Matematica in campo. L’arte del calcio fra superstizione, eroismo e scienza: “è stata l’anema ‘e Maradona”
Maradona irride i potenti,
sfida le leggi della fisica,
dimostra che la matematica è poesia,
prova che la poesia è matematica.
Ruggero Cappuccio
L’arte del calcio e la superstizione
“è stata l’anema ‘e Maradona”. Perché anema invece di anima ed ‘e invece di di ? Perché la frase è in una variante del neapolitan language in danger secondo l’UNESCO. E quale ne è il senso? Probabilmente gli appassionati sostenitori della squadra di calcio del Napoli la pronunceranno se il Napoli avrà vinto allo spasimo una partita difficile oppure un prestigioso trofeo. Frase che potrà essere interpretata come segno di superstizione.
Si dirà che la superstizione è qualcosa di negativo. Proviamo però a riflettere sulla connessione fra superstizione e magia come risulta dal Dizionario Treccani:
“La magia, ora considerata superstizione, è stata ed è ancora in culture diverse un mezzo fondamentale per capire e modificare la realtà”.
Dalla voce citata si ricava che all’origine della superstizione è la magia e che la magia è ancora un diffuso fatto culturale di notevole rilevanza sociale. Considerare superstizione la magia è proprio di una realtà disincantata, esente ormai da ogni fede nei prodigi. Subentrata alla figura del mago di origine pagana, resiste però in campo religioso la figura cristiana del santo, capace di operare miracoli.
Per i partenopei Maradona è mago e santo insieme.
Per il mondo è stato sommo poeta del calcio e come tale lo si è commemorato alla sua scomparsa terrena. Però non fu solo poeta. In lui si fondevano poesia e scienza come in nessun altro calciatore. La sua psicologia era sapiente e estrosa. Con l’inventiva delle giocate sembrava sfidare, come è stato detto da più parti, le leggi della fisica. In realtà per comprendere la sua matematica artistica bisognerebbe chiamare in causa anche la biologia. Insomma Maradona è interdisciplinare.
L’arte del calcio e l’eroismo
Perché la scomparsa terrena di Maradona ha suscitato scalpore e cordoglio da un capo all’altro del mondo? L’emozione è stata unanime negli Stati Uniti d’America, in Cina, in Russia, oltre che in Europa. Sono state dedicate al fenomeno le prime pagine dei maggiori quotidiani internazionali. Ampio spazio ha avuto l’evento nei programmi radiotelevisivi e su internet. Si è trattato di un accadimento eccezionale, che segna una vera e propria pagina di storia. Sembra quasi che d’ora in poi ci debba essere un prima e un dopo di lui non solo nel calcio. Come spiegarlo?
Il gioco del calcio in Europa sono stati gli inglesi a introdurlo nella seconda metà dell’Ottocento, ma le sue origini millenarie risalgono alle antichità orientali. Fin da allora l’homo ludens, così definito da Johan Huizinga, si è sentito gratificato da questo gioco in misura superiore rispetto agli altri sport. È il gioco caro alle folle. In esso continua a realizzarsi il mito. Su “Il Mattino” del 27 novembre 2020 così si è espresso lo scrittore e regista Ruggero Cappuccio:
“Non c’è mai vera, grande politica senza il mito. E Diego ha radunato folle, costruito consenso”.
Su “La Repubblica” in pari data così si è espresso il filosofo Massimo Cacciari:
“Viviamo l’era della secolarizzazione, della desacralizzazione, e proprio per questo il mito, quando esiste e resiste, emerge con forza straordinaria”.
Su “La Repubblica” del 29 settembre 2020 Guido Trombetti, Professore Emerito di Analisi Matematica, nel taglio basso Maradona che visse per sempre si è ricollegato a Massimo Cacciari, che aveva visto in Maradona “un Ulisse” perché “callidus, veloce di gambe e di pensiero”. E ha rinviato alla voce mito nell’Enciclopedia on line su treccani.it:
“Dal greco μῦθος (parola, racconto), una narrazione di particolari gesta compiute da dei, semidei, eroi e mostri …. Caratteristica essenziale del m. è che esso si sia diffuso oralmente prima di essere scritto, e che si perpetui nella tradizione di un popolo”.
