Il significato profondo di una commemorazione a centocinquanta anni dalla morte. Le somme autorità civile ed ecclesiastica a confronto con la pedagogia del Manzoni.

Alessandro Manzoni (1785 – 1873)
Quanti onomastici festeggiava Alessandro Francesco Tommaso Antonio Manzoni? Per noi soltanto Alessandro. Lo ricordiamo a centocinquanta anni dalla sua scomparsa terrena avvenuta nel 1873. L’insigne scrittore era giunto all’età di 88 anni. Essendo ancora fra noi con la sua opera, che continua a fornirci insegnamenti, conta ormai 238 anni, anche se non li dimostra. Fra i più recenti testimoni di questa presenza annoveriamo Roberto Bizzocchi, docente presso l’Università di Pisa, autore di Romanzo popolare. Come I Promessi Sposi hanno fatto l’Italia, Laterza, 2022. Scrive in proposito il cattedratico:
“Tutti abbiamo in mente almeno un personaggio, un episodio, una battuta dei Promessi Sposi: il romanzo è nella coscienza degli italiani.”
Il critico non esita a riconoscere fra le componenti dell’opera manzoniana “un programma pedagogico per la nazione e tutto il suo popolo”.
“Tratto i Promessi Sposi e le altre principali opere di Manzoni in costante riferimento a quelle dei suoi contemporanei italiani ed europei ed è su questa base che sostengo la positività e l’attualità del messaggio ideologico manzoniano, in quelle che mi paiono le sue componenti essenziali, oltre all’ispirazione cristiana: identità pubblica nazionale in chiave europea e non nazionalista; morale privata basata sulla libertà di scelta e sulla responsabilità individuale, e ciò sia per gli uomini che per le donne; illuminato senso della misura nella valutazione delle cose del mondo, ma con una percezione acuta della giustizia e dell’ingiustizia dei contesti sociali e delle azioni dei singoli che vi operano.”
E in effetti lo stesso Manzoni aveva dichiarato l’essenza della sua poetica nella Lettera al Marchese Cesare D’Azeglio sul Romanticismo:
“Mi limiterò ad esporle quello che a me sembra il principio generale a cui si possano ridurre tutti i sentimenti particolari sul positivo romantico. Il principio, di necessità tanto più indeterminato quanto più esteso, mi sembra poter essere questo: che la poesia e la letteratura in genere debba proporsi l’utile per scopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo.”
L’utile per scopo non è l’utile inteso come profitto derivante dallo smercio di mercanzie nelle società del tipo di quella odierna, ma è l’utile morale. Trasmettere ai lettori la necessità di perseguirlo è il compito dello scrittore. Così letteratura e insegnamento diventano inseparabili. Principio romantico, questo, di ascendenza classica, come sa chi rammenta l’Ars poetica di Quinto Orazio Flacco, là dove si identifica la perfezione dell’opera letteraria nell’unione di utilità e piacere, diletto e ammonimento.
Le somme autorità civile ed ecclesiastica a confronto con la pedagogia del Manzoni
Non a caso, nel commemorare Alessandro Manzoni, il Presidente della Repubblica Italiana e il Papa della Chiesa Cattolica hanno dato i loro autorevoli contributi alla comprensione degli aspetti propriamente formativi dell’opera manzoniana. È particolarmente significativo che nella perorazione conclusiva del suo discorso Sergio Mattarella si sia rivolto esplicitamente non solo alle autorità, ma anche ai giovani:
“Autorità, care studentesse, cari studenti,
Alessandro Manzoni ci ha regalato alcune delle pagine più belle e intense della nostra letteratura. Il suo altissimo senso morale, la sua ispirazione ideale, insieme umana e cristiana, ci è continuamente di riferimento e di sprone. Come tutti gli spiriti eletti e gli artisti universali, Manzoni parla tuttora all’uomo di oggi, alle sue inquietudini e alle sue ricerche di senso, con voce autorevole, ferma e appassionata.”
E Jorge Mario Bergoglio a breve distanza temporale così si rivolge al Presidente, riecheggiando il di lui omaggio al Manzoni:
“Una settimana fa ha voluto omaggiare, in occasione dei 150 anni dalla morte, quel grande italiano e cristiano che fu Alessandro Manzoni, capace di intessere con le parole la pregiata stoffa di valori sociali, religiosi e solidali del popolo italiano. Paolo VI lo definì «genio universale», «tesoro inesauribile di sapienza morale», «maestro di vita».”
