La Trigonometria, terzo dei capitoli canonici, giusto a metà del percorso di questa breve storia della matematica.
Se l’Algebra ha in Diofanto la figura più accreditata di padre fondatore, la Trigonometria questo ruolo sembra assegnarlo a Ipparco di Nicea vissuto tra il 190 e il 120 a.C.n.. La storia breve della Trigonometria che propongo muove i suoi passi a partire da questo grande amante del cielo e dei moti del Sole e della Luna.
Da Ipparco, bastano pochi passi per portarsi ad incontrare Menelao. E quindi, Claudio Tolomeo, l’autore dell’Almagesto. Lo scrigno delle antiche grandi verità e del teorema di Tolomeo: sia ABCD un qualsiasi quadrilatero convesso inscrivibile in un cerchio. Allora: AB⋅CD + BC⋅AD=AC⋅BD.
Verità geometrica che si tramuta in basilari formule trignometriche.
Eppoi i matematici indiani, in particolare Aryabhata, e gli arabi – segnatamente Albatenio, al-Ḵwārizmī, Abu’l-Wafa, Nasir Eddin –.
Attraverso l’onda lunga del periodo dell’Umanesimo e delle traduzioni delle grandi opere si giunge a Johann Müller, più noto come Regiomontano e a quella che è la valle dell’Eden della trigonometria: il Cinquecento. Ecco allora Johannes Werner che ricavò le formule che oggi portano il suo nome e quelle di prostaferesi, Georg Joachim von Lauchen, soprannominato Rhaeticus.
E ancora Bartholomäus Pitiscus e il geniale François Viète.
Presenti nel veloce viaggio anche il danese Thomas Fincke, al quale si deve l’introduzione del termine “tangente”, e l’inglese Edmund Gunter, nella cui opera si ritrovano i termini “coseno” e “cotangente”. A lui si devono anche le prime tavole logaritmo-trigonometriche a sette cifre decimali.
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