Più ampia è la trattazione della voce mito nel Vocabolario on line su treccani.it, ove a μῦθος corrispondono “parola, discorso, racconto, favola, leggenda”. Dalla trattazione del significato di “fenomeno antropologico” in senso stretto si passa al significato per estensione:
“Idealizzazione di un evento o personaggio storico che assume, nella coscienza dei posteri o anche dei contemporanei, carattere e proporzione quasi leggendari, esercitando un forte potere di attrazione sulla fantasia e sul sentimento di un popolo o di un’età”.
Maradona, oltre che mago e santo, è anche eroe.
Da personaggio storico assume dimensioni eroiche nell’odierno mondo globalizzato, che dedica un’attenzione occasionale a chi si prodiga per il bene della comunità. È divenuto qualcosa di solido e duraturo nell’effimera modernità liquida su cui disserta Zygmunt Bauman. La risonanza delle sue gesta è stata amplificata sul piano cosmico dai mezzi di comunicazione di massa. Il 25 novembre 2020 era la data della ricorrenza annuale della giornata mondiale dedicata a sensibilizzare l’umanità sul drammatico problema della violenza contro le donne, che ha finito col restare oscurata dalla coincidenza con la data della sua morte. Resta il fatto che le giornate mondiali su questo o quell’argomento possono lasciare il tempo che trovano, se non ci si dedica a mobilitare le coscienze contro fenomeni di estrema gravità ogni giorno e non solo un giorno all’anno.
Intanto occorre andare oltre ogni riflessione estemporanea sul fascino e sulla potenza del mito.
La celebrazione di Maradona è espressione di una costante antropologica che si perpetua dalle origini dell’umanità. Le scienze umane sono chiamate a mobilitarsi per approfondire l’argomento. Chiediamoci perché nella memoria storica restino impresse certe figure e certe gesta. Pensiamo agli eroi nel tempo. Di volta in volta assumono caratteristiche diverse, eppure la loro dimensione continua a restare eroica. Almeno fino all’età contemporanea, in cui dobbiamo riconoscere con Salvatore Battaglia la crisi dell’eroe, al quale subentra la “favola quotidiana e diseroica dell’uomo odierno”.
Eppure il bisogno di eroi, sventurato o meno che sia, resta latente nell’intimo.
Massimo Cacciari ha ragione. L’uomo odierno, disincantato a causa della pervasività della scienza nel mondo in cui vive, sente pascolianamente l’oscura necessità di un ritorno all’infanzia del genere umano. Vuole stupirsi, meravigliarsi, ammirare. È come se l’esistenza dell’eroe lo risarcisse di una perdita di identità, assicurandogli che il suo io è ancora capace di riconoscere il sublime. Mentre si va delineando una società robotizzata, va alla ricerca di ciò di cui i robot non sono capaci: quella di sognare. Ormai solo nel sogno gli esseri comuni possono sfidare l’ignoto, inventando una realtà in cui si dia ordine al caso. Per inventarla, vi sono leggi da trasgredire fra realtà e apparenza.
La trasgressività eccellente la si ritrova nel gioco.
Ciò avviene in misura notevole proprio nel gioco del calcio. Ammiriamo quel calciatore che vorremmo essere. Anche se alla fine il racconto della sua vita si è rivelato tragico per errore. Scrive Aristotele nella Poetica a proposito della tragedia:
“È dunque necessario che un racconto ben fatto sia piuttosto semplice che non duplice, come invece dicono alcuni, e che tratti di un rovesciamento non dalla sfortuna alla fortuna ma al contrario dalla fortuna alla sfortuna, e non a motivo della malvagità ma per un grande errore di un uomo come si è detto e di uno piuttosto migliore che peggiore dell’ordinario.
C’è stato chi si è dichiarato stanco di tanto interesse per Maradona, parlando di insopportabile retorica, ma con ciò ha dimostrato di non saper sognare.
