Nel bicentenario della morte. Appunti su Napoleone nella letteratura, tra inestinguibil odio e indomato amor.
Napoleone e Leopardi
L’avventura napoleonica è stata fonte di ispirazione per un folto numero di letterati. Era inevitabile per un personaggio eroico di così enorme statura. Fra i letterati che ne hanno sondato la misteriosa dimensione viene generalmente trascurato Giacomo Leopardi. Il nostro poeta gli dà spazio all’interno del proprio pensiero politico nello Zibaldone. Definisce “dispotismo” il suo esercizio del potere. Vi ravvisa “l’esemplare della forse ultima perfezione del dispotismo”. Infatti per lui il suo governo è “dispotico” in un senso particolare:
“[…] Il suo governo, contuttoché dispotico, perciò appunto conservava una vita interna che non si trova ne’ governi dispotici, e non sempre nelle repubbliche, perché l’uomo di talento e di volontà di operare era quasi sicuro di trovare il suo posto di onore e di guadagno”.
La sua era una forma di governo attenta alle esigenze dei cittadini. Il Papa, per avere ragione dei malviventi, distrusse il loro rifugio. Napoleone, per snidare i malandrini, introdusse nella loro contrada giullari e giocolieri, richiamandovi così il popolo.
Per Leopardi il prestigio di Napoleone era dovuto a una forma di amore per il suo eroismo:
“Quella visibilità maggiore della nostra, c’innamora.
I soldati di Napoleone erano innamorati di lui, l’amavano con amor di passione, anche dopo la sua caduta: e ciò malgrado quello che avevano dovuto soffrire per lui […] Così gli strapazzi che gli fa l’amato, infiammano l’amante. E similmente tutta la Francia era innamorata di Napoleone”.
Però Leopardi, nel paragonare Napoleone ad Achille, non si rivela buon profeta:
“Io non dubito punto che di qua a dugent’anni non sia per esser più noto il nome di Achille, vincitor di Troia, che quello di Napoleone, vincitore e signore del mondo civile. Questo sarà uno dei molti, si perderà tra la folla; quello sovrasterà, per esser montato in alto assai prima […]”
Eccoci invece a ricordare Napoleone a duecento anni dalla sua morte.
Napoleone e Foscolo
Nel 1797 Ugo Foscolo compone l’ode A Bonaparte liberatore. Vede in lui l’uomo che libererà l’Italia. Nel 1802 gli si rivolge con l’Orazione a Bonaparte per il Congresso di Lione. Rinnova così la sua richiesta di liberazione dell’Italia. Ben presto resta deluso. Il noto incipit delle Ultime lettere di Jacopo Ortis esprime la delusione per la cessione di Venezia agli Austriaci col trattato di Campoformio:
“Il sacrificio della patria nostra è consumato”.
Napoleone e Monti
In Vincenzo Monti prevale il tono encomiastico. Nel poemetto Prometeo Napoleone è paragonato all’eroe mitologico che rubò il fuoco agli dèi. Analogamente nei poemetti Mascheroniana e Il bardo della selva nera è presente un intento celebrativo. Così Monti palesa il suo intento di affermarsi come un vero e proprio poeta di regime.
Napoleone e Manzoni
Si sa che ad Alessandro Manzoni interessa non Napoleone politico, ma Napoleone uomo, emblema di una gloria incerta ed effimera in confronto all’eternità. Napoleone è trasfigurato cristianamente. Non è lui il vero artefice della storia. La sua vicenda terrena si riduce a esempio della potenza divina di creare, distruggere, consolare:
“ […] Fu vera gloria? Ai posteri
l’ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
fattor, che volle in lui
del creator suo spirito
più vasta orma stampar.
spegni ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò”. (Il cinque maggio, 31-36, 103-108)
Nello stesso tempo l’ode è prova di indubbia maestria poetica.
A partire dal folgorante incipit: “Ei fu”. Incalzante è il ritmo delle strofe. Ciascuna composta da tre settenari sdruccioli in alternanza con tre settenari di cui due piani rimati fra loro all’interno e uno tronco in rima col settenario tronco della strofa successiva. Andamento altalenante che ben si attaglia alla vicenda di grandezza e declino del personaggio.
Scrittori contro Napoleone
Napoleone personaggio controverso. È il destino di tutti coloro che assurgono a dimensioni eroiche. Più sfolgorano le luci, più si incupiscono le ombre. E ci sono scrittori che amano addentrarsi nelle tenebre.
Le confessioni di un italiano di Ippolito Nievo: nel romanzo l’io narrante deplora la sua “ambizione smisurata e noncurante di storia o di popoli”. Che l’ambizione di Napoleone fosse “smisurata” lo si può senz’altro riconoscere, mentre risulta meno agevole comprendere se davvero fosse “noncurante di storia o di popoli”.
Guerra e pace di Lev Tolstoj: il narratore esprime su Napoleone un giudizio impietoso, condizionato forse dall’essere un russo la cui patria era stata da quell’uomo insidiata:
“[…] Mai, sino alla fine della sua vita, egli riuscì a intendere né il bene, né la bellezza, né la verità, né il significato dei propri atti, troppo contrari al bene e al vero, troppo lontani da ogni sentimento umano perché egli ne potesse intendere il significato. Egli non poteva sconfessare i suoi atti, esaltati da mezzo mondo, e perciò doveva rinunziare al vero, al bene e a tutto quello che è umano”.
Napoleone scrittore
Esiste un Memoriale di Sant’Elena di Emmanuel de Las Cases. Dovremmo trovarvi un Napoleone scrittore per interposta persona. Il Conte de Las Cases dichiara di avere raccolto le memorie dell’esule. Non è dato sapere fino a che punto esse siano autentiche e non manipolate. Ritrovato il manoscritto, lo si è messo a confronto con l’edizione a stampa. Sono state riscontrate differenze notevoli. Anche Le guerre di Cesare sarebbero un’opera dettata dall’esule a un amanuense, in questo caso al Generale Jean Gabriel Marchand.
Secondo Alberto Savinio la segreta aspirazione di Napoleone sarebbe stata quella di diventare uno scrittore. Napoleone adolescente figura come autore del romanzo Clisson et Eugénie. Romanzo amoroso, in cui Clisson è attratto prima da Amalia e poi da Eugenia.
Il significato dell’amore per Napoleone
Ci chiediamo non quale significato desse Napoleone all’amore, ma cosa possa significare il fatto che egli suscitasse amore. Leopardi ricorda che i suoi soldati “erano innamorati di lui, l’amavano con amor di passione, anche dopo la sua caduta”, anzi “tutta la Francia era innamorata di Napoleone”. Manzoni allo “inestinguibil odio” contrappone un “indomato amor”. Ebbene, si tratta di un amore-devozione. Il devoto è pronto a dare la vita per la persona amata. Che cosa spinge l’amante devoto ad essere pronto a immolarsi? La riconoscenza per un dono che la persona amata gli fa: il sogno dell’avvenuto riscatto dalla mediocrità della condizione umana grazie alla dimensione eroica della persona amata.
Per approfondire
Matteo Palumbo, Ei fu. Vita letteraria di Napoleone da Foscolo a Gadda, Salerno Editrice
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