Letteratura e critica. Un altro classico della letteratura matematica del Novecento: Geometria intuitiva di Hilbert e Cohn-Vossen
«La superficie più semplice è il piano. Le linee più semplici sono le linee piane; fra queste la più semplice è la retta. […] La linea più semplice dopo la retta è la circonferenza».
E dopo? C’è l’ellisse, e… via continuando.
Comincia così un altro grande capolavoro della letteratura matematica del Novecento. Comincia in un modo che non può non attrarre il lettore. Lo attrae subito con la prospettiva di avere presto le liste delle linee e delle superfici, graduate, le une e le altre, secondo il criterio del “più semplice”. Un inizio che rivela subito, inconfondibile, il marchio del suo autore: il grande David Hilbert. Insieme a Henri Poincaré, ultimo matematico universale. Capace di dominare tutta la matematica e indirizzarla al futuro con una operazione rimasta irripetuta: l’elencazione dei grandi problemi. Tutti e soli i problemi che alla data dell’8 agosto 1900 risultavano irrisolti. Una manna per i ricercatori e per l’insegnamento!
Il capolavoro di cui si parla è il libro Geometria intuitiva.
Un altro classico da studiare nelle Università in uno specifico corso di Letteratura e critica matematica. Oltre a David Hilbert ne è autore Stephan Cohn-Vossen. Contiene le lezioni tenute da Hilbert nell’anno 1920-21 all’università di Gottinga. Cohn-Vossen le riprese e le sistemò con aggiunte varie. A quest’ultimo spetta il merito – lo scrive Hilbert nella prefazione – della redazione del testo definitivo. L’anno di pubblicazione è il 1932: due anni dopo il capolavoro di Tobias Dantzig, al quale per certi versi è complementare. Due dei più significativi classici della letteratura matematica. Entrambi scritti per fare apprezzare la matematica da una più vasta categoria di persone. Il primo, più rivolto all’esterno della matematica, a filosofi, umanisti e scienziati; il secondo molto più matematico, ma con un taglio interdisciplinare, fusionista nel senso propugnato da Felix Klein. I titoli dei capitoli: Le curve e le superfici più semplici – Sistemi regolari di punti – Configurazioni – Geometria differenziale – Cinematica – Topologia. Sei capitoli a cui si aggiunge il saggio I primi fondamenti della topologia di Pavel Sergeevic Aleksandrov.
Sei capitoli indipendenti, ognuno dotato di una sua struttura e completezza. Un insieme di contenuti che si ritrovano nella quasi totalità delle opere e delle esperienze didattiche che hanno riguardato l’insegnamento della matematica, in particolare della geometria, nei decenni successivi. Dovrebbe essere inconfutabile: non esiste un libro che abbia influenzato la didattica della matematica più della Geometria intuitiva di Hilbert e Cohn-Vossen.
L’organizzazione concettuale è originale.
Nella prefazione Hilbert dichiara di aver allestito il grande giardino della geometria in modo che chiunque lo visiti sia condotto a cogliervi il “mazzo di fiori” che più gli piace, nell’area o nel settore che preferisce. La metafora del giardino è molto pertinente. La più aderente all’idea di Hilbert di far “vedere” la geometria alla luce dei grandi risultati del XIX secolo. D’altronde il titolo originale del libro è Anschauliche Geometrie, letteralmente “geometria visiva”.
Il giardino si visita, guardando e apprezzando gli oggetti che vi nascono. Oggetti diversi, dispieganti una grande varietà di forme, colori, profumi. Concreti come sono i fiori che crescono in un terreno fertile e in condizioni ambientali ottimali. Taluni lettori potrebbero rimanere sorpresi da quest’immagine del giardino carico di tanta concretezza. A sorprendersi sarebbero certamente i lettori abituati a pensare a Hilbert come all’autore dei Grundlagen der Geometrie, principe e signore dell’astratto e del formalismo logico. La conoscenza di Geometria intuitiva è allora importante per una più giusta percezione del pensiero di Hilbert, che è equamente attratto verso l’uno e l’altro polo della coppia antitetica astratto/concreto. Ci tiene, Hilbert, a far sapere che la comprensione intuitiva gioca un ruolo importante per chiunque desideri studiare e apprezzare la geometria così come per il ricercatore. Sfogliare dunque il libro è come camminare in quel giardino. Gli oggetti della geometria sono vivi, materializzati in chiare descrizioni verbali e grafiche sostenute da un linguaggio semplice, ordinario, non formalizzato.

