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Speciale tavola rotonda su Dante politico.

Alla speciale tavola rotonda su Dante politico molti i partecipanti. Anche Beatrice e lo stesso Dante.

dantedì by marcello ambrisi

Il giorno di Dante

Dal 2020 il 25 marzo è su scala internazionale il Dante Day. Detto con amor patrio Dantedì da un’idea del linguista Francesco Sabatini. Giorno da dedicare ogni anno a Dante su proposta di Paolo Di Stefano.

Per  l’occasione abbiamo allestito una tavola rotonda telematica su Dante. Si sono riunite volentieri persone lontane nel tempo. L’emergenza pandemica non le ha dissuase.

Nella Commedia  la politica è  il leitmotiv e ha una sua attualità. Su questo non tutti sono d’accordo. Gli intervenuti  si confrontano in proposito.

La schiera dei dantisti è sterminata. È stato inevitabile restringere gli inviti. Un sentito grazie ai convegnisti qui elencati secondo l’ordine degli interventi.

Publio Virgilio Marone, Francesco De Sanctis, Jürgen Moltmann, Salvatore Battaglia, Vittorio Russo, Giuseppe Ungaretti, Giosue Carducci, Gugliemo Gorni, Erasmo da Rotterdam, Tommaso Moro, Osip  Mandel’štam, Tommaso d’Aquino, Hans Kelsen, Giovanni Boccaccio, Ferdinand Gregorovius, Erich Auerbach, Karl Marx,  Niccolò Machiavelli, Papa Francesco, Walter Benjamin

Un grazie particolare a Dante e Beatrice per la loro partecipazione straordinaria.

Virgilio:

Grazie a Matmedia per l’accoglienza.  Siamo qui per il  – lo dico in latino –  Dies Dantis. Ma Dante non è con noi un solo giorno all’anno.  Lo è tutti i giorni. Fin da quando siamo infanti che  chiamano “mamma” e “babbo”. È stato lui a  insegnarci questo “parlar materno”. L’ho imparato anch’io. Ora trattiamo questo tema controverso. Dante politico.

 Dante:

Molti pensano a me come poeta soltanto. L’equivoco è dovuto a quel Benedetto Croce. Contrappose  struttura e poesia. Invece la politica, che rientra nella struttura, è un tutt’uno con la poesia. Il mio impegno politico risalta in tanti luoghi della Commedia oltre che nel Convivio, nel De Monarchia, nelle Epistole. Ancor oggi una politica corrotta dalla brama di lucro resta refrattaria al bene dell’umanità. È una cupidigia cieca. Ed io continuo a denunciarla. Sto per prorompere in un’invettiva contro questo bordello!

 Beatrice :

Dante, amore mio, ti prego, calmati.

 Virgilio:

Dante, ti richiamo alla ragione. Non tutta l’umanità è così. Cerchiamo ora di capire se sei attuale come politico.  Francesco Lamendola,  che si richiama a Paolo Brezzi, scrive: “Dante non è stato mai, essenzialmente, un pensatore politico o un filosofo della politica”. Secondo lui in te prevalse il misticismo.

Francesco De Sanctis :

Dante prese posizione contro una società corrotta. Il suo pensiero politico è cristiano-medioevale. Però la sua politica non è scienza pura. È un’appendice dell’etica. Chi non lo vede come politico non  ha tutti i torti.

 Jürgen Moltmann:

Non sono d’accordo. Dante giudica i suoi tempi da un punto di vista teologico e politico insieme. Per capirlo, c’è necessità di un’esegesi teologico-politico-storica. Dante è un teologo che si avvale dello ius poetarum riconosciuto ai poeti da Tommaso d’Aquino. Rimpiangeva un’età dell’oro. L’età della Firenze antica che “si stava in pace, sobria e pudica”. Si mise in politica. Vide perfino la Chiesa dei suoi tempi come una “puttana sciolta”. Dio era per lui il politico supremo in quanto supremo giudice. Il suo è un pensiero etico-politico.

