Torniamo indietro di 100 anni. Le donne della Mathesis e autrici del Periodico. La figura di Adriana Enriques e il ricordo di Albert Einstein.
Contesto socio-culturale di circa un secolo fa.
Anche se la parità di genere nel campo delle Scienze non è stata ancora del tutto raggiunta, possiamo affermare che attualmente anche in Italia il contributo femminile in ambito matematico è senz’altro rilevante.
Non volendo rinunciare alla prospettiva storica, facciamo un salto indietro per conoscere le figure femminili che un secolo fa si sono distinte nella ricerca o nell’insegnamento della matematica e per ricostruire il contesto socio-culturale in cui sono riuscite ad affermarsi.
Il campo dell’istruzione era regolato, fin dal 1859, dalla Legge Casati, modificata varie volte fino alla completa riforma, applicata da Giovanni Gentile nel 1923.
Anche se uno dei principi fondamentali della legge Casati era l’affermazione dell’uguaglianza dei due sessi di fronte alla necessità dell’educazione, non era facile abbattere le barriere socio-culturali che di fatto condizionavano i percorsi scolastici delle ragazze, specialmente quelle dei ceti meno elevati.
Da una parte, secondo la cultura dominante, le donne dovevano acquisire competenze diverse da quelle degli uomini, ai quali erano riservati le professioni e gli incarichi più elevati, tanto che l’istruzione femminile appariva come uno spreco di tempo e di risorse o addirittura una minaccia per l’equilibrio familiare. Dall’altro canto anche se la Legge non vietava alle ragazze l’iscrizione ai licei e l’accesso alle università, le poche coraggiose che ne facevano richiesta , il più delle volte non venivano ammesse. Il rifiuto era motivato soprattutto dalla necessità di evitare la promiscuità dei due sessi nelle aule scolastiche e universitarie, considerata inopportuna se non disdicevole.
Il lavoro considerato più «femminile», più vicino all’immagine della donna che accudisce e educa i fanciulli, era naturalmente l’insegnamento elementare al quale si poteva accedere attraverso le scuole normali di durata triennale, con inizio a 15 anni per le femmine e a 16 per i maschi.
Per i ceti inferiori le scuole normali erano l’alternativa agli istituti professionali e il ruolo di maestra era occasione di emancipazione e riscatto per le donne.
Sull’onda delle rivendicazione dei movimenti femministi e grazie all’appoggio di alcuni intellettuali progressisti, si cominciò ad attuare una politica scolastica più favorevole alle donne e soprattutto iniziò, nella società, un lento cambiamento di mentalità.
Il diritto alle donne a conseguire una laurea fu ufficializzato nel 1879 ( regolamento Bonghi) e quello di frequentare il liceo nel 1881 (Decreto Baccelli).
La scelta della facoltà era orientata prevalentemente verso i corsi di studio che permettevano alla donna di dedicarsi all’insegnamento, quindi verso le materie umanistiche ma anche scienze, matematica e fisica. Anche nell’ambiente universitario le donne spesso dovettero combattere alcuni pregiudizi ma incontrarono anche docenti di alta levatura culturale che seppero valorizzarne le capacità e le attitudini.
Va ricordata, per esempio, la disponibilità di Vito Volterra nei confronti delle sue allieve conferendo pari dignità ad entrambi i sessi nelle aule e nei laboratori della scienza e della tecnica.
Di una di esse, Cornelia Fabri, prima laureata all’Ateneo di Pisa nel 1891, Volterra ebbe a dire:
«Conservo vivissima memoria della Signorina Cornelia Fabri, mia allieva all’Università di Pisa la prima, e forse la migliore, fra le molte allieve che ebbi in seguito a Torino e a Roma. Ricordo che il suo esame di laurea fu un avvenimento per l’Università di Pisa, non solo in quanto per la prima volta veniva ivi ad addottorarsi una donna, ma anche perché la prova fu sostenuta in modo ammirevole dalla candidata, che riportò i pieni voti assoluti e la lode. In quell’occasione l’Illustre Preside della facoltà di Scienze, Professore Antonio Pacinotti, pronunziò elevate ed opportune parole, rilevando tutta l’importanza dell’avvenimento, e prevedendo l’aprirsi di una nuova era con l’entrata nel campo della scienza, di eminenti personalità femminili»
Più tardi, anche Federigo Enriques affidò, non solo a sua figlia Adriana, ma anche ad altre sue allieve, vari compiti di collaborazione al Periodico di Matematiche, organo della Mathesis, o alla sezione di matematica dell’Enciclopedia Italiana, di cui era Direttore.