Anche l’I.A. riconosce il valore pedagogico dell’opera manzoniana
Abbiamo chiesto all’I.A. di mostrare se dall’opera del Manzoni possano essere desunti utili insegnamenti sul piano formativo. You.com è stata l’applicazione interpellata, dalla quale abbiamo ricevuto la seguente risposta:
“Alessandro Manzoni, il famoso scrittore e poeta italiano, può insegnarci molte cose attraverso le sue opere, in particolare con il suo famoso romanzo, I Promessi Sposi. Le sue opere letterarie esplorano sovente i temi dell’amore, della fede, della giustizia sociale e della condizione umana. Alcune delle lezioni chiave che possiamo imparare dal Manzoni includono:
- L’importanza del perdono e della compassione verso gli altri
- Il valore della perseveranza e della determinazione di fronte alle avversità
- La necessità di unità e solidarietà in tempi di crisi
- Le conseguenze dell’abuso di potere e della corruzione
- La bellezza e il potere della natura come fonte di ispirazione e conforto
- L’importanza dell’istruzione e della conoscenza nella promozione del progresso e dell’avanzamento sociale.
In breve, le opere del Manzoni hanno importanti insegnamenti e lezioni morali che possono ancor oggi entrare in sintonia coi lettori.”
Rifacendosi al romanzo manzoniano, una professoressa poi sciaguratamente accoltellata da un suo alunno aveva tentato di impartire in classe per l’appunto una lezione morale, come apprendiamo dalla lettera da lei inviata al quotidiano la Repubblica:
“In classe abbiamo riflettuto, al termine della lettura di passi scelti dei Promessi Sposi, sul senso del «fare il bene», dell’impegnarsi per il bene comune piuttosto che volerlo per sé, ma lui quel giorno non c’era. Spero che altre figure educative riusciranno dove io e i miei colleghi non abbiamo potuto far breccia.”
Oggi l’impegno civile del Manzoni riguarda sia la pedagogia che l’andragogia. Se uno studente giunge a minacciare e ledere la corporeità di chi insegna, è l’intera società adulta ad essere chiamata in causa.
Un romanzo di formazione
Se consideriamo il modo in cui Renzo dichiara di avere tratto insegnamenti utili per il futuro dalle vicende da lui vissute, I Promessi Sposi possono essere considerati un Bildungsroman:
“Il bello era a sentirlo raccontare le sue avventure: e finiva sempre col dire le gran cose che ci aveva imparate, per governarsi meglio in avvenire. – Ho imparato, – diceva, – a non mettermi nei tumulti: ho imparato a non predicare in piazza: ho imparato a guardare con chi parlo: ho imparato a non alzar troppo il gomito: ho imparato a non tenere in mano il martello delle porte, quando c’è lì d’intorno gente che ha la testa calda: ho imparato a non attaccarmi un campanello al piede, prima d’aver pensato quel che possa nascere –. E cent’altre cose.”
L’anafora ripetuta o insistita iterazione di “ho imparato” dissimula però una sorta d’ironia, che diventa palese nel momento in cui viene evidenziato il punto di vista di Lucia:
“Lucia però, non che trovasse la dottrina falsa in sé, ma non n’era soddisfatta; le pareva, così in confuso, che ci mancasse qualcosa. A forza di sentir ripetere la stessa canzone, e di pensarci sopra ogni volta, – e io, – disse un giorno al suo moralista, – cosa volete che abbia imparato? Io non sono andata a cercare i guai: son loro che sono venuti a cercar me. Quando non voleste dire, – aggiunse, soavemente sorridendo, – che il mio sproposito sia stato quello di volervi bene, e di promettermi a voi.”
Qui Lucia definisce Renzo come “il suo moralista”, giacché a suo modo di vedere il suo sposo, non più soltanto promesso, resta ignaro di una fondamentale difficoltà: qualsiasi esperienza sia stata fatta, possono pur sempre sopraggiungere eventi inattesi, tali da mettere in forse i propositi di applicare alla vita quanto si sia appreso. Si resta così in bilico contraddittoriamente fra provvidenza e fortuna. Perciò è necessario saper essere artefici della propria sorte in perpetua tenzone contro ogni imprevisto.
