Lo spazio come insieme di punti: considerazioni critiche. Da: Matematica Logico Intuitiva di Bruno De Finetti (1959).
Finalmente introducendo la nozione di ortogonalità o quella equivalente di lunghezza si giunge al sottogruppo delle similitudini o addirittura ( fissando l’unità di misura) dei movimenti rigidi, completando così la costruzione della geometria metrica, ossia dell’usuale geometria. Naturalmente queste tappe non sono le uniche possibili ( basti accennare alla geometria algebrica, che corrisponde alla considerazione di trasformazioni algebriche, ecc.), né è univoco neppure l’ordine di successione (basti accennare che si può introdurre la distanza o l’ortogonalità prima del parallelismo – e sono allora possibili le ‘geometrie non euclidee’- o addirittura prima della nozione di retta- e si studiano ad es. le superfici considerandole come veli flessibili inestensibili – ecc. ecc.). Ciò rileviamo solo per far vedere che anche qui il pensiero ha da seguire una via né obbligata né arbitraria, ma ispirata a criteri di appropriatezza allo scopo; l’adeguatezza della via seguita ai nostri scopi dipende ad es. dal fatto che la nozione di sistema lineare è la base per tutte le applicazioni ( in particolare statistiche, economiche, ecc.), e ad essa conveniva ricollegarsi per mostrare come la geometria metrica e quella proiettiva derivino dalla geometria affine dei sistemi o spazi lineari per l’aggiunta o rispettivamente per l’abbandono di qualche elemento della rappresentazione, aggiunta o abbandono richiesti o suggeriti da particolarità insite nell’impostazione dei singoli problemi.
Basandosi su concetti strettamente aderenti alle nominate applicazioni, si ha inoltre il vantaggio di far apparire in tutta la sua naturalezza l’estensione delle nozioni geometriche al caso di un numero qualsiasi di dimensioni: la mancanza della diretta intuizione visiva nell’andare oltre le tre dimensioni non è da tale punto di vista un ostacolo meno esteriore e contingente di quanto la mancanza delle dita nell’estendere la definizione di numero oltre il dieci. Ma al di là di tutti gli aspetti più o meno strettamente attinenti alla trattazione geometrica ve n’è uno di carattere ancor più generale che merita di venir particolarmente meditato: l’utilità di analizzare i presupposti di una teoria scomponendoli in ipotesi o gruppi d’ipotesi indipendenti o successive e vagliando la portata di ciascuna di esse attraverso l’esame delle conseguenze che provoca la sua introduzione, sia isolatamente, sia in aggiunta ad altre o gruppi di altre. Tale utilità non è minore di ogni altro campo, e si avrà un decisivo progresso nella visione di tali problemi il giorno in cui sarà generalizzato e diffuso l’abito mentale ispirato a criteri del genere. E’ sommamente esiziale per le possibilità di ragionare l’affastellamento e l’ingorgo di premesse che si ha quando le si introducano o presuppongano tutte d’un colpo fin dall’inizio. Ci si crea infatti in tal modo le stesse difficoltà che si incontrerebbero pretendendo di rendersi conto del funzionamento di un meccanismo complesso senza smontarlo e ricostruirlo.
E altrettanto facili e radicali possono divenire gli abbagli. Trattazioni che si appoggiano a complessi di ammissioni e di presupposti, peggio se eterogenei e in parte impliciti o addirittura sottintesi, si trovano in questa situazione: si pensi ad esempio all’economia, che ha il compito di studiare e teorizzare problemi intricati la cui soluzione può avere ripercussioni essenziali per la vita di tutti. E il più utile fra tutti i risultati che questo cenno introduttivo alla geometria analitica vorrebbe prefiggersi consiste proprio nel persuadere della necessità di affrontare e approfondire anche in questo campo l’analisi critica dei concetti e principi secondo l’indirizzo illustrato, il solo che guidi a sceverare se e entro quali limiti e sotto quali condizioni i singoli diversi elementi delle diverse dottrine e forme e istituzioni economiche risultino ammissibili e favorevoli per il conseguimento di un migliore avvenire. Ed ora risulta facile da chiarire con una opportuna osservazione esemplificativa, il motivo della preminenza assegnata nel presente corso all’analisi concettuale rispetto agli aspetti formali.
Se nello studio e nell’esame di una pubblicazione di argomento economico o statistico uno studioso di tali o affini discipline incontra delle difficoltà di natura strettamente analitica ( p. es. non ricorda come si risolva una certa equazione o si calcoli un certo integrale) sarà poco male se dovrà rivolgersi a un conoscente più versato in matematica o, magari se sorvolerà sui passaggi ammettendo fino a prova contraria che l’autore non li avrà sbagliati. Sarebbe invece imperdonabile e irrimediabile che egli non fosse in grado di esprimere un’opinione sicura, sulla parte di sua specifica competenza. Sulla sensatezza dell’impostazione, sulla sua rispondenza al problema trattato, sulla maggiore o minore aderenza alle proprie opinioni personali, sulle varianti, obiezioni, sviluppi cui potrebbe dar luogo, e così di seguito. Perciò bisogna che ciascuno si curi in primo luogo di apprendere dalla matematica quegli elementi insostituibili di pensiero, che occorrono per penetrare e padroneggiare l’essenza dei problemi nel suo proprio campo di studi e attività.
Di fronte a tale esigenza diviene subordinata, seppure non proprio secondaria quella di apprendere anche a maneggiare personalmente formule e calcoli, il cui stesso valore istruttivo e formativo dipende a sua volta dal saperli fondere in una concezione ben assimilata e bene innestata a quella delle proprie discipline preferite e alle proprie abituali attività di ragionamento, di meditazione, di immaginazione.Bruno de Finetti, Matematica logico intuitiva - 1959
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