Il sacro rito degli Esami. La struttura e i contenuti della prova scritta di matematica alla maturità 2022.
Gli esami di Stato
Una volta alle elementari oltre agli esami di licenza c’erano anche esami a conclusione della seconda classe. Gli undicenni che proseguivano nella scuola media sostenevano poi gli esami di ammissione. Si arrivava così agli esami di licenza media e infine a quelli di maturità. E tutti gli anni c’erano, per chi non aveva studiato a sufficienza, gli esami di riparazione a settembre.
Nell’attuale sistema educativo dell’istruzione e della formazione gli esami che un allievo deve sostenere nel corso della sua carriera scolastica sono solo due: gli esami di Stato a conclusione del primo ciclo (ex licenza di scuola media) e quelli che dal 1999 sono esami di Stato conclusivi della scuola secondaria di secondo grado, ma che la gente preferisce ancora chiamare di “maturità” per sinteticità, per ricchezza di significato e perché non ha mai capito bene perché non si dovrebbero chiamare così.
In entrambi gli esami, la matematica è presente come prova scritta, ma nel secondo ciclo limitatamente ai percorsi di studi degli indirizzi di liceo scientifico.
Gli esami sono una gran cosa: se non ci fossero bisognerebbe inventarli.
Sono stati ridotti a due? Bene: occorre dare loro la giusta rilevanza. Il fatto è che possono essere più o meno impegnativi per come sono strutturati e organizzati. La loro celebrazione però, più o meno seria, è un fatto di ambiente. Dipende da come le componenti interessate li vivono e si preparano ad affrontarli. E, se solo si volesse, potrebbero risultare il migliore indicatore del funzionamento delle scuole, delle capacità professionali di presidi e docenti, della vivacità culturale del Paese, del grado di rispetto e di fiducia dell’intera comunità per l’istituzione scuola.
La prova scritta di matematica della maturità scientifica: struttura e contenuti.
La prova scritta della maturità scientifica, per il suo carattere di “prova ministeriale” ha sempre avuto, per docenti e studenti, il ruolo, molto importante, di meta verso la quale dirigere l’azione didattica e l’impegno di studio. I problemi assegnati agli esami di Stato sono stati costantemente riportati su tutti i libri di testo come raccolta per le necessarie esercitazioni e ancora costituiscono la parte rilevante su cui concentrare insegnamento e studio. Gli esempi delle tracce di prova scritta, più di ogni quadro di riferimento, sono il grande e reale orientamento per tutti.
Struttura
Fino al 1970 la prova è consistita di un unico problema, poi si è data la possibilità di operare delle scelte: risolvere due problemi fra i tre o quattro proposti.
Dal 2001 la prova è stata articolata in problemi e quesiti con la richiesta di risolvere un problema e di rispondere a cinque quesiti. Ha funzionato benissimo. Una manna per l’insegnamento della matematica grazie anche a quella distinzione tra problema e quesito, alquanto artificiosa, ma alla resa dei conti molto utile.
Nel settembre del 2014, in vista del completamento del primo quinquennio delle Indicazioni Nazionali, era stato prospettato un cambiamento di struttura: tre quesiti obbligatori e tre quesiti a scelta su sei proposti. Il cambiamento però non fu attuato: sarebbe stato difficile accordarsi su ciò che fosse obbligatorio e ciò che potesse non esserlo, differenza infatti non rinvenibile neppure nelle mal scritte Indicazioni Nazionali del 2010.
L’esempio lo si cita perché sintomatico di quello che spesso è avvenuto: cioè proposte avanzate da “esperti” chiamati ad esprimersi su temi nei quali avevano scarsissima competenza. Il gruppo di esperti comunque era stato costituito dal direttore generale degli ordinamenti scolastici e aveva “lavorato” per più di un anno.
Le prove 2016–2017–2018 hanno presentato variazioni non nella struttura, ma nelle formulazioni dei problemi, più lunghe per una non meglio precisata tendenza ad essere di realtà o autentici.
Dalla sessione 2019 la prova è diventata multidisciplinare: matematica e fisica.
Una grande novità, tesa a superare il dover scegliere tra la matematica e la fisica e a rinsaldare il vincolo tra le discipline, così favorendo la visione interdisciplinare sia nei problemi che nei quesiti, ridotti però a otto.
Il 2020 e 2021 sono stati gli anni della emergenza pandemica.
Gli Esami di Stato sono stati celebrati in deroga alle norme vigenti: l’esame è stato solo orale. Sono stati però gli anni dell’esperienza dell’elaborato assegnato preventivamente dal docente e discusso al colloquio, del quale era punto di partenza.
Un’esperienza che ha presentato indubbie positività.
La più rilevante: il carattere “pubblico”della traccia, che ha giocato un ruolo fondamentale nel motivare i docenti. Quelli più attenti e preparati hanno assegnato tracce ben poste, alla portata dei loro studenti. Tracce legate all’attività didattica sviluppata e ancora da sviluppare. I più disattenti e i “seguaci dell’essere contro” hanno dato tracce scritte male o copiate, talora molto difficili, e poi si sono lamentati degli studenti che avevano fatto ricorso a docenti esterni. L’esperienza nei due anni è stata monitorata, per quel che era possibile fare, da Matmedia e ha prodotto due specifici Report.
Stante il regime di precarietà formativa dovuta agli strascichi della pandemia, una gestione ministeriale educativamente esperta avrebbe, forse, prorogato la formula anche per il 2022, inventandosi qualcosa per incentivare l’attenzione e tesorizzare l’esperienza.