Salvatore Battaglia:

L’impegno del nostro Dante è un impegno cristiano-medievale. Impegno della “persona” nel nuovo senso agostiniano. Solo che in Agostino predomina l’introspezione. Invece tu, Dante, rifletti sulle sorti dell’intera umanità. Di qui una visione soteriologica ed escatologica. Bisogna combattere perché si realizzi alla fine la salvezza.  Nel tuo pensiero domina l’antagonismo.

Vittorio Russo:

Dante, è così. Sei vivo fra noi per il tuo impegno antagonistico contro l’ingiustizia.  Sei un ribelle e per questo attuale. Ci spingi a condividere la tua utopia. Per te non era tale.  Era un progetto da realizzare. Combattere e sconfiggere  la corruzione. Questo è anche il nostro progetto. Il tuo stesso lottare contro.

Beatrice:

Concordo con Vittorio Russo. La vicenda ultraterrena del mio Dante è condivisa con me, con l’umanità intera, con Dio. Altrimenti, non mi avrebbe identificata con la teologia. Si sarebbe limitato ad amarmi come donna. In questo caso, perché mai avrebbe dovuto scrivere la Commedia?

Ungaretti:

Dante, perché hai scritto la Commedia?  Perché  volevi attestare e diffondere il valore supremo della giustizia. C’è una giustizia terrena e una giustizia divina. Dio ha dato all’essere umano il libero arbitrio. Lo ha reso responsabile delle sue scelte. Perciò lo premia per i suoi meriti o lo castiga per le sue colpe. Tutto questo ci fai sentire nella Commedia. Con “l’autorità della parola” che ti riconosce Francesco Flora. La “forza  incoativa” avvertita da Mario Luzi nel ritmo delle tue terzine.  La “poesia dell’intelligenza” vista in te da Umberto Eco.

Giosue Carducci:

La giustizia in Dante è strettamente legata alla religione, alla filosofia, alla morale, alla politica. Il suo pensiero è valido in ogni tempo, perché mira alla salvezza dell’intera umanità con all’interno la nostra “umile Italia”.

Guglielmo Gorni:

Dante, troppi elogi. Sei fin troppo santificato. D’accordo, in te la politica è stata una passione dominante. Ma vogliamo esaminare la realtà del tuo impegno politico? Non ti bastarono le scuole dei religiosi e le dispute dei filosofi. Nella tua Firenze ti iscrivesti all’Arte dei Medici e degli Speziali, condizione per entrare in politica. Partecipasti a diversi Consigli. A trentacinque anni fosti uno dei Priori. Avvenne la scissione fra Guelfi Bianchi e Guelfi Neri. Esponenti,  questi ultimi,  del ceto mercantile e bancario. Da Guelfo Bianco fosti contro Papa Bonifacio VIII appoggiato dai Guelfi Neri. In Firenze i Guelfi Neri prevalsero. Intanto fosti accusato di baratteria. Il podestà Cante Gabrielli da Gubbio ti condannò al confino. Ti escluse in perpetuo dai pubblici uffici. Ti inflisse  una pena pecuniaria. E ti condannò in contumacia. Condanna a morte sul rogo e alla confisca dei beni. Il Cardinale Bertrando del Poggetto voleva le tue opere all’indice. Per lui perfino le tue ossa erano da bruciare. Di te non doveva rimanere altro che cenere da disperdere al vento.

Dante:

Firenze restava pur sempre la mia città e avrei voluto tornarci.

Gorni:

Impossibile, da quando i Guelfi Bianchi, tua fazione, furono  sconfitti nella battaglia della Lastra. Avevi trentanove anni. Entrasti in  contrasto con gli altri fuoriusciti fiorentini. Facesti parte per te stesso. Da esule la tua fede politica cambiò. Fosti “ghibellin fuggiasco”. Parteggiavi per l’imperatore Arrigo VII. Sognavi che avrebbe  instaurato una pace universale. Ma morì. Restasti deluso. Andasti errando di città in città. Scendevi e salivi le scale altrui. Eri un mendicante. Facciamo un bilancio della tua esperienza  politica. Fu una carriera  mediocre. Non vedo cosa ci sia in essa di glorioso.

Dante:

La mia suprema aspirazione era vedere realizzata la giustizia sulla Terra.