Il ruolo della Mathesis
All’inizio del XX secolo si assiste, a livello mondiale, a un fermento di idee e di esperienze in ambito pedagogico e didattico, che sottolineavano l’importanza dell’educazione e la necessità di una riforma del sistema di istruzione. La Mathesis, fondata nel 1895, si dimostrò un importante punto di riferimento per la scuola e per gli insegnanti di matematica, sia nel dibattito per la revisione dei programmi di matematica, sia nelle discussioni sulla Riforma attuata nel 1923 da Giovanni Gentile.
Nel 1921 presidente della Mathesis era Federigo Enriques.
Matematico ed epistemologo di fama internazionale fu il promotore di una politica culturale di integrazione tra filosofia e scienza, nonché di una feconda campagna per il miglioramento dell’insegnamento della matematica.
Enriques partecipava attivamente al dibattito sulla riforma dell’insegnamento e sulla necessità di una formazione dei futuri docenti in ambito universitario, come traspare anche dalla prefazione programmatica della serie IV del Periodico di Matematiche (1921″Insegnamento dinamico“)
La presenza femminile nella Mathesis e in particolare il contributo apportato al Periodico, possono essere un’interessante testimonianza delle donne che in quegli anni si erano dedicate all’insegnamento della matematica e ne coglievano l’aspetto sociale e culturale.
Innanzi tutto, osserviamo che nell’elenco dei soci della Mathesis, pubblicato nel secondo numero della serie V del Periodico di Matematiche (1922), su circa 880 iscritti circa il 26% sono nomi femminili, mentre le figure femminili tra gli autori sono in verità molto poche e quasi tutte allieve o collaboratrici di Enriques:
Giuseppina Biggioggero, Clementina Ferrero, Vittoria Notari, Maria Pastori, Maria Teresa Zapelloni.
Uno delle prime autrici da cui cominceremo la nostra rassegna, è Adriana Enriques, figlia di Federigo.
Adriana Enriques (Firenze 1902-Torino 1994). Una ragazza «fortunata».
La famiglia di Federigo Enriques e di sua moglie Luisa Coen rispecchia un atteggiamento culturale comune ad alcuni intellettuali del primo ‘900, proiettati in campo europeo, promotori del valore formativo e sociale della scienza.
I tre figli, Alma, Adriana e Giovanni, furono educati tutti e tre in un clima di grande fermento di idee ma, la secondogenita Adriana dimostrò maggiormente di aver ereditato dal padre l’interesse per la matematica nella sua dimensione storica e nella sua matrice psicologica.
L’articolo , con cui Adriana dà inizio alla sua collaborazione col Periodico di Matematiche, è stato già commentato e analizzato su MATMEDIA dal prof. Biagio Scognamiglio: Una polemica anti-matematica nell’antichità
In questa sede, pertanto, vogliamo solo aggiungere alcune riflessioni.
L’articolo risale al 1921 ( IV Serie N1) e fa parte della sezione “Varietà e questioni proposte”, una sorta di palestra di discussione su argomenti o di risoluzione di problemi interessanti, alcuni di livello universitario, altri alla portata degli studenti di scuola secondaria.
Federigo Enriques aveva appena assunto la Direzione del Periodico che divenne con lui un luogo di incontro di idee e di esperienze didattiche, punto di riferimento e di stimolo per insegnanti e studenti.
Il contributo di Adriana Enriques, allora studentessa di matematica del primo anno di corso all’università di Bologna, aveva molto probabilmente come punto di riferimento il libro pubblicato nello stesso anno dal padre Federigo: “Per una storia della logica“.
D’altro canto, Adriana aveva sicuramente consapevolezza dei mutamenti del pensiero scientifico che hanno caratterizzato il periodo storico che stava vivendo. Conosceva il dibattito sui fondamenti della matematica e sui rapporti tra geometria ed esperienza, dei rivolgimenti di enorme portata nel pensiero scientifico che mettevano in discussione i concetti di spazio, tempo, materia e gravità. Mutamenti che, insieme alla crisi economico sociale generata dal rapido sviluppo industriale e tecnologico, avevano fatto cadere l’ideale positivista e l’incondizionata fiducia nella scienza. La “polemica anti matematica dell’antichità” è un richiamo al valore dello spirito scientifico che si avviava a una nuova fase in modo più maturo e fecondo.
Sempre nel 1921 ebbe l’occasione di conoscere Albert Einstein, invitato da Federigo Enriques per una serie di conferenze, presso l’ateneo bolognese.
Adriana ebbe il gradito compito di accoglierlo al suo arrivo e fargli da guida per fargli conoscere la città.
