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Tra scienza e narrazione

Un gioco narrativo per l’esplorazione e la scoperta di microcosmi matematici e fisici. Quindici racconti tra scienza e narrazione.

Luigi Arcari, Un diverso punto di vista. Tra scienza e narrazione, Seconda edizione, 2022 (Prima edizione BookSprint, 2018)

Immaginiamo Ludwig Wittgenstein redivivo. Cosa avrebbe pensato di quest’opera lui, che nelle Lezioni sui fondamenti della matematica, a noi giunte grazie ai dettagliati appunti dei suoi allievi, affrontò in modo conforme al proprio estro l’annoso problema dei rapporti fra numero e parola? Non sembra da escludere che di quest’opera avrebbe apprezzato la sinergia, per non dire la simbiosi, fra serietà e divertimento, ambedue presenti nell’impresa di amalgamare scienza e narrazione intrapresa dall’autore, come avvenuto anche nel suo romanzo Romeo e Giulietta. Il gioco dell’amore, ove però la vicenda è raccontata nella tradizionale terza persona, mentre qui restiamo in ascolto di attori che si esibiscono da protagonisti sulla scena della cultura scientifica e dell’arte letteraria.

Diversi autori moderni e contemporanei si sono cimentati nell’arbitrare la tenzone fra narrazione e matematica, destinate a incontrarsi e coniugarsi, sebbene apparentemente distanti e come inconciliabili. Andando oltre i tanti tentativi altrui, fra i quali spicca la concezione calviniana dei racconti matematici, Luigi Arcari si pone qui come pronubo del connubio, celebrando come un sacerdote serio e divertito ad un tempo le nozze non solo fra letteratura e matematica, ma anche fra letteratura e fisica, sì da ricordare quanto sancito nella celebre espressione aforistica di Galileo Galilei secondo cui “il grandissimo libro” dell’universo “è scritto in lingua matematica”.

Qual è la novità introdotta dall’autore per scongiurare il pericolo del divorzio fra le due culture teorizzato da Charles Percy Snow?

Si tratta di un espediente retorico felicemente utilizzato: il ricorso alla prosopopea. Siamo di fronte a simboli matematici personificati e alla concomitante personificazione di entità fisiche. L’impianto narrativo così ottenuto è giunto a compimento in modo non immediato. Nella prima edizione del volume i diversi personaggi erano anonimi. Dopo essere rimaste nascostamente in germe, le loro identità sono state battezzate nella seconda edizione, ove l’autore precisa le circostanze in seguito alle quali ha sentito la necessità di passare dalla semplice numerazione dei quindici racconti all’attribuzione del rispettivo nome a ciascun io narrante.

Nella premessa all’edizione del 2018 viene esplicitata l’intenzione autorale, che si risolve nell’invito a partecipare a un “gioco narrativo”, lasciandosi guidare nell’esplorazione di “microcosmi matematici e fisici”. Nella premessa a questa seconda edizione i personaggi scientifici sono passati in rassegna analiticamente in via propedeutica al diretto contatto del lettore col testo narrativo. Analisi che non è qui il caso di parafrasare, mentre ci si ripromette di dare un’idea della resa estetica dell’insieme mediante alcune esemplificazioni, a partire dal personaggio che inaugura la raccolta: l’incognita.

Nel linguaggio matematico la si denota con una semplice x. Semplice? Niente affatto. In essa rivive un Amleto depurato della sua  ostentazione tragica. “Io sono”, ripete lei, prendendo coscienza del passaggio dal suo apparente non essere all’essere reale, dal problema alla soluzione:

“Poi esplodo, mi frammento nel processo algoritmico che coinvolge le relazioni tra gli enti implicati nel problema, per quindi svilupparlo e risolverlo, ritrovando di nuovo quello che io sono.”

