Dalla dimensione spirituale ed etica dell’impresa scientifica teorizzata da Enriques alla ancora oggi presente visione riduttiva della matematica apprezzata soprattutto per la sua utilità.

Federigo Enriques (1871-1946)
L’articolo Il valore formativo delle discipline scientifiche completa il saggio dedicato dall’autrice all’insegnamento della matematica negli istituti magistrali di una volta.
All’inizio del secolo scorso, Federigo Enriques cercò invano di contrastare la reazione idealistica contro la scienza portando avanti un progetto di relazioni tra scienza e filosofia, non più in una prospettiva positivista, ma evidenziando la dimensione spirituale ed etica dell’impresa scientifica.
Nel discorso inaugurale dell’anno Accademico 1906-1907, all’Università di Bologna, così si esprimeva: «La scienza è anzitutto un fattore di progresso umano; e non pure con l’accrescere il dominio sulle cose trasmette un’eredità di potenza, ma ponendo il sapere come fine, significa insieme un altissimo principio etico; la verità sopra alle suggestioni del timore e del desiderio, educatrice del carattere, norma della giustizia.» [Il valore della Scienza]
Apertamente in conflitto con Croce e in rapporto ambivalente con Gentile, Enriques non riuscì a impedire che, nei piani di studio delle scuole secondarie della Riforma del 1923, le materie scientifiche risultassero penalizzate.
L’atteggiamento di sfiducia nel valore formativo delle materie scientifiche e, in particolare della matematica, è rimasto nella cultura dominante del nostro Paese, nonostante l’impegno dei matematici del primo Novecento (tra cui Enriques, Castelnuovo, Gaetano Scorza, Alessandro Padoa) e quelli di epoca più recente (de Finetti, Lombardo Radice, Giovanni Prodi) nell’affermare il valore educativo e formativo della matematica, mettere in luce i legami tra scienze e discipline umanistiche, nel proporre percorsi didattici innovativi. Ricordiamo, in proposito le osservazioni sempre attuali di Padoa e di de Finetti
« Nessun altro studio richiede meditazione più pacata: nessun altro meglio induce ad esser cauti nell’affermare, semplici e ordinati nell’argomentare, precisi e chiari nel dire; queste semplicissime qualità sono sì rare che possono bastare da sole ad elevare, chi ne è dotato, molto al di sopra della maggioranza degli uomini.. Perciò io esorto a studiare matematica pur chi si accinga a divenire avvocato o economista, filosofo o letterato…: perché io credo e spero che non gli sarà inutile saper ben ragionare e chiaramente esporre». [da: Alessandro Padoa –Discorso pronunciato in Pinerolo -28 marzo 1908].
«La matematica sgretola, corrode con la sua critica le certezze di oggi, il cui crollo può atterrire, ma essa sta già sempre tessendo, spesso anche senza rendersi conto di tale destinazione, la tela di ragno della nuova provvisoria certezza» [da: Bruno de Finetti, La funzione vivificatrice della matematica: discorso inaugurale per l’anno accademico 1948-1949 -Università degli studi di Trieste].
Codesti concetti sono stati motivi ispiratori del lungo dibattito che, negli anni ’60-’70-’80 del secolo scorso, impegnò la comunità matematica italiana in progetti di ricerca, sperimentazioni e proposte di riforma dell’insegnamento della matematica. Come è noto, i progetti di riforma avanzati nella seconda metà del Novecento, tra criticità o difficoltà di natura politica e culturale, non trovarono le condizioni necessarie per essere portati a termine.
Dell’ importante esperienza didattica dei corsi sperimentali si riscontrano pochissimi elementi di continuità nella riforma Gelmini del 2010. Facendo un confronto con la riforma Gentile e considerando il contesto politico e culturale in cui maturarono le due riforme, si può osservare come l’ assetto organizzativo e la definizione dei programmi possano assumere, alla fine, una connotazione politica di “restaurazione”.
Ancora oggi è presente, peraltro, una visione riduttiva della matematica, apprezzata soprattutto per la sua “utilità”.
Siamo ormai abituati alle proposte di rinnovamento dell’insegnamento della matematica che sanno solo rifiutare il carattere astratto della disciplina e auspicare il ricorso alle applicazioni alla “realtà”. Un approccio semplicistico che non affronta il problema nella sua complessità e non assegna alla matematica e alle materie scientifiche un ruolo-chiave nella formazione dell’individuo e del cittadino.
Lo stesso ministro Valditara si è espresso in questi termini nel corso del recente convegno “L’insegnamento della Matematica, criticità, nuove sfide, idee”:
«Occorre stimolare un cambiamento culturale che generi interesse ed entusiasmo nei giovani su tutto il territorio nazionale verso discipline fondamentali per una piena cittadinanza attiva e per la crescita del Paese…»
«..Le materie Stem sono importanti perché sempre più lavori richiederanno queste competenze e potranno favorire l’ascensore sociale, fermo dagli anni 70..».
Nello stesso convegno il fisico Giorgio Parisi affermava, invece, riguardo alla formazione dei giovani:
«Dobbiamo dar loro gli strumenti per capire quello che succede intorno a loro, prendere scelte consapevoli, rendersi conto dei problemi della società, che sono sempre più intrecciati a temi scientifici. La cosa più terribile che può capitare nella società è la sfiducia nella scienza e l’unico antidoto è far capire agli studenti come funziona».
Per quanto riguarda la formazione degli insegnanti della scuola primaria, ricordiamo che, come stabilito dallo stesso Decreto che aboliva l’Istituto magistrale, è stata istituita una nuova tipologia scuola, l’attuale liceo delle Scienze umane. La nota ministeriale afferma : “Il percorso del liceo delle scienze umane è indirizzato allo studio delle teorie esplicative dei fenomeni collegati alla costruzione dell’identità personale e delle relazioni umane e sociali.
Guida lo studente ad approfondire e a sviluppare le conoscenze e le abilita e a maturare le competenze necessarie per cogliere la complessità e la specificità dei processi formativi.
Assicura la padronanza dei linguaggi, delle metodologie e delle tecniche di indagine nel campo delle scienze umane” (art. 9 comma 1).
Il piano di studi prevede:
- Liceo delle Scienze umane : 3 ore settimanali di matematica nel biennio , 2 ore di matematica e 2 di fisica nel triennio-
- Liceo delle Scienze umane- indirizzo economico sociale: 3 ore settimanali di matematica in tutte le classi e 2 di fisica nel triennio
Il quadro orario di matematica e fisica è più povero rispetto a quello, ad esempio, del Liceo sperimentale a indirizzo pedagogico- sociale della Circolare dell’11 febbraio 1991 ( 4 ore settimanali di matematica nel biennio e 3 nel triennio- e 2 ore settimanali di fisica in tutte le classi)
Anche gli obiettivi d’apprendimento fanno pensare ad un contributo non particolarmente significativo da parte delle discipline scientifiche e, inoltre, nell’indirizzo economico sociale, è facile riconoscere un ruolo prevalentemente applicativo della matematica.
Lungi dall’essere un liceo classico senza greco o un liceo scientifico con meno matematica, questo percorso alternativo per la scuola secondaria poteva fornire l’occasione per affermare in ambito pedagogico quel nuovo umanesimo scientifico, di cui parlava Enriques in chiave epistemologica e psicologica; un umanesimo capace di superare il divario tra le discipline e valorizzare, in una sintesi armonica, tutte le potenzialità dello studente.
Gli articoli precedenti:
La matematica nella formazione dei maestri
I problemi della maturità magistrale di una volta
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