Il complesso mondo intenzionale del Manzoni
Ricordiamo che nel saggio Dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni (1831) Giovita Scalvini a un certo punto imputò allo scrittore una propensione al confessionalismo:
“T’accorgi spesso di non essere sotto la gran volta del firmamento che copre tutte le multiformi esistenze, ma bensì d’essere sotto quella del tempio che copre i fedeli e l’altare.”
Così il romanzo veniva ad essere considerato un esempio di “oratoria religiosa” secondo il criterio interpretativo fatto proprio in un primo momento anche da Benedetto Croce, al quale per un certo tempo il Manzoni sembrò pervenuto “alla saggezza del moralista, che non vede se non il bianco e il nero”, giungendo infine a recitare un mea culpa:
“Ma quanto all’«opera oratoria», sarei impacciato nell’assegnare l’origine del mio errore, perché vi ebbe parte lo zelo di irreprensibilità cattolica del Manzoni e l’osservazione dello Scalvini, che i Promessi sposi non si svolgessero sotto libero cielo ma sotto la volta di una chiesa; per non dire delle vivaci critiche del Settembrini che in verità non ebbero molto potere su di me.
Comunque, da ciò venne che concepii l’idea di una sorta di fusione nell’opera del Manzoni tra Poesia e Oratoria; dal che avevo il dovere di guardarmi più che altri, per la feroce insofferenza da me sempre manifestata per la confusione nella quale artisti e critici incorrevano della Poesia con l’Oratoria. Ma dire l’origine di un errore o di una distrazione è sovente assai difficile, e tale è nel mio caso. Pel quale debbo confessare che sono rimasto molto mortificato tra me e me quando vi sono tornato sopra, ancorché nessuno me n’abbia rimproverato come io meritavo.”
Non si pentì invece Antonio Gramsci di aver visto nel cattolicesimo del Manzoni un aspetto paternalistico, tale da tradursi nei confronti degli umili in un atteggiamento non dissimile da quello di una “società protettrice degli animali”. E pensare che negli ambienti ecclesiastici coevi al romanzo andava serpeggiando una forte diffidenza nei confronti del cattolicesimo manzoniano, al punto da vagheggiare una messa all’indice dell’opera o addirittura, stando a quanto riferiva iperbolicamente Carlo Cattaneo, la morte dell’autore sul rogo. Invece col suo consueto acume ermeneutico Francesco De Sanctis si era espresso in questi termini:
“Manzoni voleva fare un romanzo che avesse a un tempo un grande interesse storico e un grande interesse religioso e morale.”
I colleghi del Manzoni si accapigliano nel cercare di definirlo
Assai diverse e fortemente contrastanti sono state nel tempo le interpretazioni della visione manzoniana del mondo fornite dai colleghi scrittori. Alberto Moravia ha formulato l’ipotesi di un “realismo cattolico” nel romanzo, in cui ci sarebbero da una parte aspetti di sensibilità di fronte ai problemi sociali e dall’altra prodromi del decadentismo, mentre Carlo Emilio Gadda, autore di una Apologia manzoniana, nel saggio Manzoni diviso in tre dal bisturi di Moravia rifiuta in modo netto la tripartizione moraviana propaganda – attenzione alla politica – pessimismo decadente. Italo Calvino pone l’accento sull’assenza dell’idillio nel romanzo e vede il Manzoni come poeta della corruzione, perché riterrebbe assente la Provvidenza e non attribuirebbe alla religione la facoltà di consolare gli esseri umani.
Alcune posizioni critiche innovative
Un filone della critica ha rivolto la sua attenzione agli aspetti economico, politico, giuridico presenti nel romanzo. Gian Franco Venè in Il capitale e il poeta. Storia dei rapporti tra il capitalismo e la letteratura italiana dall’illuminismo a Pirandello, Sugar Editore, 1972, ha visto nel Manzoni l’intenzione di realizzare un quadro dell’ascesa della borghesia protesa ad affermarsi contro l’aristocrazia con tutte le contraddizioni del caso. Gino Tellini, Manzoni, Salerno Editrice, 2007, non vede nello scrittore un “edificante campione d’esemplarità religiosa” né un “vate, padre e nume tutelare della patria”, ma insiste sulla “dirompente e per nulla edificante investigazione contestativa della sua opera, sul piano religioso non meno che sul piano civile”. Di recente è stata riconosciuta da Eleonora Mazzoni la sconvolgente portata innovativa dell’opera manzoniana in Il cuore è un guazzabuglio. Vita e capolavoro del rivoluzionario Manzoni, Einaudi, 2023.