E ancora:

“Io tratto problemi che possano essere affrontati con procedimenti di calcolo, impostando un modello logico-matematico e definendo un algoritmo di risoluzione, cioè una serie di passaggi definiti che seguiti passo passo portino alla soluzione, come nei problemi tipicamente matematici, algebrici, geometrici, fisici, scientifici in genere e anche della vita pratica. Io sono in realtà la soluzione stessa, mi sento l’attore, la scena e l’epilogo, sono l’investigatore, il delitto e l’assassino.”

L’assassino è l’investigatore! Idea che John Dickson Carr avrebbe potuto invidiare.

L’incognita riconosce quindi in sé stessa un’essenza pirandelliana, in quanto nella molteplicità delle forme che assume, da una a nessuna e a infinite, supera il dualismo shakespeariano. È questo un suo diverso punto di vista, che esorcizza la paura di inoltrarsi nelle tenebre dell’ignoto e aiuta a recuperare il senso della vita. L’incognita è dunque sia problema che soluzione, come accade, ad esempio, nel caso della mitica duplicazione del cubo. È senza dubbio una signora colta, che mette in rilievo l’importanza della mela nella storia dell’umanità, citando Adamo ed Eva, Guglielmo Tell, Biancaneve, Isaac Newton, Steve Jobs. E spazia nella storia della matematica, ricordando Al-Khwarizmi, Gerolamo Cardano, Niccolò Tartaglia. Eppure confessa che è costretta ad arrendersi di fronte a problemi non risolvibili in assoluto o risolvibili con approssimazione o indecidibili.

Di fronte a questa dichiarazione di umiltà della x personificata non può non venire in mente al lettore amante della matematica l’ardire di Kurt Gödel, che giunse a cimentarsi nel compito di dimostrare la realtà dell’incognita suprema: Dio.

Nel susseguirsi dei capitoli continuano a presentare sé stesse entità fisiche e matematiche che parlano in prima persona illustrando una serie di classici argomenti:

dopo l’incognita, si esibiscono il tubo di Newton, il logaritmo, la visione euleriana e lagrangiana, Pi greco (π), la doppia fenditura, il numero di Nepero (e), generatori di numeri pseudo-casuali, il diavoletto di Maxwell, l’unità immaginaria (i), le equazioni di Maxwell, l’identità di Eulero, il rendimento energetico, derivate e integrali, il ciclo neutronico.

Di racconto in racconto si addipanano  i diversi punti di vista:

Ulisse e Nausica

l’andamento di una lezione è descritto dalle entità direttamente coinvolte nella spiegazione dell’insegnante sul tubo di Newton; la bellezza di un logaritmo nel suo palesarsi resta sacralizzata dalla suggestione del silenzio; fra  parole e simboli delle formule di Eulero e Lagrange emerge  una vivida descrizione delle bellezze naturali; π prende posizione contro l’utilitarismo quando questo prevarica contro il disinteressato arricchimento spirituale; nel discorso della doppia fenditura viene focalizzata la problematica dell’esperimento scientifico, ovvero la falsicabilità delle ipotesi di volta in volta in volta formulate del corso della storia della scienza, fino all’attuale teoria dei quanti; in connessione col numero di Nepero si rivendicano il valore della libertà a partire dai miti di Sisifo e di Icaro e il valore della verità sulle orme di Agostino d’Ippona, non solo, ma viene evocata anche la vertigine  dell’infinito in un crescendo che assume un carattere epico; al centro di una narrazione sui generatori di numeri pseudocasuali l’argomento è il caso e vi sono riferimenti alla realtà o irrealtà del tempo; il diavoletto protagonista si diverte in un excursus sulle figure del diavolo nelle diverse culture e in ambito letterario, a partire da Lucifero fino a Mefistofele e Faust, e dal suo inferno  scientifico sorride sulle umane debolezze, evocate mediante una citazione di Isidoro di Siviglia sulle tentazioni demoniache (e sarebbe stato ulteriormente gratificante un accenno al Beelzebub della Bohemian Rapsody di Freddie Mercury); l’immaginazione si esibisce in un’interessante rassegna storica in cui vengono ricordati Gerolamo Cardano, Ludovico Ferrari, Scipione del Ferro, Antonio Maria Fior, Niccolò Fontana detto Tartaglia, Girolamo Cardano, Annibale Della Nave, Raffaele Bombelli, René Descartes, Leonhard Euler, Caspar Wessel; dal campus delle equazioni di James Clerk Maxwell  che omogeneizza le distinzioni neutralizzandole  si giunge alla “estetica pura della matematica e della fisica” (si pensi anche alla bellezza della formula di Albert Einstein sulla energia eguale al prodotto della massa per il quadrato della velocità della luce, esteticamente godibile al pari del “M’illumino – d’immenso” di Giuseppe Ungaretti), il tutto reso moderno dalla metafora della  T-shirt; a proposito dell’identità di Eulero l’io narrante parla a nome degli altri componenti del trio di cui fa parte, liberi anch’essi come lui e nel contempo tutti e tre necessari per ogni struttura organizzativa, con riferimenti alla storia universale, presenti del resto anche in altri luoghi; nel discorso dell’energia viene affrontato il motivo del destino; ad opera di derivate e integrali giunge  al culmine l’intento di spiegare nel modo più persuasivo un argomento complesso, fermo restando che “godere della bellezza necessita il sacrificio della preparazione per poterla apprezzare”; novello Ulisse, un neutrone narra la propria odissea: la fisica è presentata come avventura.

