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Dialogo di un venditore di test  e di un contestatore

Un semplice esame con dei quiz generici non può parlarci di sogni, di emozioni, di predisposizione e amore verso una disciplina. Dialogo:

Venditore – Quesiti, quesiti, quesiti nuovi … Passeggero, le abbisognano quesiti ovverosia quiz, test a scelta multipla, arzigogoli giustificativi di prove?

ContestatoreChe tipo di prove? Quelle per accertare le cosiddette competenze? Comprensione della lettura, ad esempio?

Venditore – Alleluia! Ne ho di tutti i tipi, anche di matematica e inglese. Ne ha scritto abbondantemente la stampa quotidiana. Grazie a questi test si è potuto stabilire che in Italia gli studenti del Nord sono più bravi di quelli del Sud, nonostante il fatto che quelli del Sud conseguono tanti e poi tanti cento e lode agli Esami di Stato a differenza di quelli del Nord. Evidentemente al Nord c’è rigore e al Sud c’è lassismo. Perciò è sciocco contestare i test.

Contestatore – Che sia sciocco risulterebbe da un commento alla benemerita lettera di ottanta accademici di tutto il mondo ad Andreas Schleicher, riportata sotto il titolo OCSE and  Pisa tests are damaging education world wide sul sito theguardian.com il 6  maggio 2014. Nel commento un fantomatico undersingend  (probabile accolito di OCSE-Pisa) scrive infatti: “Opposing standardized tests is just dumb”. Sul sito ilsussidiario.net il 14 maggio 2014 sotto il titolo SCUOLA/Guardian “contro” Ocse, la ragione non sta coi manichei a  tale  Luisa Ribolzi l’anonimo commento da cui l’insulto è stato estratto  “sembra serio ed equilibrato”. Di fronte a  siffatte elucubrazioni di buon grado replichiamo che sciocco sembra piuttosto esaltare i test e definire  manicheo chi li  contesta e rigetta.

Venditore – Io sono orgoglioso di dire che nei recenti articoli giornalistici sull’Invalsi i miei test sono  stati presi come responsi oracolari senza discussioni. Ed è giusto che sia così. Infatti gli esiti di questi test sono la fotografia, il termometro, la radiografia, gli esami del sangue per il colesterolo della scuola nel Paese.

Contestatore – E già, molte grazie a tale Anna Maria Ajello per la metafora gastroenterica del colesterolo, che aggiungiamo giulivi alla collezione, e molte grazie ancora alla medesima per la metafora gastronomica della sacher torte, che fa vedere nei discenti piccoli cuochi in crescita nella  scia di Bastianich, Cannavacciuolo, Cracco e chi più ha chef illustri più ne citi. Ma siamo sicuri che i test siano fatti bene? Attenzione: anche se fossero fatti bene, e non lo sono, resterebbero arzigogoli. Come si fa a pretendere che la crescita culturale, mentre è nel suo pieno dinamismo,  se ne stia in posa per farsi un selfie con l’Ocse-Pisa, con l’Invalsi, con l’Anvur and company, si  metta il termometro sotto l’ascella o porga il dito per farsi misurare la febbre, si sottoponga ad esami radiografici come se non fossero esenti da probabili errori dei radiologi, sia pronta a porgere il braccio a comando per il prelievo del sangue con conseguente analisi per la misura del colesterolo, magari dopo aver gustato una sacher torte? Non mi sembrano davvero felici siffatte metafore, mio caro vu cumprà. È una vera smania quella di vedere nella scuola una malata …  A questo punto viene in mente l’aureo detto medice, cura te ipsum: può darsi che il colesterolo ce l’abbia tu.

Venditore – Lei dunque vuole fare la guerriglia con giovanile baldanza contro i miei bei test?

Contestatore –  è tale Andrea Ichino a non gradire la critica al punto di chiamarla guerriglia contro l’Invalsi, vero? Ma l’esercizio della critica è doveroso in una materia così delicata qual è la formazione dei giovani con le sue connesse implicazioni politiche. Voglia perdonarmi: prima di acquistare, la merce bisogna testarla. O lei che vuol vendere i test si contraddice, asserendo che i prodotti da smerciare non debbano essere testati?

Venditore – E già, che cosa ci si può aspettare da un contestatore di test?

Contestatore – Penso che lei non solo soffra di emicrania, ma voglia far venire anche agli altri il mal di test.

Venditore Il suo gioco di parole lo trovo ridicolo.

Contestatore – Mai quanto il suo. Rida, rida, rida pure. Intanto, non potendo acculturarla richiamando la storia dell’educazione aggiornata ad oggi in prospettiva futura, mi limiterò a qualche citazione recente.

Venditore Ma non capisce che nella realtà odierna, invece di pretendere che si sappia tutto, c’è bisogno di accertare le sole competenze? E competenti sulle competenze siamo solo noi venditori. Le offro in prova questi test per testare. Sono gratuiti. Alle spese ci pensa lo Stato.