Gorni:

Sei un visionario fallito. Non hai niente di attuale. La teoria dei due soli, l’Imperatore e il Papa, è anticaglia. Aspiravi a una monarchia universale. La grandezza di Roma la vedevi voluta da Dio. Immaginavi Augusto prescelto dalla Provvidenza per instaurare una monarchia universale. Ti illudesti che l’imperatore  Arrigo VII potesse essere un nuovo Augusto. Figurarsi. Pura follia già per i tuoi  tempi. Ancor più folle sarebbe  credere di poter adattare codesta visione chimerica al nostro mondo globalizzato. Altro che felicità terrena assicurata dall’Impero e felicità celeste assicurata dalla Chiesa.

Erasmo:

Dante, ti sta provocando. Parla di follia. Ma di questa sono esperto io. Ne feci un elogio scherzoso. Con te invece niente scherzi. La tua non è la follia del mondo traviato. È una follia santa. Diventa l’appello della ragione a una metamorfosi interiore. Ricordo il detto di Plauto “lupus est homo homini”. Ripreso da Thomas Hobbes nel teorizzare il “bellum omnium contra omnes”. Plauto però aggiungeva “cum qualis sit non novit”: l’uomo è lupo per l’uomo se non  si riconosce come essere umano invece di  belva feroce.

Moro:

Proprio così. Non dimentichiamo il valore dell’utopia. Credere che la realtà non possa essere trasformata significa mortificare ogni ideale. Paralizzare l’anima.  Ricordiamo  Cecilio Stazio là dove scrive “homo homini deus est, si suum officium sciat”. Volevi che gli esseri umani riconoscessero i loro reciproci obblighi. Così dal degrado della bestialità sarebbero ascesi all’indiarsi. Avviandosi dalle  selve oscure degli animi traviati verso gli splendori del sole dell’Impero e del sole del Papato. Due soli abbaglianti per illuminare l’umanità in un suo collettivo  “itinerarium mentis in Deum”.

Dante:

Amici, non preoccupatevi. Le provocazioni di Gorni non le raccolgo. Come Presidente della Società Dantesca ha la sua autorevolezza. Non è però il solo autore. Ma lasciamo stare. Voglio piuttosto chiarire una cosa. La politica deve essere giusta. Nella Commedia il concetto di giustizia è cruciale. Lo uso in stretto rapporto con la politica. Soprattutto nei sesti canti. Li si studia a scuola. Ma si mette nel dovuto risalto il tema della giustizia? Il mio “appassionato anelito di giustizia” l’insigne latinista Ettore Paratore  lo ritiene fondamentale.

Virgilio:

Nell’Inferno questo tema è enunciato ben  prima del sesto canto. Fin dall’inizio. Fin da quando ti vengo incontro nella selva.  Già allora, ricordando Enea, lo definisco “giusto” più di ogni altro. La parola “giustizia” la leggiamo poi nel terzo canto. Sulla porta dell’inferno. È la giustizia divina come valore supremo. Volesse il cielo che ci fossero tanti visionari  impegnati a rendere giusta l’intera umanità! Come ci ammonisce sul “Corriere della Sera” dello scorso 21 marzo Andrea Battistini, Professore emerito di Letteratura italiana presso l’Università di Bologna, “non si deve dimenticare che la Commedia è una specie di tribunale di  giustizia, il registro ufficiale dei peccati e Dante, il suo estensore, è il giustiziere, o meglio il vendicatore infallibile che ripaga i torti, denuncia gli scandali …”.

Dante:

Grazie, Virgilio, per la tua difesa d’ufficio. Grazie al Professor Battistini, che anch’egli mi ha difeso.   Torniamo ai sesti canti. Nel canto VI dell’Inferno chiedo a Ciacco se in Firenze “alcun v’è giusto”. Lui risponde che i “giusti son due” e non si dà loro ascolto. Nel canto VI del Purgatorio di fronte alle fazioni in lotta che lacerano l’Italia oso chiedere a Dio  se i suoi  “giusti occhi”  siano rivolti altrove. E invoco il  “giusto giudicio” divino sulla stirpe dell’imperatore Alberto d’Austria, che non si cura dell’Italia. Nel canto VI del Paradiso Giustiniano mi fa guardare dall’alto il  mondo, essendo ispirato dalla  “viva giustizia” di Dio. Esorta i Ghibellini a non appropriarsi dell’aquila imperiale come loro insegna, perché  segue male quel segno  “sempre chi la giustizia e lui diparte”. Ricorda che Ramondo Beringhiere fu ingrato nei confronti di “questo giusto” che era Romeo da Villanova.

