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La misura del tempo

Uno sguardo alla storia dell’unità di misura del tempo, alle varie definizioni che ne sono state date e ai varî calendarî.

Il tempo è un concetto che esprime la successione e la durata di eventi.

In meccanica classica il tempo è stato considerato come fluente indipendentemente da qualsiasi fenomeno che accada in natura e dal sistema di riferimento considerato (tempo assoluto). Per Newton infatti «il tempo vero, assoluto e matematico, per proprio conto e per sua natura fluisce uniformemente senza riferimento ad alcunché di esterno». Da questo punto di vista il tempo fluisce indipendentemente dal fatto che avvenga qualsiasi cambiamento; i cambiamenti avvengono nel tempo ma non sono essi stessi il tempo.

La nozione di tempo assoluto è stata abbandonata in seguito alla critica del concetto di contemporaneità svolta dalla teoria della relatività.

Nella fisica relativistica il concetto di contemporaneità dipende dal sistema di riferimento considerato e si può pertanto concludere che sistemi di riferimento diversi in moto gli uni rispetto agli altri hanno tempi diversi; lo stesso tempo è valido solo per sistemi di riferimento in quiete l’uno rispetto all’altro.

Per il suo carattere di grandezza legata intuitivamente al concetto di successione degli eventi (eventi passati, presenti, futuri) il tempo è assunto nei sistemi di unità di misura come grandezza fondamentale.

Di grande importanza è la determinazione degli intervalli di tempo, vale a dire della durata dei fenomeni, espressi per solito in “secondi” (simbolo [s]).

Misurazione del tempo

Un processo ripetitivo che si può usare a tale scopo è il sorgere del Sole; ma si scopre subito che l’intervallo fra due levate successive varia con la stagione dell’anno. Si può migliorare la situazione scegliendo come campione il “giorno solare medio”, il tempo medio (calcolato su un anno) che la Terra impiega per ruotare una volta intorno a se stessa rispetto al Sole. Il “secondo” è quindi definito come 1/86400 del giorno solare medio. Il tempo così definito si chiama “tempo universale” (T.U.)

Nonostante il successo generale di questo sistema, la determinazione del tempo ottenuta osservando la rotazione della Terra è inadeguata per lavori di alta precisione a causa di anomalie secondarie, ma percettibili, nella velocità di rotazione della Terra. Queste variazioni di velocità ammontano a circa 1 parte su 108  durante il corso dell’anno. Di conseguenza, il tempo astronomico è oggi calcolato sulla base della durata del secondo solare medio all’inizio dell’anno 1900. Questo tempo è chiamato “tempo dell’effemèride” (T.E.) [Dal gr “ephēmerís, -ídos “diario”] e il “secondo dell’effemèride” è 1/31556925,97474 dell’anno tropico 1900 (anno tropico è sinonimo di anno solare, corrispondente all’intervallo di tempo compreso fra due equinozi di primavera; esso corrisponde a 365g 5h 48 min 45,8 s = 365,2422 giorni medi). La precisione con cui è noto il tempo dell’effemèride è all’incirca di 2 parti su 109. Il tempo universale e il tempo dell’effemèride coincidevano nel 1900, ma, a causa di effetti cumulativi, differivano nel 1971 di mezzo minuto.

Per migliorare la precisione delle misurazioni del tempo, nel 1967 la “XIII Conferenza Generale di Pesi e Misure” ha adottato un’unità “naturale” per il tempo, così com’era stato fatto in precedenza per il campione di lunghezza (XI CGPM, 1960).

Il funzionamento degli “orologi atomici” odierni è basato sulle caratteristiche vibrazioni associate agli atomi di cesio 133 (Z = 55).

Il “secondo fisico” è, per definizione, il tempo che occorre per 9.192.631.770 cicli delle particolari vibrazioni del cesio 133 (si tratta di microonde, aventi lunghezza d’onda = 3,26 cm). Con questa definizione del secondo si possono confrontare intervalli di tempo con una precisione di 1 parte su 1012, corrispondente a 1 secondo su 30000 anni.