Don Lorenzo Milani riconosce il valore sociale dell’opera del Manzoni
Manzoni rivoluzionario? Alla domanda risponde in senso affermativo un sacerdote della statura di Don Milani, anch’egli rivoluzionario. Si veda la sua lettera a Luciano Ichino (1959) inserita in Don Lorenzo Milani – Tutte le opere, volume II, Mondadori, 2017. Don Abbondio, osserva Don Milani, è un personaggio concepito dall’autore come tipo da disprezzare “perché pensava giustamente che sarebbe stato salutare per tutti noi e forse per lui stesso”. Questo disprezzo nei confronti di un prete che “non era nato con un cuor di leone” e si dichiarava “disposto sempre all’ubbidienza” di fronte ai prepotenti era per Don Milani uno dei mezzi da adibire contro ogni pusillanimità, timore, codardia:
“Ma vivete voi senza questi mezzi se vi riesce, ma mandate avanti il mondo e la scuola con castighi armoniosi, con rimproveri temprati secondo i dettami della moderna pedagogia, […] spartite salomonicamente ora per ora il giusto dall’ingiusto, senza lasciar parlare le passioni e il cuore, senza mai schierarvi, senza mai guerra.”
Bisogna essere pronti allo scontro piuttosto che all’incontro. L’incontro può essere occasione di sottomissione, come accade a Don Abbondio apostrofato da quei cattivi dei bravi. La società richiede invece chi sia pronto a lottare per trasformarla. Molto esplicito al riguardo è anche Felice Magnani nel suo Breve saggio sul pensiero manzoniano:
“Sul fronte dell’unità, nel romanzo, vediamo schierati gl’intellettuali e il popolo. Cultura popolare e cultura pedagogico letteraria s’incontrano per dare vita alla cultura della liberazione e della ricostruzione. Valori di civiltà si fondono insieme per formare le coscienze di un popolo che anela all’affrancamento dalla schiavitù materiale, morale, politica e militare. L’intuizione manzoniana è un grande insegnamento per la storia italiana attuale, dominata dalla frammentazione, dalla confusione, dalla preponderanza dell’interesse privato rispetto a quello pubblico.”
La componente morale fra le altre componenti della lezione manzoniana
Forse uno degli insegnamenti più attuali che si possono ricavare dalla narrativa manzoniana verte sulla dimensione morale dell’individuo, essendo propenso l’autore a ritenere “che la cognizione del male quando ne produce l’orrore sia non solo innocua ma utile.” L’orrore e insieme la pietà costituiscono l’effetto esercitato sugli spettatori nella tragedia a partire dall’antichità classica. Nel raffigurare il personaggio della Monaca di Monza il Manzoni nello stesso tempo si ispira a questa tradizione e se ne distacca. Orrore e pietà nella tragedia di ascendenza greca raggiungono il culmine nel momento in cui la vicenda drammatica giunge a conclusione e sollecita la catarsi, mentre nella psiche della Gertrude del Manzoni resta qualcosa d’inesplorato, d’insondabile, di incomprensibile, come ha notato Salvatore Battaglia.
È caratteristica del cristianesimo nella sua forma cattolica concepire la dicotomia angelo-demone nell’anima di ogni essere umano. In Gertrude si realizza la poetica del non finito: costei, restando avvolta nel mistero, spinge il lettore a interrogarsi su sé stesso, ritrovandosi perplesso e sospeso sul margine estremo dell’abisso della propria coscienza ed essendo chiamato d’istante in istante a una scelta fra le alternative. Quella scelta positiva che si riscontra nella conversione dell’Innominato.
Il Manzoni ci spinge a riflettere sul male e a riconoscerlo in noi per superarlo: riflessione e riconoscimento che oggi più che mai occorre sollecitare nelle giovani generazioni. Molte altre sono le componenti dell’ideologia manzoniana e la componente morale va considerata nella poliedricità dell’avventura razionale e sentimentale del Manzoni, autore complesso che ci insegna fra l’altro a renderci conto di quanto sia impegnativo il compito di educare.
Riferimenti
Per i discorsi sul Manzoni del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella e di Papa Francesco:
Per gli atti di un importante convegno sul Manzoni in prospettiva educativa:
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