolo. E così via. Per non dire poi degli uccelli in pittura, scultura, musica, cinema.

Amelio, il “filosofo solitario” del leopardiano Elogio degli uccelli, così conclude la sua meditazione:

“In fine, siccome Anacreonte desiderava potersi trasformare in ispecchio per esser mirato continuamente da quella che egli amava, […] similmente io vorrei, per un poco di tempo, essere convertito in uccello, per provare quella contentezza e letizia della loro vita.”

Oltre che affascinare i letterati, gli uccelli quali creature volanti suscitano da tempo l’interesse degli scienziati, né poteva essere altrimenti. Il codice di Leonardo da Vinci sul volo degli uccelli ne è un noto esempio. L’interesse di Giorgio Parisi si rivolge agli storni riuniti in stormi. Il fisico studia le loro interazioni che costituiscono i loro comportamenti collettivi. E osserva:
“Gli storni sono più vicini tra loro quando si trovano nei pressi del bordo che nel centro.”
Quindi “l’interazione tra gli storni non dipende tanto dalla distanza tra loro, ma dalla connessione tra gli uccelli più vicini”.

Vengono allora  in mente questi versi di Dante:

E come li stornei ne portan l’ali
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali
di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena. (Dante, Inferno, V, 40-45)

Si noti nella similitudine l’espressione “a schiera larga e piena”.

La schiera in quanto “piena” sembra corrispondere alla “connessione tra gli uccelli più vicini” e in quanto “larga” alla “distanza tra loro”. I cambiamenti di direzione impressi dal vento alle direzioni degli storni ricordano il “distanziandosi e poi ricompattandosi, riconfigurando continuamente la loro disposizione spaziale”. Nei versi danteschi la direzione d’orchestra non è della natura, ma di chi infligge la pena senza fine, del supremo giudice, Dio. Così il poeta medioevale traduceva liricamente il fenomeno che il fisico del nostro tempo ha assunto come oggetto di studio scientifico.

La dimensione storica della ricerca scientifica

Le storie della scienza non mancano. Anche Giorgio Parisi offre un suo contributo storiografico nel capitolo La fisica a Roma, una cinquantina di anni fa, perché, come egli scrive:
“è importante conservare la memoria del passato, soprattutto nel campo della scienza.”
Contributo che riguarda l’attività scientifica nel suo farsi. La prosa ha qui nella sua trasparenza un andamento icastico. I personaggi nominati si manifestano come presenze vive. Tutti risaltano ringiovaniti rispetto alle loro diverse età. La dimensione in cui interagiscono è quella comunicativa. Risalta la ricerca propria della fisica teorica delle particelle elementari. Ma le vie da percorrere sono diverse e si è come in attesa di una “teoria finale”. Il lettore si sente partecipe della tensione che anima gli scienziati, desiderosi di un  imprevisto che, una volta realizzatosi, non sarà più sentito come tale.

L’autore mette in rilievo l’importanza della comunicazione collaborativa  fra scienziati in sincronia e in diacronia. Possiamo però aggiungere che nella storia della scienza non manca qualche memorabile scontro. Una disputa scientifica sei-settecentesca ha le sembianze di un campionato mondiale Inghilterra-Germania. Nel 1669 l’inglese Isaac Newton scrive, ma non pubblica, De analysi per aequationes numero terminorum infinitas. Nel 1684 il tedesco Gottfried Leibniz  pubblica  l’articolo Nova methodus sugli “Acta Eruditorum”. Entrambi hanno introdotto il calcolo infinitesimale, seppure in forme personali. Si sono scambiati anche dei ragguagli per via epistolare. Nei decenni successivi cominciano a fronteggiarsi oltranzisti schieramenti di scienziati. Gli uni accusano Newton di essersi avvalso delle idee di Leibniz, gli altri sostengono che sarebbe stato Leibniz ad appropriarsi delle idee di Newton. Sono come veri e propri scontri fra opposte tifoserie. Figurarsi se la posta in palio fosse stata il Premio Nobel.