Osip  Mandel’štam:

Mi rendo conto che stiamo parlando di Dante politico e che per lui il tema della giustizia è politicamente fondamentale. Ma si sa che Dante, politico amante della giustizia, volle essere poeta. Io di Dante amo la poesia. Una poesia che è sinfonia. Coloritura acustica. Esplosione ritmica e timbrica. Musica eterna. Dante è il direttore d’orchestra che dà ordine al tempo. Armonia da cui il tempo si lascia incantare come le belve da Orfeo. Sono note suonate per noi. Il suo messaggio si rivolge all’oggi. È un proiettile spirituale scagliato verso il futuro.  Mi viene in mente la sua fulminea ascesa con Beatrice dal Cielo della Luna al Cielo di Mercurio: “E siccome saetta che nel segno – percuote pria che sia la corda queta – così corremmo nel secondo regno”. Così veloce corre verso di noi. E ci supera.

Dante:

Sei molto affettuoso. È la giustizia a dirigere la mia orchestra. Ora procedo con le citazioni. Nel canto XIII dell’Inferno  Pier delle Vigne, calunniato, scelse come rimedio alla vergogna la morte  volontaria: “L’animo mio … ingiusto fece me contra me giusto”. Nel canto X del Purgatorio Traiano alla vedovella che chiede giustizia per il figlio dice: “Giustizia vuole e pietà mi ritiene”.

Nel canto III del Paradiso Piccarda Donati riconosce che Dio con “viva giustizia”  accorda alle anime  gradi di beatitudine pari  ai meriti. E nel canto XVII il mio antenato Cacciaguida profetizza insieme col  mio doloroso esilio anche la giusta punizione dei malvagi avversari.   Ancora, nel canto XXVII San Pietro inveisce  contro Papa Bonifacio VIII che usurpa ingiustamente il  suo soglio. Per lo sdegno contro la corruzione uso termini triviali come nell’Inferno. Sono nel Paradiso e scrivo  “rogna”, “cloaca”, “puzza”. Nel canto XVIII avevo ripreso dal Libro della Sapienza l’esortazione “Diligite iustitiam, qui iudicatis terram”.

Tommaso d’Aquino:

Sul tema della giustizia come è trattato nella Bibbia, nell’ Etica Nicomachea di Aristotele, nella mia Summa theologiae hai riflettuto a lungo. Conosci la distinzione fra i tre generi di precetti nell‘antica legge: i precetti morali, riferiti  ai dettami della legge naturale, quelli cerimoniali, determinazioni del culto divino, e quelli giudiziali, afferenti alla giustizia tra gli uomini. Così siamo andati anche oltre Aristotele.

Hans Kelsen:

Ti devo interrompere. Questa analisi razionale della giustizia mi pare pretenziosa. Non credo che la giustizia possa essere definita razionalmente una volta per tutte. Essa trascende i fenomeni.

Boccaccio:

Ma è  così  che si ricollega la giustizia a Dio trascendente.  Dante se ne fa testimone e interprete. Soprattutto con epistole (ai principi, signori e popoli; contro gli scelleratissimi fiorentini; ad Arrigo VII) vibranti di passione politica.  Purtroppo ancor oggi ci sono fazioni in lotta fra loro. I politici non sempre, per non dire quasi mai,  fanno il bene dei popoli.

Ferdinand Gregorovius:

Per Dante non c’è da discutere: la grandezza di Roma è il presupposto di una repubblica universale. A Cesare bisogna dare quel che è di Cesare. Quando pretende di invadere il campo imperiale, la Chiesa diventa una minaccia.  L’imperatore per lui  è nel proprio campo un  “augusto giudice”. Non è affatto un despota.

