A dicembre scorso, volevano sopprimerlo o trasformarlo … e adesso?
Dopo la presentazione della hit parade dei “suoi” risultati, magnificati dal palcoscenico delle aule parlamentari, che cosa si stabilirà per l’Invalsi?
Il 12 dicembre 2018 il Consiglio dei Ministri approvò un DDL che la stampa pubblicizzò come volontà governativa di sopprimere l’Ente o trasformarlo in un ufficio del MIUR.
Pare che la questione sia stata ripresa qualche giorno fa. Dal 2 luglio figura all’odg dei lavori della Camera dei Deputati insieme ai documenti di studio riguardanti la generale disciplina degli enti di ricerca. [Documento del 24 maggio u.s.]
Non pare però che ci sia chiarezza su che cosa fare, nè aiutano le dichiarazioni del Ministro Bussetti.
Quello che è certo è che dal 23 luglio inizierà la distribuzione delle Certificazioni INVALSI per gli studenti dell’ultimo anno della scuola secondaria di II grado previste dal Dlgs 62/2017, art. 21 comma 2 che recita:
“Al diploma è allegato il curriculum della studentessa e dello studente, in cui sono riportate le discipline ricomprese nel piano degli studi con l’indicazione del monte ore complessivo destinato a ciascuna di esse. In una specifica sezione sono indicati, in forma descrittiva, i livelli di apprendimento conseguiti nelle prove scritte a carattere nazionale di cui all’articolo 19, distintamente per ciascuna delle discipline oggetto di rilevazione e la certificazione sulle abilità di comprensione e uso della lingua inglese.”
La scuola sminuita nella sua funzione dal mondo del Lavoro e dalle Università.
Chissà che il mondo del lavoro e delle Università non decida subito di tenerne conto per affossare ancor di più la maturità e il valore del voto che vi si consegue. Quest’ultimo, ancorché determinato a seguito di prove nazionali, dell’operato dei consigli di classe lungo cinque anni di studio e del giudizio di una commissione di sette membri, non vale a niente. Sarà così definitivamente acclarato che ciò che si fa a scuola non conta!
Alla certezza della novità delle certificazioni Invalsi per gli studenti che hanno concluso il loro percorso di scuola secondaria superiore se ne aggiunge un’altra. Infatti, il prossimo anno, le prove Invalsi costituiranno il requisito primario per l’ammissione agli esami di maturità.
A tal proposito, il Decreto Legge n.91 del 25 luglio 2018, denominato decreto milleproroghe, all’art. 6, intervenne sull’obbligatorietà delle prove ma differendola solo di un anno, dal 2018/2019 al 2019/2020:
“Il termine di entrata in vigore dell’articolo 13, comma 2, lettera b), e dell’articolo 14, comma 3, sesto periodo, limitatamente al sostenimento della prova a carattere nazionale predisposta dall’INVALSI, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n.62, e’ differito dal 1° settembre 2018 al 1° settembre 2019.”
Il gioco è sulla forbice culturale tra Nord e Sud?
In base a tale obbligatorietà delle prove, peraltro già responsabilmente osservata anche senza la minaccia della non ammissione agli esami, l’ex ministra Valeria Fedeli non avrebbe potuto dire, come in effetti ha detto: “La partecipazione così alta da parte delle studentesse e degli studenti vuol dire che il lavoro fatto negli anni è servito”. A cosa è servito? La ministra Fedeli, lo sa? Ha un elenco dei servizi che l’Invalsi ha reso alla scuola, allo studio, al Paese?
Non si accorge l’ex Ministra che se l’Invalsi avesse operato bene contribuendo, com’era suo compito, a rendere univoco ciò che per legge deve essere insegnato e appreso, forse le disuguaglianze territoriali si sarebbero attenuate? Se avesse minimamente contribuito a fare in modo che le scuole, i docenti, gli studenti, le famiglie dell’intero territorio nazionale, fossero messi nelle condizioni di conoscere in modo inequivocabile, come le norme, dal D.P.R. 275/1999 in poi, prescrivono, quali sono i traguardi dell’azione didattica e dell’impegno di studio, allora le cose sarebbero certamente diverse?
L’Invalsi in questi anni ha negato e tradito questo ruolo di sostegno.
Anzi, si è addirittura posto, in particolare per la matematica, come la guida didattica della Nazione. Al momento appare, con i suoi esperti matematici, l’unico a sapere che cosa insegnare, come insegnarlo, come accertarne l’apprendimento e come valutarlo graduandolo in livelli progressivi di comprensione e acquisizione di conoscenze e competenze.
La testa dei giovani formata ad immagine e somiglianza di quella mal fatta dell’Invalsi?
L’Invalsi a questa esclusività ne aggiunge un’altra pericolosissima: il convincimento che le sue prove (di cui rilascia solo alcuni prototipi) misurino “la capacità degli allievi di ragionare con la propria testa. Di produrre, anziché riprodurre. Perché è questo che nella vita come nel lavoro dovranno saper fare. C’è dunque un Invalsi che ha scoperto il “retto ragionare”, ne conosce la ricetta, non la divulga, ma la sta applicando. Sì che tutti sappiano ragionare “con la propria testa” cioè con la testa dell’Invalsi. Una testa mal fatta! Ecco la rovina!
COMMENTS
Ritengo i test invalsi la misurazione più obiettiva della preparazione della popolazione studentesca. Purtroppo risulta un dato di fatto la mancanza di una preparazione matematica di tipo astratto, mentre l’uso della lingua italiana è un optional che si perde quando scatta la connessione con il cervello.