In ogni caso la scienza non si realizza nell’isolamento.

Non vi sono discipline isolate e anche questo viene messo in luce da Giorgio Parisi in una prospettiva storica:
“Se esaminiamo con attenzione un periodo storico, possiamo percepire l’esistenza di uno spirito del tempo: spesso siamo in grado di trovare corrispondenze e assonanze non solo fra discipline scientifiche diverse, come potrebbero essere la biologia, la fisica e così via, ma addirittura tra la musica, la letteratura, l’arte e la scienza. Basti pensare alla crisi di un certo razionalismo all’inizio del Novecento, ai cambiamenti simultanei che ci sono stati nella pittura, nella letteratura, nella musica, nella fisica, nella psicologia…”

Si apre così un programma di intenso lavoro, tale da richiedere intese fra studiosi di diversi campi. Cercare di ricostruire lo spirito dei tempi non solo per quanto riguarda il Novecento, ma a partire dall’antichità classica fino ad oggi: ecco un compito tanto impegnativo quanto foriero di inattese gratificazioni man mano che si approfondisca la comprensione dei fenomeni interdisciplinari. Possiamo aggiungere che nello “spirito del tempo” troveremo operanti da una parte tendenze alla conservazione in antitesi con le spinte all’innovazione, dall’altra la presenza rispetto al passato di una continuità con i suoi riverberi nel futuro.

Anche il matematico Alain Connes concorda con questa visione culturale.

Intervistato da Nuccio Ordine per La lettura del Corriere della Sera  del 19 dicembre 2021, ricorda la teoria dei “motivi” di Alexander Grothendieck, “area di ricerca della matematica che tenta di unificare gli aspetti combinatori, topologici e aritmetici della geometria algebrica”, spiegando che la matematica “gioca qui un ruolo nella creazione di strutture musicali relativamente al ritmo”. C’è di più: la psicoanalisi lacaniana può essere messa strutturalmente in relazione con la matematica e la fisica. Noi possiamo anche ricordare in proposito che il filosofo Alain Badiou ricorre alla teoria degli insiemi per spiegare i rapporti interpersonali. Però Alain Connes va oltre:

“La base della matematica moderna non è più la teoria degli insiemi ma quella delle categorie. Si tratta di concetti nuovi che permettono di affinare il modo di pensare anche in situazioni ordinarie ma che non appartengono ancora alla conoscenza condivisa. In realtà non sono assimilati neppure dalla fisica.”

Dalla razionalità in matematica e fisica all’irrazionale nella scienza

Come nascono le idee nella scienza? I procedimenti mentali, spiega Giorgio Parisi con la sua diretta testimonianza, attraversano varie fasi: preparazione, incubazione, illuminazione, dimostrazione. Nelle diverse fasi sono importanti gli scambi fra discipline. Così Giorgio Parisi illumina affinità e differenze nei rapporti fra matematica e fisica:
“Il fisico può essere considerato un matematico applicato. Parte da un problema concreto e lo trasporta nel linguaggio della fisica, che da Galilei in  poi è la matematica.”

La matematica risulta inerente alla corporeità della fisica in una forma, per così dire, purificata:
“Gli oggetti matematici sono depurati da ogni apparenza sensibile e quindi le proposizioni matematiche, come le proposizioni logiche, hanno una valenza universale. Un fisico, invece, traduce i fenomeni concreti in un linguaggio matematico dove molte delle loro caratteristiche corporee si perdono e rimangono solo quelle essenziali per studiare i fenomeni.”

Peraltro le fasi della ricerca non si dispongono tutte necessariamente nella dimensione coscienziale. Nell’itinerario che conduce dalla preparazione  alla dimostrazione gioca un suo ruolo l’inconscio. Abbiamo già ricordato che Alain Connes stabilisce un rapporto fra la teoria psicoanalitica di Jacques Lacan e le scienze matematiche e fisiche.

