Sulla negata validità scientifica di ciò che fa l’Invalsi. Una ricercatrice dell’Invalsi cerca di difenderlo.
Riceviamo e pubblichiamo in ossequio al diritto di replica un tentativo di difesa dell’Invalsi, pur senza condividerlo.
ho letto sulla vostra Newsletter del 30 ottobre un articolo scritto dal professore B. Scognamiglio dal titolo “Una smentita alla validità dei test Invalsi”. Vorrei far presente al prof. Scognamiglio che la sua conclusione “Questa dichiarazione accresce il dubbio sulla validità scientifica dei risultati messi insieme sulla base dei test, fino a tramutarlo in certezza della loro irrilevanza conoscitiva” è quantomeno discutibile. Infatti vorrei ricordargli che le prove INVALSI misurano livelli di abilità degli studenti rispetto a uno standard nazionale, mentre i dati che lui cita (la percentuale di studenti bocciati in Val d’Aosta) sono relativi soltanto agli studenti della Val d’Aosta. Se i professori della Val d’Aosta sono più severi rispetto a quelli delle altre regioni, non vuol dire che gli studenti valdostani, rispetto alla media degli studenti italiani non siano di buon livello.
In molte regioni si osserva una discrepanza tra i risultati INVALSI e i voti, ad esempio, della maturità (la Calabria ad esempio è una regione con il più alto numero di 100 alla maturità, ma nelle prove INVALSI gli studenti hanno risultati abbastanza deludenti). Quindi la sua affermazione è totalmente priva di fondamento. Cordiali saluti – Stefania Pozio Stefania PozioStefania Pozio, PhD Primo ricercatore - Area 1 Responsabile prove nazionali di matematica INVALSI - Istituto Nazionale per la VALutazione del Sistema educativo di Istruzione e di formazione Via Ippolito Nievo, 35, 00153 ROMA
Motivi della mancata condivisione
È davvero singolare che la conferma della mancata validità scientifica dell’Invalsi provenga dall’Invalsi stesso. Ciò ad opera di Stefania Pozio, “primo ricercatore” e “responsabile della prove di matematica” per il nominato “Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo di Istruzione e Formazione”, che a dire il vero si configura piuttosto come un istituto per valutare la capacità di risolvere i suoi test, ma non l’educazione e la formazione nelle loro realtà, da prendere invece a oggetto di ricerca scientifica, aperta a verifiche e non rinchiusa nel dogmatismo.
È appena il caso di ricordare che la docimologia autentica si contrappone alla docimologia tradizionale, perché si basa sul diretto esame delle prestazioni studentesche in situazione e non su elementi indiretti, come ci ricorda fra gli altri Grant Wiggins, ricercatore nel campo della pedagogia, presidente del Research for the Center on Learning Assessment and school structure e della Fondazione Authentic Education nel New Jersey.
Non sa commisurarsi con gli odierni sviluppi docimologici chi dal campo della matematica si azzardi ad avvalorare prove che secondo l’Invalsi “misurano livelli di abilità degli studenti rispetto a uno standard nazionale”: risulta infatti irrimediabilmente confusionaria una graduazione dei “livelli di abilità” rispetto a uno “standard nazionale” del quale non si sa cosa sia e in cosa consista, dal momento che identificarlo nella “media degli studenti italiani” altro non è se non una semplicistica astrazione, così come d’altronde si resta perplessi circa i livelli di competenza e responsabilità di quanti cooperano per portare avanti siffatto dogmatismo, livelli che piacerebbe conoscere sottoponendo loro stessi ad appositi test.
A palesarsi “totalmente priva di fondamento” è per l’appunto la difesa di risultati basati su rilevazioni autoreferenziali con l’argomento di una maggiore o minore severità a seconda delle regioni. Tutto questo Biagio Scognamiglio e insieme con lui Emilio Ambrisi hanno inteso far presente e ricordare alla gentile interlocutrice, che con l’occasione distintamente salutano.
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