Contro il maschilismo e contro il femminismo culturali. Per un’antropologia totalmente umana.
Rita Levi-Montalcini in Tempo di mutamenti, Baldini & Castoldi, 2002, a un certo punto cita due versi dall’Orlando furioso di Ludovico Ariosto:
“Le donne son venute in eccellenza
di ciascun’arte ove hanno posto cura”
Siamo nel ventesimo canto. Ripercorriamo insieme il proemio in cui sono i versi citati dall’insigne neurologa. Potremo constatare come nel contesto rinascimentale le donne eccellenti vengano valorizzate dal poeta:
“Le donne antique hanno mirabil cose
fatto ne l’arme e ne le sacre muse;
e di lor opre belle e glorïose
gran lume in tutto il mondo si diffuse.
Arpalice e Camilla son famose,
perché in battaglia erano esperte et use;
Safo e Corinna, perché furon dotte,
splendono illustri, e mai non veggon notte.
Le donne son venute in eccellenza
di ciascun’arte ove hanno posto cura;
e qualunque all’istorie abbia avvertenza,
ne sente ancor la fama non oscura.
Se’ l mondo n’è gran tempo stato senza,
non però sempre il mal influsso dura;
e forse ascosi han lor debiti onori
l’invidia o il non saper degli scrittori.
Ben mi par di veder ch’al secol nostro
tanta virtú fra belle donne emerga,
che può dare opra a carte et ad inchiostro,
perché nei futuri anni si disperga,
e perché, odiose lingue, il mal dir vostro
con vostra eterna infamia si sommerga […]”
“Il poeta elogia le guerriere e le poetesse dell’antichità per le loro opere “belle” e “gloriose”, che destano ammirazione nel corso della storia”.
Si accorge che anche nella realtà a lui contemporanea non mancano donne valorose, degne di essere ricordate in futuro. Biasima gli scrittori non disposti per invidia o ignoranza a rendere onore al valore femminile e invoca una “eterna infamia” che sommerga le loro “odiose lingue”.
Vero è che il poeta si trova un clima cortigiano e possiamo pensare che abbia voluto elogiare la donna per compiacere il pubblico femminile aristocratico. Però il distico che Rita Levi-Montalcini ha estrapolato dal contesto ci pone di fronte a una verità eterna, della quale ella stessa è esempio.
Scienziata dal prestigioso curriculum, ha dedicato la propria vita alla neurologia,
conseguendo fra l’altro il Premio Nobel per la Medicina. La sua autorità nel campo dello studio del cervello umano rende urgente prendere in considerazione il suo monito: l’Homo sapiens sapiens deve impegnarsi nella “attivazione delle facoltà raziocinanti” per “conseguire la vittoria nella partita in atto: la sopravvivenza della specie umana”.
Nella realtà di oggi purtroppo sull’Homo sapiens sapiens prevale quello che lo psichiatra Vittorino Andreoli definisce Homo stupidus stupidus. Al “tempo di mutamenti” di Rita Levi-Montalcini viene contrapposta da Vittorino Andreoli “l’agonia di una civiltà”. Intanto l’umanità, sempre più intenta a vivere-per-il-presente resta tutta assorbita in esso e non si cura delle prospettive di lungo periodo, nonostante gli allarmi lanciati dal mondo giovanile, come quelli, ad esempio, di Greta Thunberg, fondati su basi scientifiche (si può vedere in proposito la sezione The science and the basic math su gretathunberg.com).
Quale contributo possono dare le donne alla salvezza del genere umano?
Ci chiediamo se esse siano in possesso di un sapere che possa rivelarsi un correttivo alla degenerazione prospettata da Vittorino Andreoli. La neuroscienziata Gina Rippon, docente di neuroscienze cognitive presso il Brain Center della Aston University di Birmingham, è assertrice della tesi della parità cognitiva tra i sessi: in campo cognitivo non sussisterebbero differenze genetiche tra la sfera cerebrale femminile e maschile, mentre le diversità ideative e comportamentali sarebbero influenzate piuttosto dalle circostanze ambientali.
Michela Matteoli, Direttore dell’Istituto di Neuroscienze del CNR e Responsabile del Neurocenter di Humanitas Research Hospital, sulla base di una serie di ricerche sperimentali giunge a concludere che “se anche uomini e donne sono certamente diversi, anche a livello cerebrale, questa differenza si manifesta in tanti modi sottili e alla fine le nostre somiglianze probabilmente superano di gran lunga le nostre differenze” (si veda di Michela Matteoli Il nostro cervello ha un sesso? su cnr.it). Tale è anche l’orientamento di Daphna Joel, neuroscienziata dell’Università di Tel Aviv, e di Lise Eliot, neuroscienziata dell’Università Rosalind Frankhlin di Chicago (si veda “Il cervello non ha sesso” Così la scienza sfata il tabù della diversità uomo-donna, su scienza e vita.org).
Così l’osservazione scientifica toglie ogni appiglio a pretese di reviviscenza della tradizione filosofica, facente capo ad Aristotele, della donna come essere inferiore. Filosofi dal cervello inferiore: sarà questo un argomento da trattare prossimamente. Li vedremo incontrarsi nell’aldilà per ribadire il loro stolto maschilismo.
ALTRI RIFERIMENTI NEL SITO:
La donna e la matematica eterne regine
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