Su redbull.com si può leggere un’intervista a David Sumpter, Professore di Matematica Applicata all’Università di Uppsala, autore di La matematica del gol. Quando la scienza entra in campo. Sul suo sito personale david-sumpter.com si possono riscontrare gli algoritmi da lui applicati al calcio dopo averli applicati a lungo a gruppi animali. Nel tanto decantato Calcio Perfetto del Barcellona ha riscontrato la predilezione per il triangolo come spazio per gestire il pallone. Spazio triangolare non statico, perché modificato a seconda del dinamismo delle triangolazioni dei calciatori:
“Si tratta di uno schema di gioco molto semplice, ma va a creare una trama geometrica estremamente complessa”.
La casualità complica i calcoli, che devono tener conto dei momenti imprevedibili presenti in ogni gara.
Si sa che un lancio lungo può avere esito positivo o meno a seconda della precisione del tiro, della capacità di stoppare la sfera da parte del destinatario, dell’eventuale intercettazione avversaria. Si sa che le verticalizzazioni improvvise possono essere coronate da successo o interrotte da falli, interventi arbitrali, abilità degli avversari, risentimenti muscolari, scivolate accidentali. I matematici, per poter lavorare sulla materia, hanno bisogno che i club forniscano dati tecnici sulla base dei quali tener conto delle variabili implicate. Si tratta non di aspirare a una scienza esatta del calcio, ma di perfezionare sempre più le capacità previsionali.
Su askanews.it si dà notizia della ricerca scientifica The Team Brain: Soccer Analysis and Battles of Mind, condotta dal Professor Massimo Marchiori del Dipartimento di Matematica dell’Università di Padova, premiata al Congresso mondiale della Cyber Scienza. Per il team ogni squadra va concepita come insieme di “cervelli pensanti” dotati di un “pensiero veloce”. All’interno dell’insieme “il singolo funziona solo in simbiosi collettiva”.
Su napolimagazine.com Giovanni Diana, docente di Matematica e Fisica presso il Liceo scientifico “Enrico Fermi” di Aversa, inquadra storicamente la questione. Dopo un excursus storico sull’utilità pratica delle attività di tipo simil-sportivo proprie della caccia e della guerra, giunge a delineare per il gioco del calcio una “teoria fisico-matematica sui moti parabolici”. Nel calcio sono importanti due tipi di movimento: traslatorio e rotatorio. Questi variano a seconda di una serie di fattori: forza, velocità, inclinazione, angolo di rotazione.
Su matematica.unibocconi.it il titolo Un calcio alla Matematica, ovvero Palanca!!! …chi era costui? introduce la sintesi di un lavoro svolto da studenti del Liceo classico “Galluppi” di Catanzaro coordinati da un team di docenti sulla matematica applicata al calcio. Si parte ovviamente dalla configurazione geometrica del terreno di gioco con le relative dimensioni.
L’angolo visuale della porta all’interno di un sistema di riferimento cartesiano è un fattore importante.
Lo studio della variazione della tangente all’angolo visuale del calciatore, tenendo conto della distanza di questi dalla porta, consente di ricavare la posizione che ottimizza la sua visione. Diverse sono le posizioni da considerare: sulla linea del fallo laterale, lungo la linea di mezzeria, una qualunque altra posizione. Altri elementi utili per lo studio dei movimenti lungo gli assi longitudinali si ottengono ricorrendo al teorema di Carnot, alle funzioni, al calcolo infinitesimale. Questa ricerca è stata stimolata dalla circostanza che il calciatore catanzarese Massimo Palanca era capace di segnare direttamente da calcio d’angolo con un suo particolare tiro ad effetto. Nel rinviare al sito citato per ulteriori notizie sul team, si ripropone qui la sintesi del lavoro con qualche lacuna (il lavoro originale non risulta disponibile sul sito mediateca/documenti/Galluppi indicato) per una valutazione del metodo e dei risultati.
SAGGIO MARADONA
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