Uno dei dodici grandi teoremi della matematica: la formula di Erone. L’ingegnosità della sua dimostrazione geometrica e la sua presenza nell’insegnamento secondario.
La formula di Erone dà il modo di calcolare l’area A di un triangolo noti i lati a, b e c.
Non serve conoscere un’altezza. Solo le misure dei tre lati ( p è il semiperimetro). È un teorema la cui dimostrazione geometrica è così ingegnosa da indurre William Dunham ad inserirlo nella sua lista dei dodici grandi teoremi della matematica. Quei teoremi cioè che Dunham individua nel suo Journey through genius del 1990, come le pietre miliari dello sviluppo storico della matematica e come i capolavori della matematica in analogia ai grandi capolavori presenti nella letteratura, nella musica, nell’arte.
Nel suo libro Dunham dà, ovviamente, ampio spazio alla dimostrazione geometrica della formula, ingegnosa e allo stesso tempo semplice. La stessa dimostrazione, con il pregio, forse, di essere più sintetica e rapida, costituisce l’oggetto di un articolo di Lorenzo Siriati pubblicato settant’anni fa nel fascicolo 1/1951 del Periodico di Matematiche che è qui riprodotto per il lettore interessato [VEDI].
Nell’insegnamento secondario alla formula di Erone non si dà particolare importanza e non è neppure molto presente negli esercizi. Sulla sua verità ci si affida, solitamente e saggiamente, a un atto di fede: credeteci! La maggior parte dei docenti evita così di imbarcarsi in un procedimento dimostrativo, sia esso di geometria sintetica, algebrico o trigonometrico. Ciò nonostante la conoscenza della formula di Erone è occasione per investigazioni di un certo peso didattico nella formazione matematica. Ad esempio:
Consente di ampliare il discorso alla formula che dà l’area del triangolo note le mediane.
Una formula stimolante se non altro per la forte somiglianza. Infatti, l’area A del triangolo è data da:
con ma, mb, mc, q misure delle mediane e della loro semisomma.
Più ampi interessi e curiosità negli studenti potrebbe suscitare l’analogia con la formula di Brahmagupta che è giudicata una delle più belle di tutta la matematica:
Insieme all’analogia formale vale però la pena di approfondire le differenze. Prima fra tutte il fatto che mentre il triangolo è univocamente determinato dai suoi tre lati (terzo criterio di uguaglianza) non così è per il quadrilatero. Emma Castelnuovo preferirebbe dire che il triangolo è rigido, il quadrilatero articolabile. Le aree degli infiniti quadrilateri di lati a,b,c,d , isoperimetrici, variano da zero a un massimo. La formula di Brahmagupta fornisce proprio questo valore massimo. Esso corrisponde peraltro al quadrilatero che è inscrittibile in una circonferenza.
Induce, data la presenza dell’operazione di estrazione di radice, a considerare i triangoli eroniani.
Sono eroniani i triangoli (13,14,15) e (17,25,26) che hanno aree rispettive 84 e 204. In questi casi cioè il radicando p(p-a)(p-b)(p-c) è un quadrato perfetto e quindi a misure intere dei lati corrisponde un’area che è un numero intero. I triangoli (5, 5, 6), (5, 5, 8), (10, 10, 12), (10, 13, 13) (10, 10, 16) sono altri esempi di triangoli eroniani isosceli. Nell’esperienza didattica suscitano spesso meraviglia: come può essere possibile che (10, 10, 12) e (10, 10, 16), che ha un lato più lungo del primo, abbiano la stessa area? Eroniani sono anche i triangoli pitagorici (3, 4, 5), (6, 8, 10), (5, 12, 13), (9, 12, 15), ecc.. Nell’archivio del Periodico di Matematiche si trovano vari articoli che affrontano la questione. Di uno di essi ha parlato Adriana Lanza [VEDI]. Notizie più aggiornate sulla ricerca dei triangoli eroniani, come quella relativa alla catalogazione fattane da R. Rathbun per tutti i triangoli con perimetro minore di 217, si trovano in rete, ad esempio: Wolfram
Offre l’occasione per una riflessione che riguarda la storia e la natura della matematica.
Offre cioè lo spunto per discutere il problema che riguarda l’attribuzione di un risultato ad un determinato autore e perché essa, nella maggior parte dei casi, sia sempre così controversa e sottoposta a incertezze varie. Pare che ci sia sempre molto di relativo in ogni attribuzione. Anche per la formula di Erone ci sarebbero infatti più ragioni, risalenti in gran parte agli scritti dell’arabo al-Biruni, che farebbero propendere per una sua attribuzione ad Archimede. Riferimenti alla questione si trovano nell’Enciclopedia delle Matematiche Elementari, nell’articolo di Duilio Gigli e Luigi Brusotti, Teoria della Misura. Nel merito, la posizione dei matematici l’ha ben espressa proprio Dunham e cioè che attribuire la formula ad Archimede non ne aumenterebbe certo la grandezza, mentre sarebbe un’inutile crudeltà verso Erone questo grande ingegnere dell’antichità della cui vita si hanno così poche certezze ma il cui nome resta legato a risultati che affascinano, come le fontane di Erone che fecero appassionare Jean Jacques Rousseau alla matematica e alla fisica. Infine rimanendo nel campo della storia non può mancare una riflessione sull’utilità della formula, quanto ad esempio fosse utilizzata dagli agrimensori romani e quanto oggi con la disponibilità di una ricca varietà di strumenti di misura elettronici.
Si presta a praticare un po’ di virtuosismo algebrico che, se non eccessivo e fine a se stesso, fa sempre bene alla formazione matematica.
Un buon esercizio, già al primo anno della scuola secondaria di secondo grado, è provare che se è vera la formula di Erone è vero anche il teorema di Pitagora.
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