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La lingua influenza il modo di fare matematica

La lingua influenza il pensiero e il modo di fare matematica. La correlazione di matematica e latino nell’insegnamento liceale.

Biagio Scognamiglio ha recentemente offerto l’occasione di riparlare del latino come lingua della scienza e della matematica in particolare. Le sue segnalazioni e considerazioni riportano infatti al grande legame che unisce – e molto di più per il passato – latino e matematica nell’insegnamento liceale.  Due discipline fortemente correlate nella valutazione, nel senso che “generalmente” lo studente bravo nell’una lo è nell’altra. Ma anche due discipline molto “discriminanti”: quando esistevano gli esami di riparazione erano quelle che registravano il più elevato numero di “rimandati a settembre”. Cosa che oggi continua a valere, anche se in una forma meno appariscente, con i debiti formativi. Due discipline, infine, le più soggette a contenzioso, in quanto il mancato o debole apprendimento dell’una o dell’altra ha sempre originato contestazioni circa le capacità dei docenti di insegnarle in modo adeguato.

Da un punto di vista molto generale, la lingua latina, diversamente dalla lingua italiana, è sempre stata percepita più vicina alla natura della matematica non compatibile con pensieri imprecisi e nebulosi.

La questione, non di oggi, ha alle spalle un’ampia letteratura.

La particolarità delle lingue, la loro adeguatezza alla precisione e concisione richieste dalla matematica, la loro influenza sul pensiero  sono temi che hanno richiamato più di una riflessione. E che il latino si presti bene a tali funzioni è stato spesso sottolineato. Una conferma di ciò è la passione che tanti matematici di valore hanno nutrito per questa lingua. esternandone la conoscenza con dotte e pertinenti citazioni nei loro scritti.

Una pagina interessante sul rapporto della matematica con le lingue l’ha scritta tempo fa Stanislaw Ulam.

Una pagina della sua autobiografia

Un passo antologico che vale la pena di riportare e inserire nell’antologia della letteratura matematica di cui spesso si è parlato su questo sito.

È anche troppo evidente che la lingua francese possiede una chiarezza che non esiste in nessun’altra lingua ed io credo che tutto ciò si rifletta sulla letteratura matematica e scientifica. Generalmente i pensieri sono, dalla lingua stessa, guidati secondo linee di ragionamento diverse. In francese mi si sviluppa un’attitudine alla generalizzazione e mi viene più naturale l’essere conciso e il cercare di semplificare il periodo; in inglese è più facile vedere il senso pratico delle cose; il tedesco spinge ad un maggiore, e forse eccessivo, approfondimento.

Nella lingua polacca e in quella russa, il linguaggio costituisce di per sé una sorta di infuso, come se i pensieri si andassero sviluppando a guisa di un tè che diventa sempre più forte. Le lingue slave sono per lo più riflessive, piene di sentimento, estroverse, più psicologiche che filosofiche, ma non sono confuse e non si lasciano trasportare dalle parole come nella lingua tedesca, dove le parole e le sillabe si concatenano fra di loro. La conseguenza è che talvolta si finisce col concatenare pensieri che non combaciano perfettamente l’uno con l’altro. Qualcosa di ancora diverso è il latino. Esso rappresenta l’ordine e vi è sempre insita una grande chiarezza; le parole sono separate e non si incollano l’una all’altra come in tedesco; è come se si trattasse di un buon riso al dente paragonato ad un riso scotto.Stanislaw M. Ulam - Avventure di un matematico, Sellerio 1995

Quella di Ulam è una testimonianza importante.

Stanislaw Ulam (1909-1984)

Grande matematico poliglotta, offre una comparazione preziosa, probabilmente unica: la lingua è sostegno dei pensieri ma è anche “spazio” alla René Thom, luogo di decolli semantici verso direzioni diverse; dove cioè i ragionamenti possono concatenarsi diversamente e seguire linee di forze come in un campo attrattivo. Nel suo discorso Ulam sembra anche conferire al francese una funzione privilegiata nell’ambito dell’attività matematica, funzione che gli eredi di Cartesio hanno spesso alimentato, presentandosi come interpreti fedeli del razionalismo puro, statisticamente i più premiati nel novero del genio matematico universale.

La lingua influenza dunque i pensieri; ma al di là della lingua, fare matematica è un’attività che allena il cervello. Come capita per gli sport, dove l’esercizio migliora le prestazioni individuali, fare matematica – fu il problema posto dallo stesso Ulam – dovrebbe migliorare le capacità di funzionamento del cervello umano. Portare addirittura, nel lungo corso dell’evoluzione, a modifiche genetiche con un aumento significativo delle connessioni cerebrali. Con ciò anche il destino dell’umanità ne sarebbe interessato. Un tema appassionante per i docenti e un tema interessante anche per la ricerca scientifica.

Autore

  • Emilio Ambrisi

    Laureato in matematica, docente, preside (dal 1983) e ispettore ministeriale (dal 1991). Dal 2004 al 2015 responsabile, per il settore della matematica e della fisica, della Struttura Tecnica del Ministero dell'Istruzione. Dal 1980 Segretario Nazionale della Mathesis e, successivamente, Vice-Presidente. Dal 2009 al 2019 Presidente Nazionale e direttore del Periodico di Matematiche.

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