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L’esproprio della valutazione

Esami di Stato 2023: la Griglia di valutazione della prova orale imposta alle Commissioni d’esame dal Ministero.

L’Allegato A all’O.M. 45/2023 concernente l’Esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione per l’anno scolastico 2022/2023 contiene la Griglia di valutazione della prova orale. Si può supporre che il competente Ministero intenda assicurare in tal modo uniformità di giudizi sul territorio nazionale, non ritenendo i commissari d’esame capaci di fornire corrette valutazioni in assenza di tale strumento. Da ciò deriva che i docenti, nell’attenersi alla griglia, risultano espropriati della facoltà di valutare. Facoltà che, strettamente collegata alla libertà di insegnamento, non può non avvalersi dell’intuizione, mediante la quale viene valorizzata la persona del candidato nella sua integrità, laddove questi come persona diventa altrimenti semplice oggetto di una procedura dal carattere burocratico.

L’imperativo docimologico ministeriale impone alla Commissione esaminatrice di assegnare alla prova orale fino a un massimo di venti punti con riferimento a indicatori, livelli, descrittori e punteggi come indicati in dettaglio. È evidente che si vuole in tal modo perseguire una sorta di oggettività, destinata peraltro a restare ipotetica al punto di risultare  aleatoria.

Infatti la griglia è intrinsecamente viziata da una terminologia confusionaria e da uno schematismo deterministico. Nello stesso tempo essa assume un sentore mitologico, in quanto richiama alla mente il leggendario brigante avvezzo a dimensionare i viandanti secondo la misura di un letto ove li teneva   distesi, stirandoli o amputandoli in ragione della loro minore o maggiore statura. Una garanzia di uniformità mediante un metro comune di valutazione non viene affatto assicurata. Il tutto rimane arbitrario.

Qui non è la valutazione a doversi adattare all’allievo, ma è l’allievo a dover essere adattato alla valutazione, che finisce col risultare cervellotica.

Per quanto riguarda la formazione del punteggio finale, non si comprende il perché delle frazioni di punto che concorrono a determinarlo e delle oscillazioni all’interno di esse. Per quanto riguarda i descrittori, ciascuno di essi si riferisce a uno dei cinque indicatori e si articola in cinque livelli. La procedura da seguire, concepita in funzione di tale preconcetto schema numerico, risulta farraginosa e dispersiva, dal momento che le differenze fra i livelli, come anche fra gli indicatori, in diversi casi si palesano ambigue, irrilevanti o tautologiche, come un’attenta riflessione può far notare e come sarebbe agevole dimostrare.

In definitiva, non si può fare a meno di ritenere che esaminatori ed esaminati in forza dell’allegato in discorso siano costretti a distendersi non sul mitico letto, ma sulla reale griglia di un nuovo Procuste.

Scrive fra l’altro Raimondo Giunta in La valutazione esatta e quella giusta. Per una critica della docimologia:   

“La tentazione delle scienze dell’educazione è quella di dirigere il lavoro scolastico e non di servirlo, di proporre la propria strumentalità in finalità di tutto il processo di formazione. Questo succede in modo evidente con la docimologia, per lo spazio egemonico assegnato alla valutazione nell’intero sistema di istruzione; senza adeguate garanzie e tutele rischia di essere la vera regista di tutto il sistema di istruzione. […] La valutazione può essere scientificamente smaliziata, più o meno tollerante e aperta, ma spesso è praticata in via esclusiva per individuare ed esaltare le competenze professionali e le attitudini sociali che si ritengono conformi a scopi che non elabora la pedagogia, ma l’amministrazione; che non sono frutto di ricerche e di dibattiti teorici, ma di scontri e di rapporti di forza politico-sociali.”

Di qui sorgono domande cruciali per la sorte della scuola militante.

Perché ad elaborare i criteri di valutazione deve essere l’amministrazione e non il corpo docente, che è il depositario della pedagogia? Perché si mutila la libertà d’insegnamento, che per essere tale necessita anche della libertà di valutare? Perché non ci si decide una buona volta ad ascoltare chi opera nella realtà quotidiana sul campo piuttosto che sconsiderati consiglieri celati nelle remote sfere?

 

 

Autore

  • Biagio Scognamiglio

    Biagio Scognamiglio (Messina 1943). Allievo di Salvatore Battaglia e Vittorio Russo. Già docente di Latino e Greco e Italiano e Latino nei Licei, poi Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ha pubblicato fra l’altro L’Ispettore. Problemi di cambiamento e verifica dell’attività educativa.

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