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Confessioni di un docente di matematica e fisica.

Esami di Stato. Elaborato di matematica e fisica. Le confessioni di un docente: come ho lavorato, cosa ho imparato e cosa hanno imparato i miei studenti.

1. Preparazione delle tracce, invio e assistenza agli studenti

Presi la decisione di assegnare tracce diverse, una per ciascuno studente, non tanto per impedire  l’effetto “ciclostile”, pressoché inevitabile, ma soprattutto per sfruttare l’opportunità di attuare delle verifiche personalizzate. In tal modo ciascuno degli studenti ha avuto l’occasione di dare quel che ha potuto. Naturalmente in ciascuna verifica ci dovevano essere uno o più punti di difficoltà adeguati al livello dello studente, per non appiattire le performance verso l’alto.

Tutto questo ha fatto sì che per preparare le tracce abbia dovuto lavorare ben tre giorni per contemperare tutte le esigenze sopra espresse, tagliando, cucendo, e adattando le idee che, a mano a mano, mi venivano. Credo di avere avuto un vantaggio perché, per motivi professionali, mi ero già dedicato alla stesura di problemi misti di Matematica e Fisica. Altrimenti credo che avrei impiegato il doppio del tempo. Come siano andate realmente le cose con gli studenti lo vedremo nel prossimo paragrafo.

Naturalmente il lavoro non è finito qui, perché ho impaginato le tracce con il logo della mia Istituzione Scolastica e l’intestazione della Commissione. Inoltre ho inviato singolarmente a ogni studente la propria traccia. In buona sostanza si è trattato di un altro pomeriggio di lavoro.

Quindi ho costantemente interagito con gli studenti per fornire loro i necessari chiarimenti inerenti le richieste delle tracce, con qualche suggerimento sul taglio da dare all’elaborato.

In conclusione ho svolto un gran lavoro, ben maggiore di quello del “solito” Esame di Stato. Onestamente devo riconoscere che uno dei punti di debolezza del processo è stata la scarsa interazione tra me e l’insegnante di Fisica. In pratica la giovane collega si è affidata in toto a me per la stesura degli elaborati. Ho il rammarico di non avere insistito nel richiedere la sua collaborazione perché di sicuro lei aveva il polso della situazione in Fisica migliore del mio. D’altra parte dal lavoro in team scaturiscono sempre prodotti migliori.

2. Risposta degli studenti

Gli atteggiamenti e i risultati degli studenti sono stati variegati.

Ciò che ha accomunato la massima parte di loro è di non essere andati con lo studio nemmeno un po’ al di là delle richieste. Alcuni esempi:

  • per risolvere un problema era richiesta una integrazione per parti di una determinata funzione; alla domanda di integrare una funzione appena modificata, spesso non è stata data una risposta o la risposta era scorretta; stessa cosa per il calcolo di derivate
  • quando ho chiesto agli studenti di ricavare da una delle equazioni di Maxwell il campo elettrico o magnetico di determinate configurazioni di cariche o correnti, la domanda è rimasta inevasa
  • spesso si parlava di grandezze fisiche o di concetti matematici senza avere ripassato le nozioni basilari collegate

Una buona parte degli studenti è stata onesta e ha lavorato in proprio, arrivando talora a non svolgere un punto “difficile” dell’elaborato.  È Evidente che questi studenti non si sono avvalsi di “manine” terze.

Diverso il discorso per altri in cui è parso evidente l’intervento di terzi, talvolta non proprio competentissimi, attraverso l’uso di notazioni (non proprio ortodosse) e punti di vista eccentrici rispetto al mio personale canone, che ho cercato di comunicare durante la mia attività. Visto che si trattava di studenti non eccellenti, la deduzione dell’intervento di un terzo è stata pressoché obbligata.

Tranne una sparuta minoranza di studenti, quasi tutti si sono limitati alle consegne richieste senza cercare di legare i vari argomenti con un filo conduttore, benché ampiamente suggerito nella traccia.