Erich Auerbach:

Dante, c’è stato chi ha detto che eri di parte, perché te la prendevi coi tuoi avversari politici. Invece sei stato sempre al di sopra delle parti. Il tuo sogno è l’instaurazione dell’ordine divino sulla Terra. Vedi l’ordine divino distrutto proprio a causa della cattiva politica. A partire dalla tua Firenze di allora. L’avidità di ricchezze metteva gli uni contro gli altri. Il successo della finanza era freddo calcolo e lercio affarismo. Per reggere il mondo avevi fiducia in un Veltro capace di debellare ogni cupidigia. In un enigmatico  DVW. Quanto alla Chiesa, di fronte alla corruzione ecclesiastica ben giustificato era il tuo sdegno. Il tuo ideale è stato sempre San Francesco.  Figlio di un mercante, rinunciò a tutti i beni. Sposò la povertà. Da allora “di dì in dì l’amò più forte”.

Marx:

Ecco un spunto  quanto mai attuale di riflessione.  La brama del profitto è sempre legata all’ingiustizia sociale. La ricerca dell’utile ad ogni costo e lo sfruttamento che ne consegue sono la rovina dell’umanità.

Virgilio:

Infatti dalla mia esclamazione “Quid non mortalia pectora cogis – auri sacra fames!” Dante ha tratto l’interrogazione “Per che  non reggi tu, o sacra fame –  de l’oro, l’appetito de’ mortali?” La brama del denaro è “sacra”, cioè “esecranda”. Veramente Gennaro Sasso pensa che in Dante “sacra” non significhi “esecranda”. Non so se sia così. Comunque Dante maledice la  ricerca del profitto priva di ogni limite. Ovviamente si riferisce all’avidità di guadagno nella società mercantile del suo tempo.

Marx:

Certo, la concezione politica di Dante e la mia risentono delle epoche storiche in cui sono state elaborate. Nel mondo globalizzato sia la sua teoria dei due soli  che la mia visione dell’economia possono considerarsi superate, ma non del tutto. Le  critiche finiscono per nascondere ciò che ci rende e ci renderà per sempre attuali. Parlo appunto dell’esigenza di giustizia. Già nel mio tema per la maturità scrissi che nello scegliere una professione bisogna voler agire per il bene dell’umanità. E non ci può essere alcun bene senza giustizia. Il nostro Dante sognò un Impero universale per la felicità terrena e una Chiesa ecumenica per la beatitudine celeste dell’umanità intera. Aspirava al superamento di una realtà politica dilaniata da feroci competizioni per egoistici interessi. L’ideale che avrebbe voluto realizzato era la pace universale. Come si fa a dire che non vi è un Dante politico?

Machiavelli:

Tu, Dante, e tu, Marx, sappiate che il valore della giustizia non lo disconosco.  Proprio per questo non sono ottimista. Ci sono stati imperatori romani amanti della giustizia che sono andati in rovina. Considerato ciò,  mi distacco  da te. Io sono realista. Non si può governare secondo giustizia se non si tengono a bada gli ingiusti. Ma un capo politico può tenerli a bada solo se sa essere volpe e leone. Astuto e feroce.

Erasmo:

Non sono d’accordo. Il principe deve essere come un buon padre di famiglia per i cittadini. Gli si richiede  la  capacità di  porre rimedio ai mali della repubblica in nome della virtù cristiana.  Machiavelli non merita ascolto. Nel periodo umanistico-rinascimentale Leonardo Bruni ti apprezzò sia come poeta che come cittadino. Fra Cinquecento e Seicento Tommaso Campanella ti giudicò “sommo intenditore delle cose politiche” e “da amare nella buona repubblica”. Fra Seicento e Settecento Giovan Battista Vico vide il tuo animo “informato di virtù pubbliche e grandi, soprattutto di magnanimità e giustizia”. Nel clima romantico-risorgimentale ti esaltarono Vittorio Alfieri, Ugo Foscolo, Giacomo Leopardi, Giuseppe Mazzini. Nel  Novecento mi piace ricordare Michele Barbi che ha visto in te “ideali religiosi e politici concreti”.