L’esperienza più gratificante fu però quella di assistere a una sua lezione dedicata esclusivamente agli studenti, lezione che molti anni dopo, in occasione della morte di Einstein, lei ricordò con queste parole :
«Noi giovani godemmo il privilegio di una riunione particolare (dalla quale erano esclusi i professori), in cui lo scienziato rispose con affabilità e chiarezza a tutte le nostre domande. Ricordo che erano presenti i futuri professori Chisini, Todesco, Notari» [A. Enriques, Einstein poteva insegnare all’Università di Roma – “L’Europeo” 1 maggio 1955,].
L’incontro con quei giovani curiosi ed entusiasti deve aver lasciato un segno anche nell’animo di Einstein che, al momento della partenza, dedicò ad Adriana questo aforisma, in cui si esalta la gioia della ricerca e della scoperta: «Lo studio e più in generale l’amore per la bellezza e per la verità, sono cose dinnanzi alle quali si vorrebbe sempre rimanere bambini».
Un anno più tardi Adriana era all’università di Roma, dove aveva seguito il padre e dove si laureò, nel 1925, con una tesi di Statistica di cui era relatore Guido Castelnuovo.
Dedicatasi all’insegnamento, divenne poi autrice di testi di aritmetica e di geometria per le scuole medie e di avviamento professionale.
L’ approccio, in prima istanza pratico e intuitivo, mirava soprattutto a sollecitare un apprendimento attivo da parte degli studenti, inserendosi nel panorama di rinnovamento pedagogico e didattico in cui si distinsero molte figure femminili, quali naturalmente Maria Montessori. Importante sempre il riferimento storico.
La stessa sensibilità traspare nelle note programmatiche del primo articolo di Federigo Enriques nel Periodico:
«L’’insegnamento non può essere un regalo che il maestro faccia a qualcuno che viene ad ascoltare le sue ben tornite lezioni (che, se sta disattento, merita di essere rimproverato per la sua ingratitudine!); ma è piuttosto un aiuto a chi voglia imparare da sé e però sia disposto, anziché a ricevere passivamente, a conquistare il sapere, come una scoperta o un prodotto del proprio spirito».
Federigo Enriques firma poi con queste parole la prefazione a uno dei testi scritti dalla figlia nel 1934:
«Queste idee sono state da me lungamente maturate ma le ho anche inculcate alla mia figliola Adriana, che le ha adottate ed esperimentate. Ella vi ha messo poi qualcosa che io stesso non avrei saputo: un senso pedagogico che è intelligenza ed amore dell’anima del fanciullo …. se non mi illude amore di maestro e di padre – parmi che questo libretto segni un progresso didattico anche in confronto ai testi migliori».
Dodici anni dopo Emma Castelnuovo, cugina più giovane di Adriana dalla quale aveva ricevuto spesso aiuto e consigli, così si esprimeva presso l’Istituto Romano di Cultura matematica, dando inizio alla sua feconda ricerca in ambito pedagogico e didattico:
«E’ possibile, si domanda, creare per la geometria intuitiva un metodo attivo continuo? La risposta si dà subito: lo sviluppo storico è , evidentemente, un lavoro attivo di secoli. Sorge quindi spontanea l’idea di seguire un metodo storico ripassando, naturalmente senza esagerare, per lo stesso travaglio di ricerca ed errori. io intendo, insomma , sostituire a un metodo descrittivo, un metodo costruttivo».
Con le leggi razziali del 1938 il regime fascista privò dei diritti civili e politici i cittadini di origine ebraica.
I libri di testo di Adriana Enriques furono eliminati dalle scuole. Il famoso testo di Geometria che portava le firme di Federigo Enriques e Ugo Amaldi, continuò a circolare solo dopo la revisione del secondo autore che fu costretto a diventarne l’unico firmatario. Federigo fu espulso dall’Università e persino dalla Mathesis.
Nel 1942 pubblicò comunque un ultimo articolo sul Periodico, L’Errore nelle matematiche, sotto lo pseudonimo di Adriano Giovannini, facendone in un certo senso partecipi i suoi figli Adriana e Giovanni.
Dopo la guerra, nel 1944 Federigo ritornò al suo insegnamento e alla direzione del Periodico, solo per due anni, prima della sua scomparsa.
Adriana riprese la sua attività di autrice di libri scolastici e libri di lettura per ragazzi diventando anche, con i suoi fratelli, azionista della Casa Editrice Zanichelli.
Dalla sua biografia emerge il ritratto di una ragazza e, poi, di una donna che ha saputo cogliere le opportunità che le offriva il suo ceto sociale e, soprattutto, l’appartenenza ad una famiglia di mentalità aperta e pronta a sostenere i figli e le figlie nella loro crescita culturale. Una donna che ha vissuto per quasi tutto il secolo ventesimo, sperimentandone gli eventi drammatici delle due guerre e della dittatura fascista, ma anche la ricchezza del progresso scientifico e dei mutamenti sociali.
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