Nel 2007 al MPI Edoardo Vesentini fu il presidente del comitato scientifico dei matematici .
Lo scorso 28 marzo, l’Università di Pisa e la Scuola Normale Superiore sono stati tra i primi ad annunciarne la morte. “Pisa perde uno dei suoi più insigni matematici”: Edoardo Vesentini. L’Ateneo, in lutto, ne ha ricordato “i molti meriti e ruoli scientifici, accademici, amministrativi e civili”. I professori Carlo Petronio e Marco Abate, a lui vicini, hanno testimoniato lo speciale rapporto, intellettuale e umano, con il Maestro.
Per chi si occupa di scuola, il nome di Edoardo Vesentini evoca, oltre al grande matematico e ai notevoli contributi all’insegnamento della matematica – tra l’altro, la presentazione della traduzione italiana dell’Analisi di Tom Apostol -, un avvenimento molto particolare della sua storia. Un’altra emergenza vissuta. Qualcosa ovviamente che non ha nulla a che fare con l’emergenza del Covid-19 che si sta vivendo. Decisamente un’emergenza diversa, per una parte anche presunta e costruita, che il sistema scolastico si trovò ad affrontare. Si trattava dell’emergenza formativa in matematica.
«Il Ministro Giuseppe Fioroni – recitava il comunicato stampa del MPI [poi MIUR e, dal dicembre 2019, solo MI] – ha convocato per domani, 7 novembre, alle ore 12.00 al Ministero della Pubblica Istruzione (Viale Trastevere 76/a) nel Salone dei Ministri, la prima riunione del Comitato Scientifico dei Matematici. Il Comitato avrà il compito di definire le iniziative da intraprendere per contrastare quella che Fioroni ha definito “emergenza matematica”».
Era il 2007. Ma se ne discuteva da tempo.
Dal 2000 l’opinione pubblica era investita dai giornali con titoli ingenerosi e smisurati: “studenti asini in matematica” e “la matematica bestia nera degli italiani”. Preoccuparsi degli apprendimenti degli studenti in matematica era divenuto un problema politico nazionale. In ogni caso di grande presa mediatica.
In quell’anno 2007, il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, ne parlò finanche nella sua relazione annuale di fine maggio. Aveva concluso che sviluppo del Paese e divari territoriali di occupazione e sviluppo, la stessa democrazia vissuta, dipendevano in misura notevole dai livelli di conoscenze acquisite dagli studenti e in particolare nella matematica.
Ad aggiungere sale alla già forte attenzione politica, intervennero anche i debiti formativi. Il Sistema Informativo del Ministero, oramai pienamente operativo, rivelò che nella scuola secondaria di secondo grado la metà degli alunni ammessi con debito alla classe successiva risultava avere un debito in matematica. Il risultato non era una grossa novità. E non destava sorpresa in chi conosceva la scuola. Ancor prima dell’istituzione del debito, quando cioè esistevano gli esami di riparazione, le classi in cui i promossi a giugno erano solo due o tre erano tantissime. Tantissimi dunque gli studenti che dovevano recuperare a settembre. E tanti e validi i criteri che determinavano quelle valutazioni delle scuole che hanno fatto crescere i giovani. Comunque, la circolare ministeriale sui debiti del 2007 interpretò il risultato inserendosi nel solco delle preoccupazioni dominanti e nella calda tematica delle disparità territoriali. Essa recitava:
“La matematica unisce in ignoranza l’Italia da Nord (44,8% degli studenti con debito) a Sud (43,2%) passando per il Centro (44,4%) e le isole (43,9%) e accomuna trasversalmente gli indirizzi di ogni ordine e grado, in una forchetta che va dal 51,6% dello scientifico al 41,2% dei professionali.”
La matematica dunque problema di tutti. Problema della scuola e del Paese.
Ecco allora la costituzione del Comitato tecnico-scientifico nazionale per la matematica per studiare il problema e indicare cosa fare rispetto alle questioni che si ponevano. A far parte del Comitato il ministro Fioroni chiamò una trentina di esperti fra accademici, ispettori, docenti secondari. La presidenza la affidò appunto a Edoardo Vesentini, tra i più autorevoli matematici italiani. Già presidente dell’Accademia dei Lincei e Rettore della Normale di Pisa e già senatore della Repubblica.
Il Comitato andò avanti proprio grazie alla personalità di Vesentini, al suo carisma personale. Ma tante erano le divergenze e le incomprensioni! Un documento di sintesi fu anche portato all’approvazione collegiale. Iniziava con una frase che sostanzialmente è quella si trova ripresa nelle Indicazioni Nazionali del 2010:
“Al termine del percorso [di studio] lo studente conoscerà i concetti e i metodi elementari della matematica.”
Una frase che già in seno al comitato aveva destato qualche giusta perplessità.
Era stato fatto notare, infatti, che quel conoscere “i concetti e i metodi elementari della matematica” poteva significare che si sapesse quali fossero. E dunque che il Comitato avesse provveduto a stilarne la lista dettagliata. La frase fu lasciata per l’intervento di altri cattedratici. Edoardo Vesentini manifestò con garbo che era d’accordo con il rilievo.
Con quel documento, l’esperienza del Comitato terminò. Avrebbe potuto continuare, insistere per assolvere pienamente al compito. Oggi si può dire che fu una grande occasione persa e che tanti furono i motivi a vanificarla, non escluso l’acceso individualismo dei matematici in fatto d’insegnamento. Si è scritto altrove: «È la natura stessa della matematica ad enfatizzare l’individualismo: come scienza eminentemente collettiva concede a chiunque la insegni, con impegno e passione, di sentirsi nelle condizioni di trasmettere la “sua” matematica e in un modo che non ammette alternative. »
Recentemente Cedric Villani, medaglia Fields 2010, incaricato dal governo francese, ha fatto una proposta analoga. Sarebbe il caso di riprenderla anche da noi in Italia. Un comitato nazionale dei matematici potrebbe lavorare per migliorare l’apprendimento e migliorare anche l’ambiente matematico, avendo una nuova occasione di ritrovarsi insieme per ragionare in armonia: Calculemus!
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