LA DONNA E LA MATEMATICA: ETERNE REGINE
(da Didattica delle scienze 185, pp. 54-55, (1996)
Emilio AMBRISI Ispettore Ministero P.I.
Franco EUGENI Università di Teramo
1. “Lascia le donne e studia la matematica”.
Pare che questo sia stato l’amorevole e caloroso invito rivolto a J. J. Rousseau da una avvenente cortigiana veneziana.
V’è in tale invito tutto il portato sociale e culturale della matematica come modello insuperabile del sapere certo e organizzato nonché del vero studio, quello serio e impegnativo volto a ben educare la mente, quindi di disciplina che sempre ha rappresentato “in assoluto la scienza più severa, più rigorosamente estranea alle alterne vicende della vita che incantano e turbano il cuore umano”.
V’è la concezione della matematica che non ha nulla di frivolo e di volubile, caratteristiche che appaiono più chiaramente collegate ad aspetti femminili. E così, per una fanciulla, ma anche per la donna, non doveva affatto ritenersi naturale ed adeguato lo studio della matematica. Una donna che ragionasse in termini matematici, ammesso che fosse riuscita in questo difficile studio, certamente non corrispondeva ai canoni e agli ideali femminili dell’epoca.
Eppure è proprio l’epoca di Rousseau, e più propriamente quella che immediatamente la precedette, a segnare l’avvio di un graduale avvicinamento della donna alla scienza e più in particolare alla matematica sancendo così la fine del mito di Ipazia.
Ipazia non rimase l’unica matematica
Ipazia, vissuta nel periodo alessandrino, era figlia di Teone, matematico ed astronomo, e dal padre apprese tali discipline e ad esse si appassionò. La sua perizia matematica le fu però fatale: fu accusata di magia e per questo lapidata.
Spesso, nell’antichità, magia e matematica hanno giocato ruoli analoghi e la geometria più volte è stata considerata una magia. Fu decisamente interpretato come un prodotto di magia la predizione dell’eclisse operata da Talete e un fatto magico costituì la misura da lui effettuata dell’altezza della piramide, la gigantesca tomba dei faraone, operazione con la quale Talete sbalordì tutti: agrimensori, sacerdoti e il re.
L’aspetto magico, collegato anche a speculazioni astrologiche alle quali non vennero meno anche illustri matematici, è certamente uno degli altri aspetti che tenne lontano da questa disciplina le donne già così fortemente coinvolte in accuse di stregoneria, come tristemente dovette riscontrare il grande Keplero impegnato a salvare da tale pericolosissima accusa la propria madre.
E’ bene dunque che la donna faccia altre cose e non si impegni nello studio della scienza e della matematica che le sono innaturali.
E’ stato questo in definitiva il pensiero dominante almeno fino a tutto il XVI secolo. La donna è come nel ritratto che ne fa Dante
lo ho parlato a voi, giovani donne
che avete li occhi di bellezze ornati
e la mente d’amor vinta e pensosa
e la matematica richiede invece una mente che non sia vinta ma piena di energia e pronta a vincere.
Ancora Molière, nel Settecento, dirà: “Non sta bene, e per più ragioni, che una donna studi e sappi tante cose”.
A volte, infatti, è proprio lo studio in generale e non solo quello della scienza che non si conviene alle donne. E’ questo un aspetto peraltro solo da poco definitivamente superato.
2. Il secolo XVIII
Il XVIII secolo è caratterizzato oltre che dalle mirabili scoperte scientifiche, dall’aspirazione delle donne, ovviamente nobili, ad addentrarsi nello studio delle scienze e della matematica in particolare e, più in generale, si potrebbe dire da un primo fenomeno di femminismo.
Basti ricordare Sofia di Hannover che Leibnitz ammirò, la principessa di d’Anhalt-Dessau che ispirò a Leonardo Eulero le sue famose “Lettere ad una principessa d’Alemagna”, Carolina di Brandeburgo che attirò la stima di Newton, Emilie du Chatelet che affascinò, oltre a Voltaire, il finissimo Alexis Clairaut. E ancora, Lady Marsham e Lady Wortley Montagu.