Contestatore –  Egregio rivendugliolo, si sa che ogni pubblicità esalta il proprio prodotto per interesse. A me non piace acquistare a scatola chiusa. Andiamo a verificare. Cominciamo da qualcosa che riguarda anche ANVUR.  Sul Corriere della Sera  dell’11 agosto 2019 Giovanni Lo Storto, Direttore Generale della LUISS  Guido Carli di Roma, nell’articolo intitolato La lezione dei nostri figli: mai smettere d’imparare dichiara senza remore che occorre “ripensare i criteri di valutazione dei nostri ragazzi”, perché “il voto secco non basta da  solo, non ci racconta la persona intera, oltre al compito assegnato”.    E sul medesimo quotidiano il 13 agosto 2019 nell’articolo intitolato Se i sogni di un laureato si  infrangono su un test Giulio Naria, Neurochirurgo e Docente universitario, sottolinea l’importanza del Qe (quoziente emotivo) rispetto al Qi (quoziente intellettivo). Egli scrive fra l’altro: “Oggi si è valutati da un computer, una forma di intelligenza artificiale che utilizza straordinari algoritmi ma che non parla con uno studente, non si emoziona e non sa valutare le sue emozioni, ma soprattutto non avrà mai quello che si chiama buon senso, cioè l’insieme di tutti i big data cognitivi ed emozionali che ogni singolo docente ha incamerato nel corso della sua vita professionale e che possiamo chiamare esperienza […] Un semplice esame con dei quiz generici non può parlarci di sogni, di emozioni, di predisposizione e amore verso una disciplina”.

VenditoreNon si preoccupi, ribelle e  sovversivo e  aspirante guerrigliero  che non è altro,  Siamo pronti a misurare anche le personalità dei discenti. Ci saranno per questo apposite indagini OCSE-Invalsi (SES – Study of Social and Emotional Skills  e LSEC – Longitudinal  study of Socio-Enotional skills in the Cities). Ne ha dato notizia Rossella Latempa su ROARS – Return on Academic Research. A dire il vero, su orizzontescuola.it Anna Angelucci si dice fortemente preoccupata di questa iniziativa. Ma perché poi? Noi mercanti vogliamo governare gli individui come ci pare e piace e non dobbiamo renderne conto a nessuno. Ci pagano appunto per questo. Vadano a leggersi lei e i suoi patetici complici ribellistici il fondamentale rapporto Skills for Social Progress – The Power of Social and Emotional Skills su oecd.org. Vedrà come ci proponiamo di addomesticare l’intera umanità, sottomettendola al nostro esclusivo potere.

Contestatore – Insomma lei e i suoi cari siete arrivati alla stadio dello scienziato pazzo. Vorrebbe misurare anche me? Perché non  si fa misurare lei? Quos Iuppiter vult perdere, dementat prius.

Venditore –  Con le nostre misurazioni saremo padroni del mondo!

ContestatoreMisurerete anche i sogni?

Venditore – I sogni no. Che ce ne facciamo? Noi  commercianti dobbiamo essere concreti. Ciò che conta è il profitto. In vista del profitto abbiamo bisogno di gente addestrata. E l’addestramento ce lo garantiscono i quiz. Ha presente, rompiscatole di un contestatore, quei quiz televisivi in cui i concorrenti gareggiano per vincere cospicue somme? Così è nella competizione economica in questo mondo globalizzato. E così deve essere nella scuola. Altrimenti la crescita ce la scordiamo e noi tutti andiamo a finire con le pezze nelle natiche.

ContestatoreCapisco. I mercanti disprezzano persone come Martha C, Nussbaum, autrice di Not for Profit: Why Democracy Needs the Humanities, Princeton University Press, Princeton, 2010 (traduzione italiana Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Il Mulino, 2011).

VenditoreBasta con codeste citazioni, che mi innervosiscono. Mi sembra di averle sentito dire che si propone di entrare nel merito dei test. Ci sarà da ridere. Quando si decide a farlo?

(continua)

Autore

  • Biagio Scognamiglio

    Biagio Scognamiglio (Messina 1943). Allievo di Salvatore Battaglia e Vittorio Russo. Già docente di Latino e Greco e Italiano e Latino nei Licei, poi Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ha pubblicato fra l’altro L’Ispettore. Problemi di cambiamento e verifica dell’attività educativa.

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    Ichino e Galli della Loggia , anche se da posizioni diverse, hanno sollevato la questione: il primo sull’Invalsi, il secondo sulla selettività della scuola. Vorrei apprezzare la bontà delle parole dell’articolo. Le dita di una mano andrebbero contate anche in inglese per evitare dimenticanze delle tabelline. E’ una banalità che il nord è rigoroso e il sud lassista: sono competenze da mixare. Non ho capito se l’insulto è dumb o manicheo. Gli esami del sangue sono responsi oracolari fino a quando ai test di medicina chiederanno Madame Tussand. Oppure fa tristezza il fatto della sacher tort?
    Infine, perché un gioco di parole è ridicolo? L’asino che vola ci rimanda al paradosso di s. Anselmo, che era più interessato ai soldi che aveva in tasca. Ma è anche una prestigiosa rivista progressista di inizio 1900. Martha Naussbaum, se dovesse ritenere di dover dare dell’asino a qualcuno, dovrebbe tener conto di questa realtà.

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