Le ricerche attuali condotte con altre vibrazioni atomiche (in particolare quelle associate al maser a idrogeno) indicano che si disporrà presto di un orologio avente una precisione di 1 parte su 1014, ossia di 1 secondo su 3 milioni di anni!

Calendari

Il termine “calendario” [Dal lat. “calendarium” “libro delle calende” e cioè delle scadenze del primo giorno dei mesi] indica sia i vari sistemi di suddivisione del tempo in periodi fissi, sia le tabelle ed i libretti in cui sono annotati i giorni dell’anno con l’indicazione delle ricorrenze civili e religiose.

L’antico calendario romano – derivante forse, secondo la tradizione, da un precedente calendario attribuito a Romolo, nel quale l’anno avrebbe avuto la durata di 304 giorni suddivisi in 10 mesi – si fa risalire a Numa Pompilio. Esso consisteva in un anno di 12 mesi (“Martius, Aprilis, Maius, Iunius, Quintilis, Sextilis, September, October, November, December, Ianuarius, Februarius”), quattro dei quali (“Martius, Maius, Quintilis, October”) contavano 31 giorni e gli altri 29, salvo “Februarius” che ne aveva 28.

Inoltre due volte ogni 4 anni si inseriva nell’anno un mese intercalare (“Mercedonius”).

Il compito di eseguire l’intercalazione fu affidato ai pontefici, ma questi – omettendo o spostando arbitrariamente, per ragioni politiche, l’esecuzione della pratica,  determinarono un tale stato di confusione nel calendario, sì che verso la fine della Repubblica se ne rese necessaria la riforma. Questa fu intrapresa da Giulio Cesare, il quale, nel 46 a.C. introdusse il calendario che da lui prende il nome di giuliano.

Il “calendario giuliano” escluse ogni riferimento ai fenomeni lunari e assunse come durata media dell’anno un periodo di giorni 365 e ¼.

Il problema che nasceva dalla frazione di un giorno che avanzava ogni anno fu risolto adottando un ciclo di 4 anni, tre dei quali contavano 365 giorni ed il quarto (anno bisestile) 366.

Rispetto all’anno tropico, l’anno convenzionale di giorni 365 e ¼ adottato dal calendario giuliano risultava più lungo di circa 11 minuti. La considerazione di questa discrepanza e un motivo di ordine religioso (la determinazione del giorno in cui si doveva celebrare la Pasqua) indussero Papa Gregorio XIII a compiere una riforma, che fu eseguita nel 1582 in base ad un progetto preventivamente sottoposto all’esame di matematici.

Per eliminare la differenza tra anno tropico e anno civile furono soppressi 10 giorni (si passò dal 4 ottobre al 15 ottobre 1582) e fu stabilito che da allora in poi non sarebbero stati bisestili gli anni secolari che non fossero divisibili per 400 (quindi per es., non furono bisestili il 1700, il 1800 e il 1900, furono invece bisestili il 1600 e il 2000).

Introdotto subito nei Paesi cattolici, il “calendario gregoriano” trovò invece ostilità nelle nazioni di religione protestante e scismatica. Gli Stati protestanti della Germania lo adottarono, infatti, soltanto nel 1700, la Gran Bretagna, nel 1751, la Bulgaria nel 1917, l’Unione Sovietica nel 1918, la Romania nel 1919 e la Grecia nel 1923.

BIBLIOGRAFIA

  1. FERRARO, Dizionario di metrologia generale. Zanichelli, Bologna, 1965
  2. GIULIANI, I sistemi di unità di misura in metrologia. Universalia Editrice, Napoli, 1965
  3. J.B. MARION, La fisica e l’universo fisico. Zanichelli, Bologna, 1976.

 

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