Papa Francesco:

La Chiesa cattolica non ignora l’importanza dell’impegno sociale del sommo poeta. Nel 1921 Benedetto XV nell’Enciclica In praeclara summorum  ha rivendicato l’attualità di Dante.  Paolo VI nel 1965 nella Lettera Apostolica Altissimi cantus  ha messo in rilievo la passione politica di Dante. Giovanni Paolo VI e Benedetto XVI non sono stati da meno. Nel 2000 il Cardinale Carlo Maria Martini nell’articolo In viaggio verso Dio sul quotidiano “la Repubblica” ha ricordato che per Dante la città dell’uomo non deve essere ridotta ad arido luogo di scambi economici. Io nel 2015 ho inviato  un messaggio su Dante  al Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Nel messaggio ho additato l’orizzonte dell’autentico umanesimo proprio nel pensiero cristiano di Dante.

Max Weber:

Il capo politico è veramente tale se aspira all’impossibile, se si impegna per superare ogni  difficoltà, se è un  eroe che non si arrende di fronte a un  mondo stolto, volgare, corrotto. Si rischia però che divenga un despota. Mi rendo conto che il problema è come conciliare il carisma con la democrazia.

Beatrice:

Il dispotismo ha comportato stragi tremende. Tanti poeti non credono più al paradiso. L’inferno è sulla Terra.  Penso a Thomas Stearns Eliot, Ezra Pound, Samuel Beckett. Penso a Pier Paolo Pasolini, a quelle sue strazianti opere incompiute, prima La Mortaccia (o l’Inferno), poi La Divina Mimesis. In questa raffigura un paesaggio umano  degradato. Vi introduce un Virgilio simile  a “un povero bandito scalcagnato e sporco”. Non c’è più fiducia nella ragione.  Dante, amore, torniamo in Paradiso. Stiamo lasciando un’aiuola che continua a fare feroci gli esseri umani. Forse l’umanità deve lasciare davvero ogni speranza. Addio.

Walter Benjamin

Beatrice, forse possiamo ancora salvarci. Ricordo una similitudine del nostro Dante.  L’immagine edenica della meteora, che “pare stella che tramuti loco”. Dovremmo diventare tutti capaci di fermare in noi per sempre quegli istanti di luce. È solo per amore dei disperati che ci viene data la speranza.

Arrivederci.

Paul Klee, Angelus novus

Bibliografia

Valga in premessa quanto scrive Enrico Malato in Prosa e poesia di Dante, Salerno Editrice, 1995 a proposito delle indicazioni bibliografiche:

“La bibliografia dantesca, accumulatasi nell’arco di oltre cinquecento anni di intensa attività editoriale sulle opere di Dante, è così estesa che sarebbe temerario di dare anche poche indicazioni fondamentali”.

Si avverte che gli interventi dei partecipanti sono libere rielaborazioni di spunti dai testi seguenti.

  • AA.VV., Prosa e poesia di Dante,  a cura di Enrico Malato, Salerno Editrice, 1995
  • Erich Auerbach, Studi su Dante, Feltrinelli, 1963 (Dante als Dichter der inrdischen Welt, Verlag Walter der Gruyter & co., Berlin-Leipzig, 1929)
  • Salvatore Battaglia, Mitografia del personaggio, Liguori Editore, 1991
  • Walter Benjamin, Angelus novus. Saggi e frammenti, Einaudi, 2014
  • Paolo Brezzi, Il canto VI del Paradiso, in Lectura Dantis Scaligera, Le Monnier, 1964
  • Giosue Carducci, Edizione nazionale delle opere. Volume 10. Dante, Zanichelli, 1936
  • Dante Alighieri, Tutte le opere, Newton Compton, 2005