Non meno alla moda fu nello stesso periodo di tempo in Italia, Maria Gaetana Agnesi (Milano 1718-1799). L’Agnesi, come la du Chatelet, amò le scienze. Come la du Chatelet rivendicò la parità intellettuale delle donne. Agnesi è rimasta famosa per un’opera, il cui titolo è molto significativo per quell’epoca: “Instituzioni analitiche ad uso della gioventù italiana”; inoltre, il suo nome è legato ad una curva, la cubica di Agnesi, molto nota tra i professori perché oggetto di studio nella preparazione ai concorsi a cattedre di insegnamento delle discipline matematiche.
3. La cultura nei salotti di città
La ragione di tutto ciò risiede nel diverso modo di guardare alla scienza, nell’alta concezione a cui l’avevano portata Galileo e poi Newton e Leibniz, ultimo genio transdisciplinare, secondo N. Wiener, ma ancora di più ad una caratteristica del secolo dei lumi e cioè l’esodo della cultura dalla corte del principe al salotto di città.
E del salotto di città la donna era una componente essenziale, anzi la padrona e regina, il che la rendeva partecipe, in modo rilevante, del nuovo modo di fare cultura; per aiutarla in questo nuovo ruolo, facilitandole altresì l’apprendimento, la stampa assunse una funzione essenziale: il libro si costituì come luogo dell’accumulo del sapere alla portata di tutti. Mirabile fu, soprattutto, la produzione di manuali scientifici ed in particolare matematici.
Lo storico della matematica C. Boyer così commenta: “Il XVIII secolo fu, per eccellenza, il secolo dei manuali di matematica mai prima di allora erano usciti così tanti libri in edizioni così numerose”, e il Riccardi nella sua Bibliografia matematica parla di 3815 pubblicazioni a carattere fisico-matematico solo in Italia e 38 opere stampate in un solo anno, il 1748, l’anno delle Instituzioni della Agnesi.
Ma per svolgere il suo ruolo sociale il libro doveva risultare intelligibile a tutti e presentare i concetti e le procedure matematiche in forma intuitiva e concreta. Così Leonardo Eulero nelle sue più volte citate Lettere inventa quei “diagrammi” ancor oggi utilissimi e noti ai bambini in età scolare, ma in definitiva non solo a loro, detti appunto diagrammi di Eulero.
Lo scopo di una tale invenzione, vera e propria strategia didattica, era per Eulero quello di spiegare la logica e la matematica alla principessa tedesca con uno strumento che traducesse i concetti e le idee in immagini visivamente e chiaramente percepibili con facili disegni.
4. Gli aspetti dell’insegnamento
Le stesse Instituzioni della Agnesi si pongono e sono un’opera didattica di grande valore e successo, testimoniato peraltro dalle numerose edizioni e dalle traduzioni in lingua francese e inglese che di essa furono fatte. M. G. Agnesi fu anche la prima donna cui fosse affidato, dal papa Benedetto XIV, un insegnamento universitario della matematica; incarico che l’Agnesi non accettò, preferendo dedicarsi ai poveri ed assumendo la direzione dei Pio Albergo Trivulzio, istituzione che ai giorni nostri è stata spesso citata: da questa ha preso l’avvio la questione, tutta italiana, di tangentopoli.
Le donne comunque hanno via via assunto posizioni sempre più dominanti nel campo dell’insegnamento ed in quello della pedagogia matematica hanno portato contributi elevatissimi certamente superiori a quelli ottenuti nel campo della pura ricerca scientifica. Il tema dunque è ancora particolarmente aperto ed avvertito, tanto che nei periodici convegni della società internazionale dei matematici una sezione particolare viene, da alcuni anni, dedicata al tema “la donna e la matematica“.
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