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L’arte di insegnare

L’insegnamento è un’arte. Un’arte antica che ha qualcosa in comune con il teatro e la musica e talvolta anche con la poesia e addirittura la volgarità. I trucchi antichi del mestiere.

L’insegnamento della matematica non è una scienza, ma un’arte.

Questa opinione è stata espressa da tanta gente e tante volte che mi sento un po’ imbarazzato a ripeterla. Se però abbandoniamo una generalità in certo qual modo trita e ritrita e scendiamo a particolari appropriati, possiamo vedere alcuni trucchi del nostro mestiere sotto un aspetto istruttivo. L’insegnamento ha ovviamente molto in comune con l’arte teatrale. Per esempio, dovete presentare alla vostra classe una dimostrazione che conoscete alla perfezione, avendola già presentata una quantità di volte negli anni precedente nel medesimo corso. Certamente non potete essere eccitato per questa dimostrazione – ma, per fav0re, non fatelo capire alla scolaresca; se avete l’aria annoiata, tutta la scolaresca sarà annoiata. Fingete di essere eccitato per la dimostrazione quando la incominciate, fingete di avere delle idee brillanti mentre la svolgete, fingete di essere sorpreso e sollevato quando la dimostrazione ha termine.

Dovreste recitare un po’ per il bene dei vostri studenti che, ogni tanto, possono imparare di più dai vostri atteggiamenti che dall’argomento presentato. Devo confessare che mi piace recitare un po’, specialmente ora che sono vecchio e molto raramente trovo qualche cosa di nuovo nella matematica: posso trovare un po’ di soddisfazione nel tornare a recitare in che modo scoprii questo o quel piccolo punto in passato.

In modo meno evidente, l’insegnamento ha qualche cosa in comune anche con la musica. Naturalmente sapete che l’insegnante deve ripetere le cose non una o due volte, ma tre o quattro o anche più. Ma, ripetere la stessa cosa tante volte senza sosta e senza cambiamenti può risultare terribilmente noioso e mancare lo scopo. Bene, potete imparare come fare meglio dai compositori. Una delle principali forme dell’arte musicale è “aria con variazioni”. Trasportando questa forma d’arte dalla musica all’insegnamento, incominciate col dire la frase nella sua forma più semplice; poi la ripetete cambiandola un po’; poi la ripetete ancora con un po’ più di colore, e così via: potete terminare, ritornando alla semplice formulazione primitiva.

Un’altra forma d’arte musicale è il “rondò”. Trasportando il rondò dalla musica all’insegnamento, ripetete la stessa frase essenziale molte volte con poco o nessun cambiamento, ma inserite fra due ripetizioni del materiale illustrativo, appropriatamente contrastante. Spero che la prossima volta che ascolterete un tema con variazioni di Beethoven o un rondò di Mozart farete un pensierino per il miglioramento del vostro modo di insegnamento.

Di tanto in tanto l’insegnamento può avvicinarsi alla poesia, e talvolta alla volgarità. Posso raccontarvi una storiella sul grande Einstein? Una volta sentii Einstein che parlava con un gruppo di fisici durante un ricevimento. “Perché tutti gli elettroni hanno la stessa carica?” egli chiese. “Bene, perché tutte le palline dello sterco di caprone hanno la stessa misura?” Perché Einstein chiese ciò? Solo per far inarcare le sopracciglia a qualche snob? Egli non era restio a far questo, penso. Ma probabilmente andava oltre. Non credo che l’osservazione di Einstein, da me udita per caso, fosse del tutto casuale.

Ad ogni modo, ho imparato qualche cosa da essa: le astrazioni sono importanti; usate tutti i mezzi per renderle più tangibili. Nulla è troppo buono o troppo cattivo, troppo poetico o troppo banale per chiarire le vostre astrazioni. come disse Montaigne: La verità è una cosa così grande che non dobbiamo disdegnare alcun mezzo che potrebbe condurre ad essa. Perciò, se lo spirito vi spinge ad essere un po’ poetici, o un po’ volgari, nella vostra classe, non abbiate il genere sbagliato di inibizioni.George Polya, La scoperta matematica, vol. II, pagg. 360-361 (1970)

 

 

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