Invece si va verso una nuova sperimentazione di un solo anno.
Una prova scritta non ministeriale ma locale, predisposta dalla scuola. La traccia sarà solo di matematica e sarà sorteggiata la mattina dell’esame fra tre proposte. La struttura: due problemi e otto quesiti. Gli autori dei testi delle prove saranno comunque i docenti, che ne fisseranno anche la durata: da quattro a sei ore. Anche per questa nuova esperienza, il dovere della Scuola è di mostrare il meglio di sé: lavorare per aspirare a tracce di buon livello e aumentare il dibattito e il confronto sia interno che esterno al proprio istituto.
I Contenuti della prova
Per più decenni il problema della maturità scientifica è stato un problema di algebra applicata alla geometria, con parametri e relativa discussione.
Dal 1971, chiusa l’esperienza esclusiva della trinomite, la prova è divenuta, in modo dominante, lo studio di una funzione.
Un cambiamento notevole c’è stato dal 2001 in poi.
La struttura della prova, con la possibilità di scegliere tra quesiti e problemi, anche questi articolati in quesiti, ha rivelato tutta l’utilità di cui si è detto sopra. Utile per spaziare nei programmi d’insegnamento, soddisfacendo ad impostazioni didattiche, tematiche e propensioni le più diversificate. Utile cioè per assicurare la presenza di tradizione e innovazione. L’algebra applicata alla geometria, piana e solida, i luoghi geometrici, le equazioni parametriche, la combinatoria e la discussione del trinomio accanto a calcolo delle probabilità, statistica, approssimazioni e calcolo numerico, geometrie non euclidee, teoria degli insiemi, trasformazioni e strutture algebriche, storia della matematica, dimostrazioni, algoritmi, applicazioni, legami interdisciplinari.
La più rilevante delle novità nei contenuti ha riguardato proprio il classico studio di funzione e ne ha sovvertito gli schemi.
Non più la canonica richiesta di arrivare a disegnare il grafico di una funzione la cui espressione analitica è comunque data, ma il viceversa. Il processo risolutivo invertito: assegnato il grafico, risalire ad una possibile espressione analitica della funzione. Cambiamento notevole, che ha significato molto per l’insegnamento della matematica e per tutto ciò che vi è collegato. Questo ribaltamento della prospettiva è stato realizzato nel 2010. Il primo grafico fu proposto nel problema 1 del 2010 nella sessione ordinaria del PNI.
Il cambiamento era stato favorito dalla possibilità, finalmente, di inserire figure e grafici nei temi d’esame.
Dal 1924, infatti, le tracce di matematica avevano avuto come caratteristica quella di essere senza figure. Scelta consigliata dall’ordinamento dell’esame, dalla segretezza, dalle modalità di riproduzione delle copie per tutte le scuole.
Il primo disegno è del 2007, con il seguente quesito:
La regione R delimitata dal grafico di y = 2 √x , dall’asse x e dalla retta x = 1 (in figura) è la base di un solido S le cui sezioni, ottenute tagliando S con piani perpendicolari all’asse x, sono tutte triangoli equilateri. Si calcoli il volume di S.
Un quesito che riguarda un’altra delle più significative novità introdotte attraverso problemi e quesiti.
Qualcosa che era per lo più ignorato nell’insegnamento della matematica in Italia, non presente nei libri di testo e neppure nei manuali in uso nelle Università, ad eccezione di qualche traduzione dall’estero. Riguarda l’applicazione degli integrali al calcolo di aree e volumi. Non un nuovo argomento, quanto piuttosto il rafforzamento del concetto di integrale attraverso il “vedere” l’area o il volume variamente composto o dinamicamente “riempito”.
Il primo esempio risale al 2005.
Si trattava di determinare il volume di un solido di cui si conosce la base e si sa che tagliato a fette (come si fa solitamente con un salame) dà tutte “fette” che sono della stessa forma: nel caso si trattava di quadrati.
Da allora la questione non è mai mancata nei problemi o nei quesiti anche nel corso dell’esperienza pandemica dell’elaborato del colloquio. Un generale riconoscimento questo della sua efficacia didattica che consiste nel saper vedere un volume al modo di Bonaventura Cavalieri come un mucchio di fogli o fette o sezioni piane. Fette e fogli che si arrotolano e diventano superfici cilindriche nel caso di solidi di rotazione e portano a vedere il volume del solido come una cipolla: una serie di gusci cilindrici di raggi crescenti.
Una innovazione decisamente significativa che non mancò di sollevare gli strilli dei beoti: “Non è di programma, non si trova sui libri di testo!”. Come se il saper vedere in matematica, in definitiva la stessa risoluzione dei problemi, fosse un fatto di programmi o di manuali.
Le innovazioni di cui si è fatto cenno non sono state le uniche. Tra esse vanno incluse le ricorrenti richieste del tipo “si spieghi“, “si illustri” con un chiaro riferimento alla capacità di sapersi esprimere in lingua matematica.
NOTE
Informazioni più generali sul tema si possono attingere anche dalle Indagini Matmedia e dagli articoli:
- Le applicazioni degli integrali al calcolo di aree e volumi nelle prove di maturità (Angelo Ambrisi, 2011)
- Volumi: dagli indivisibili agli integrali a fette (Vincenza Fico, 2014)
- I cambiamenti nelle prove d’esame degli ultimi anni (Emilio Ambrisi, 2015)
- Esempi di prove tematiche (2019)
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