Ed è nel segno dell’avventura che l’intero volume si svolge.

In fondo ogni opera d’arte è avventurosa come la vita ed è così anche per la scienza. Poco fa sono state evidenziate componenti dette tradizionalmente “umanistiche”, ma non sono “umanistiche” anche le conquiste delle scienze?  Si veda, ad esempio, l’incipit del quindicesimo e ultimo racconto:

“Sono un sopravvissuto. Uno dei sopravvissuti. Siamo usciti a frotte, a piccoli gruppi di 2 o 3 per ogni nucleo di uranio duecentotrentacinque che è esploso, che ha subito fissione. Non è per imprecisione che dico 2 o 3, non è che sia vago, ma proprio che alcuni gruppi erano effettivamente costituiti da 2 di noi e altri da 3, ma a causa dell’enorme numero di nuclei, miliardi di miliardi di miliardi, non può che essere una valutazione statistica. Tutti insieme eravamo quindi un esercito sterminato. Ma i grandi numeri sono fatti di piccoli numeri, di unità, la storia è fatta sicuramente di grandi eventi e di grandi eserciti, ma anche di microstorie, di piccoli eventi e categorie circoscritte, di addetti all’approvvigionamento, alla logistica, di cuochi e puttane […]”

Qui il neutrone, come avviene anche per i protagonisti degli altri racconti, non sembra più un personaggio: “pare” nel senso dantesco, ovvero “è”, una persona, al punto da suscitare una tentazione. Quale tentazione? Intervistarlo, il neutrone, per sapere che cosa pensi dell’origine dell’universo, se sia credente o no.

Forse la realtà odierna a livello di massa corrisponde non tanto alla “modernità liquida” teorizzata da Zigmunt Bauman, quanto a una “ovvietà solidificata”, refrattaria ad ogni slancio spirituale, indifferente rispetto ai misteri del cosmo. Questo volume, serio e divertito, denso e gradevole, rigoroso e scanzonato, ha il merito di ridestare in chi legge il desiderio dell’esplorazione e della scoperta.

Autore

  • Biagio Scognamiglio

    Biagio Scognamiglio (Messina 1943). Allievo di Salvatore Battaglia e Vittorio Russo. Già docente di Latino e Greco e Italiano e Latino nei Licei, poi Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ha pubblicato fra l’altro L’Ispettore. Problemi di cambiamento e verifica dell’attività educativa.

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