Altra irruzione dell’irrazionalità è data dal senso di una presenza demoniaca.

L’ipotesi cartesiana dello  spirito maligno  si è riproposta nel tempo. La documenta Jimena Canales in L’ombra del diavolo. Una storia dei demoni della scienza, Bollati Boringhieri, 2021 (Bedelived. A Shadow History of Demons in Science, 2020). Non a caso ritroviamo un accenno alla presenza demoniaca anche in quest’opera di Giorgio Parisi, là dove si legge che “il diavolo sta nei dettagli”. Espressione, questa, che sta assumendo il carattere di un motto memorabile, visto che ormai  la si ritrova usata anche in contesti giornalistici.

Poesia, prosa, musica, arti figurative attestano la presenza psichica dell’irrazionale demoniaco.  Gli scienziati non sono da meno. In The Devil, 24 ORE Cultura srl, Milano, 2017, Demetrio Paparoni così ricorda, ad esempio, la visione del mondo sei-settecentesca di Emanuel Swedenborg:

“Per Swedenborg Paradiso e Inferno sono simmetrici. Questa simmetria è presente in ogni cosa dell’universo. […] Accanto agli uomini sono sempre presenti spiriti benevoli o malevoli che influenzano le loro scelte.”

Nel caso di Giorgio Parisi lo stare del diavolo nei dettagli si configura però come una mera presenza metaforica,  che allude alle zone d’ombra man mano rischiarate dall’angelicità dell’intelligenza o illuminate di colpo dall’intuizione.

L’odierna emergenza culturale

Leggere In un volo di storni. Le meraviglie dei sistemi complessi  significa per il lettore poco esperto essere introdotto alla comprensione di ciò che è la fisica oggi. L’esposizione  di problemi e conquiste in modo semplice e rigoroso insieme potrà attrarre i giovani, affascinati dall’avventura scientifica di cui si sentiranno partecipi. Fare lezione secondo analoghe modalità sarà un omaggio alle autentiche esigenze formative in nome della cultura intesa nel senso più nobile della parola.

Oggi viviamo in un’emergenza altrettanto grave, se non più grave, dell’emergenza pandemica. È l’emergenza culturale che Giorgio Parisi ha il merito non secondario di avere autorevolmente evidenziato:
“Bisogna costituire un fronte comune di tutti gli operatori culturali italiani (dagli insegnanti degli asili alle Accademie, dai programmatori ai poeti) per affrontare e risolvere l’attuale emergenza  culturale”.

Ciò al fine di favorire, per quanto possibile, una simbiosi fra la scienza e la società civile, auspicando che  i politici si rendano conto di tale necessità e di conseguenza si adoperino per soddisfarla,  piuttosto che sperperare tempo prezioso in stucchevoli, inutili e controproducenti diatribe, perdendo di vista o trascurando l’essenziale e dilettandosi di irrilevanti  escogitazioni atte soltanto a complicare l’esistente.

L’appello di Giorgio Parisi è rivolto alla ragione e al sentimento di chi abbia a cuore le sorti della civiltà nel nostro paese. Con la speranza che il nostro paese possa essere all’altezza delle menti rivelatesi storicamente capaci di dare un contributo per migliorare la realtà, anche se nel mondo globalizzato forse si sono avviati processi negativi irreversibili. Tuttavia, come ci ricorda Walter Benjamin con una frase ripresa da Herbert Marcuse, è dalla disperazione che nasce la speranza:
Nur um der Hofnungslosen willen ist uns die Hoffnung gegeben.”
Fra i meriti di Giorgio Parisi non ultimo è questo suo voler contribuire a mutare la speranza in fiducia.

Autore

  • Biagio Scognamiglio

    Biagio Scognamiglio (Messina 1943). Allievo di Salvatore Battaglia e Vittorio Russo. Già docente di Latino e Greco e Italiano e Latino nei Licei, poi Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ha pubblicato fra l’altro L’Ispettore. Problemi di cambiamento e verifica dell’attività educativa.

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