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Che cosa ha fatto male alla scuola italiana

Che cosa ha fatto male alla scuola italiana: una lista (ridotta ) degli eccessi patiti.

[…] Autonomia, riordino dei cicli e riforme globali, come la legge 107/2015, hanno sofferto di una esagerata e ingombrante inflazione normativa di per sé portatrice di elevata incoerenza interna… si è ecceduto:

  1. nell’indebolimento dell’amministrazione dello Stato come depositaria della conoscenza e del controllo del sistema e del suo funzionamento;
  2. nella distruzione del corpo ispettivo, anche come rappresentatività della più elevata professionalità docente;
  3. nella politica dei dirigenti scolastici, ovvero della prevaricazione della gestione formale e economica, sulle finalità educative. In effetti, una rottura della trama vitale del vivere la scuola e una profonda lacerazione tra l’ambito delle scelte didattiche e valutative, rimaste affidate ad un residuo di democrazia partecipativa e collegiale (consigli di classe, collegio dei docenti) e l’area delle decisioni di gestione e di rendicontazione, asservite alla logica del managerismo e degli staff direttivi.
  4. nel disordine dei Riordini dei cicli scolastici e nella svalutazione di ciò che dà la scuola rispetto ad altri selettori, università comprese, del merito;
  5. nelle invenzioni di percorsi abilitanti quali  SSIS, TFA, FIT, PAS, 24 CFU che hanno svilito e impoverito la figura e la professionalità del docente;
  6. nella proliferazione degli interessi degli enti e agenzie esterne, non ultimo l’Invalsi, l’imprenditoria, l’economia, il sindacato. Paradossalmente alla centralità dell’alunno e della filosofia dell’educazione si è sostituita la centralità delle figure di sistema e la filosofia dell’economia aziendale.

Tante contraddizioni hanno reso il sistema scolastico a-centrato, instabile, incoerente, disunito, pervaso da disparità, contrapposizioni, attriti e, sembra strano, per lo più sconosciuto in tutto quello che avviene nelle aule.

Che fare?

Occorre riequilibrare: legiferare di meno e conoscere meglio, al di là delle statistiche numeriche, la realtà degli ambienti scolastici e delle persone che vi lavorano. Occorre arginare la sfrenata moda delle novità “social” di chi procede senza storia perchè non la conosce. E la scuola è soprattutto una storia.

Occorre frenare la proliferazione degli insegnamenti, sia anche l’educazione civica, e puntare alla scuola, alla singola istituzione scolastica, come modello di comportamenti, ambiente di “teste ben fatte” educate e educanti a vivere, per quanto possibile, la complessità, la rapidità, l’inaspettato che i giorni del XXI secolo continuamente presentano. [Da: E. Ambrisi, Dalla caduta del muro di Berlino trent’anni di storia, matematica e scuola]

 

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