  • Umberto Eco, Sulla letteratura, Bompiani, 2003
  • Erasmo da Rotterdam, L’educazione del principe cristiano, a cura di Anna Morisi Guerra, Angelo Signorelli editore, 1997
  • Francesco Flora, Storia della letteratura italiana, Mondadori,1962
  • Guglielmo Gorni, Dante. Storia di un visionario, Laterza, 2008
  • Ferdinand Gregorovius, Storia della città di Roma nel Medioevo, Einaudi, 1973
  • Hans Kelsen, Lineamenti di dottrina pura del diritto, Einaudi, 1967
  • Mario Luzi, Vero e verso. Scritti sui poeti e sulla letteratura, Garzanti, 2002
  • Niccolò Machiavelli, Tutte le opere, Bompiani, 2018
  • Marco Maggi, Walter Benjamin e Dante. Una costellazione nello spazio delle immagini, Donzelli Editore, 2017
  • Osip  Mandelštam, Conversazione su Dante, il melangolo, 1994
  • Luciana Martinelli, Dante, Palumbo, 1966
  • Karl Marx – Friedrich Engels, Opere, Editori Riuniti, 1980
  • Marx Revival. Concetti essenziali e nuove letture, a cura di Marcello Musto, Donzelli Editore, 2019
  • Jürgen Moltmann, Dio nel progetto del mondo moderno, Queriniana, 1999
  • Pier Paolo Pasolini, La divina mimesis, Mondadori, 2019 (1975)
  • Barbara Reynolds, Dante. La vita e l’opera, Longanesi, 2007
  • Vittorio Russo, Il romanzo teologico. Sondaggi sulla Commedia” di Dante, Liguori Editore, 1984
  • Gennaro Sasso, “forti cose a pensare mettere in versi”. Studi su Dante, Aragno, 2017
  • Tommaso d’Aquino, La somma teologica. Testo latino a fronte, volumi 1-4, ESD-Edizioni Studio Domenicano, 2014
  • Giuseppe Ungaretti, Dante e Virgilio, in Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, Mondadori, 2000
  • Raffaele Urraro, La modernità di Dante,  in Leggere Dante oggi, a cura di Filippo Filosa e Salvatore Ciro Nappo, Francesco di Mauro Editore, 2008
  • Publio Virgilio Marone, Eneide, Einaudi, 2012
  • Gorizio Viti, Dante e la Divina Commedia, Le Monnier, 1975
  • Max Weber, La scienza come professione. La politica come professione, Einaudi, 2004

Alcuni siti su Dante:

Possono essere consultati utilmente i seguenti siti:

  • news.danteonline.it per aggiornamenti
  • cathopedia.org  per la giustizia nella Bibbia
  • pensierofilosofico.it per le riflessioni in Aristotele Etica Nichomachea di Davide Orlandi
  • actaphilosophica.it per le riflessioni in Il concetto di giustizia in S. Tommaso d’Aquino di Maria Francesca Carnea
  • letteraria.altervista.org per l’accurato resoconto dei passi politici delle opere dantesche in Il pensiero politico di Dante di Luca Azzetta
  • rivistaspiragli.it per l’attualità della visione politica di Dante messa in rilievo in Significato di Dante nella società contemporanea di  Lina Riccobene
  • books.openedition.org per l’idea machiavelliana di giustizia in «Giustitia il vuole et pietà mi ritiene». Machiavelli, il Principe e l’idea di giustizia di Diego Quaglioni
  • gabriellagiudici.it per il confronto Machiavelli-Erasmo in Il pensiero politico di Erasmo nell’Institutio principis christiani di Gabriella Giudici
  • polithink.eu per la figura del capo carismatico in Il pensiero politico di Max Weber tra passato e futuro  di Gabriel Echeverria
  • accademianuovaitalia.it  per la negazione di una vera e propria politica in Dante in  Vi è contraddizione fra il Dante della “Monarchia” e quello della “Commedia”?  di Francesco Lamendola
  • 1.unipa.it  per il concetto di giustizia sotto gli aspetti giuridico ed etico in Diritto e morale di Giorgio Pino
  • leggeredante.it per la complessità semantica della parola giustizia in Dante in Giustizia di Anna Bonaiuto

 

Autore

  • Biagio Scognamiglio

    Biagio Scognamiglio (Messina 1943). Allievo di Salvatore Battaglia e Vittorio Russo. Già docente di Latino e Greco e Italiano e Latino nei Licei, poi Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ha pubblicato fra l’altro L’Ispettore. Problemi di cambiamento e verifica dell’attività educativa.

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