Infine un gruppo di studenti minoritario ha steso un ottimo elaborato e sostenuto brillantemente il colloquio di discussione dell’elaborato. Quasi tutti avevano un credito altissimo e hanno poi proseguito brillantemente l’intero colloquio conseguendo, se non il massimo dei voti, punteggi assai vicini. Insomma per loro ha poco importato la modalità light dell’Esame di Stato 2019/20.

3. Cosa resterà di questo Esame di Stato 2019/20?

Sopra parlavo di opportunità da cogliere per questo particolare Esame.

Voglio pensare positivo e credere che le opportunità siano state colte. Da parte mia ho sperimentato obtorto collo sia in DaD che per l’elaborato nuove modalità di verifica e questo non può che avere arricchito il mio bagaglio culturale e professionale.

Per quanto riguarda la Commissione credo che abbiamo tutti imparato il rispetto dei tempi, peraltro imposti dal protocollo di sicurezza, e ad evitare inutili fronzoli e arzigogoli. Ho memoria in altri anni di colloqui di candidati che duravano uno sproposito senza succo alcuno in cui si mestava e rimestava sempre sulle stesse cose.

Per quanto riguarda gli studenti, al netto degli opportunismi che si verificano sempre anche nella versione “standard” degli esami di Stato, mi ha favorevolmente impressionato comunque l’onestà intellettuale dei tanti che hanno lavorato da soli. Spero per loro, data l’inevitabile generosità dovuta ai punti di bonus sottosoglia e al credito di ammissione ipertrofico, che non siano marchiati come diplomati covid.

Va da sé che l’esperienza di quest’anno appare irripetibile. Per sua natura un Esame di Stato per definizione, visto che consegna un titolo dal valore legale sul territorio UE, deve essere unico per indirizzo e quindi le tracce non possono che essere uniche per tutti.

L’insegnamento che si trae da questa esperienza può essere quello di assegnare temi con determinati gradi di libertà, per valutare come il candidato riesca a organizzare le sue conoscenze e a mobilitare le sue competenze per applicarle a problemi affidati alla sua libera iniziativa.

Le tracce assegnate da Giusepe Ariano

 

Autore

  • Giuseppe Ariano

    Giuseppe Ariano, laureato in Matematica, indirizzo Applicativo, all'Università di Bari a pieni voti, ha conseguito due Master in Didattica della Matematica. Attualmente è titolare della cattedra di matematica e fisica all'ISISS "Fiani-Leccisotti" di Torremaggiore.

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    Giuseppe Ariano scrive che ha assegnato prove personalizzate “soprattutto per sfruttare l’opportunità di attuare delle verifiche personalizzate”. In effetti mi pare che li abbia valutati in partenza.
    Infatti, secondo lui “In tal modo ciascuno degli studenti ha avuto l’occasione di dare quel che ha potuto”. A me questo mi appare un atteggiamento da classico docente padreterno che sa tutto e ha capito tutto. Pensa di sapere tutto dei suoi alunni e sa per ciascuno quali punti erano difficoltosi e sa come escogitarli e formularli. Perchè poi? “Per non appiattire le performance verso l’alto”. Cioè sa quanto ciascuno vale!
    Con tutto questo però, pare sorprendersi di aver avuto studenti onesti che non si sono avvalsi di “manine” terze. Quindi forse non li conosceva affatto oppure muoveva dal presupposto di conoscerli così bene da sapere quale traccia assegnare a ciascuno. La scelta mi appare molto contraddittoria più tesa a glorificare se stesso che mettersi al servizio degli alunni. Cioè non discriminarli già in partenza, uno può fare questo e questo e l’altro questo e quest’altro e così via. Insomma come già nel caso della prof.ssa Di Bernardo mi pare di cogliere più i limiti e difficoltà d’insegnamento che difficoltà di apprendimento. Che cos’è che è facile e difficile pare che i docenti lo sappiano bene ma solo loro.
    Alla fine poi Giuseppe Ariano conclude dicendo che: L’insegnamento che si trae da questa esperienza può essere quello di assegnare temi con determinati gradi di libertà, per valutare come il candidato riesca a organizzare le sue conoscenze e a mobilitare le sue competenze per applicarle a problemi affidati alla sua libera iniziativa.” Che significa? che si è ricreduto e che ha sbagliato?

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