L’eventuale valutazione delle certificazioni Invalsi accentuerebbe disparità e squilibri in un’Italia già lacerata dalla disuguaglianza.
Le certificazioni INVALSI per gli studenti dell’ultimo anno della scuola secondaria di II grado – relative alle prove 2019 – saranno disponibili dal prossimo 23 luglio. La comunicazione diramata dall’Istituto annuncia un adempimento normativo che è previsto dal Dlgs 62/2017, attuativo della Buona Scuola. Un’altra novità!
Il curriculum dello studente ( anzi secondo quella cantilena cara alla ministra Valeria Fedeli: “della studentessa e dello studente” che rimarrà una significativa caratteristica dei documenti ministeriali del suo periodo) sarà così arricchito di una specifica sezione ove “sono indicati, in forma descrittiva, i livelli di apprendimento conseguiti nelle prove scritte a carattere nazionale di cui all’articolo 19 [Invalsi], distintamente per ciascuna delle discipline oggetto di rilevazione e la certificazione sulle abilità di comprensione e uso della lingua inglese.”
Potrebbe essere questa specifica sezione a rappresentare l’attesa oggettiva valutazione degli studi? Molti lo credono e remano in tale direzione. Mondo del Lavoro e Università potrebbero allora riconoscere ciò che finora hanno tacciato di assoluta inattendibilità: il merito scolastico. In base a tale riconoscimento gli studenti del Nord che hanno livelli di apprendimento certificati più alti si troverebbero catapultati ad occupare le prime posizioni nelle graduatorie stilate per l’iscrizione ai corsi di laurea e per l’inserimento nel mondo del lavoro. I risultati Invalsi veramente meritano tanta fiducia?
Le Università in questi 20 anni di selezione degli accessi con le loro prove oggettive sono certe di aver migliorato la qualità dei medici? Chi è che è bravo? Come fa una collettività a riconoscerlo se nega perfino valore all’istituzione che dovrebbe saperne di più e si affida alle teste e ai test Invalsi?
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