David Hilbert (1862-1943)
L’area più ampia del giardino è riservata alla geometria metrica.
Essa è divisa in due settori che corrispondono ai primi due capitoli del libro. Nel primo germogliano le curve e le superfici, cioè gli enti geometrici continui. Vi dominano le coniche e le loro superfici di rotazione, le loro proprietà e, fatto rilevante, i metodi di costruzione, ovvero come ottenerle concretamente.
Il secondo settore è il luogo dove si possono cogliere i fiori della geometria del discreto, cioè i “sistemi costituiti da elementi separati”. Quegli enti cioè che si presentano anche in altri campi della matematica, specialmente nella teoria dei numeri, nella teoria delle funzioni e nella cristallografia. Il più semplice sistema regolare di punti, nel piano, è il reticolo quadrato, che è all’origine di tante ricerche e esperienze didattiche importanti. Il grande C. F. Gauss si servì di un reticolo quadrato di punti per il calcolo approssimato di π, consegnando alla storia un metodo di grande valore didattico, che la maggior parte dei visitatori finora ha scelto di “cogliere” e mostrare a sua volta. Il calcolo consiste nel contare i nodi interni ad un cerchio disegnato con il centro in un nodo del reticolo. Caleb Gattegno, il pedagogista fondatore della CIEAEM insieme a Jean Dieudonnè e André Lichnerowicz, realizzò il suo geopiano a partire da un reticolo quadrato.
Proseguendo nella visita, si giunge al terzo settore.
Corrisponde al capitolo Configurazioni. La particolarità delle varietà che vi si incontrano è che sono ottenute in assenza di una metrica. Sono presenti cioè oggetti geometrici che possono essere formulati, e dimostrati, senza ricorrere a misurazioni o confronti di lunghezze e di angoli. Sono gli oggetti della geometria proiettiva che è legata al processo del proiettare nato dalla prospettiva pittorica. Gli enti fondamentali di questa geometria sono i punti, le rette e i piani, e la più semplice relazione possibile tra di essi è la relazione di appartenenza o incidenza. La graduazione della retta, facendo a meno del compasso, e utilizzando il trasporto del segmento unitario attraverso proiezioni per rette parallele ovvero sfruttando le proprietà (affini) dei parallelogrammi, è l’esempio che didatticamente è stato più ripreso. Un esempio che equivale anche a chiarire l’indipendenza dell’assioma di Archimede dalle nozioni metriche.

Il trasporto del segmento unitario su r sfruttando le proprietà dei parallelogrammi: i lati opposti sono uguali, le diagonali si bisecano.
Tra gli oggetti da ammirare, anzi fiori da cogliere anche per la forma letteraria e la ricchezza del lessico con le quali sono descritti, i teoremi di Pascal, Desargues, Brianchon, la configurazione di Reye, il doppio sei di Schläfli.
Il settore successivo è il settore più ampio.
È il capitolo della Geometria differenziale esposta con parole del linguaggio ordinario e con disegni, senza il formalismo dell’analisi matematica. Gli oggetti sono curve e superfici che rivelano le loro particolarità nelle vicinanze immediate di un loro punto. Lo rivelano attraverso il confronto con l’ente geometrico più semplice possibile, quale una retta, un piano, un cerchio o una sfera, che le osculi, ovvero che le approssimi quanto più possibile nell’intorno considerato. Dal locale al globale. Le proprietà locali degli oggetti ne individuano anche le caratteristiche globali. Dopo l’astratto/concreto, il discreto/continuo e il finito/infinito è la volta del locale/ globale, un’altra delle grandi aporie fondatrici della matematica, come direbbe René Thom. Aporie che permeano la matematica e costituiscono l’atmosfera globale entro la quale essa vive e localmente si sviluppa.

figura 1
I fiori più ammirati e colti per l’uso didattico:
la curvatura delle superfici, i punti ellittici, iperbolici e parabolici, i punti ombelicali, le superfici minime, le selle di scimmia, la geometria ellittica, il modello di Poincaré del piano iperbolico, il problema di Plateau, i metodi di rappresentazione di una superficie. Questi ultimi s’incontrano uno dopo l’altro, presentati con linguaggio innovativo, semplice e chiaro: l’immagine più fedele di una superficie è data dalla rappresentazione che ne conserva le lunghezze ossia isometrica. Meno esatta, ma in compenso adoperabile più di frequente, in particolare nella geografia, è la rappresentazione che conserva le aree. La rappresentazione più generale che sia accessibile all’intuizione è però la rappresentazione continua. Più a fondo di tutte le altre rappresentazioni menzionate si presenta la rappresentazione che conserva gli angoli, vale a dire la rappresentazione conforme.
Emma Castelnuovo nel suo progetto didattico riprese e sviluppò il tema delle rappresentazioni, affrontando il problema delle carte geografiche.
Le figure 1 e 2 sono tratte dal volume La matematica nella realtà per la scuola secondaria di secondo grado, composto insieme a Claudio Gori Giorgi e Daniela Valenti.
«Se tagliamo a spicchi la buccia di un’arancia, senza staccarla, e poi inseriamo l’arancia in un barattolo che la contenga esattamente, quando si cerca di far aderire la buccia degli spicchi alla superficie interna del barattolo ci si accorge che rimangono degli spazi fra spicchio e spicchio, e si nota anche che l’altezza degli spicchi supera quella del barattolo. Ci si rende conto – proprio perché ce lo dicono le formule – che la parte “eccedente” deve “compensare” lo spazio che è lasciato vuoto fra spicchio e spicchio. È proprio il fatto che la superficie della sfera è uguale alla laterale del cilindro che ha suggerito l’idea di proiettare la sfera sul cilindro. Una volta eseguita questa proiezione, si taglierà il cilindro lungo una generatrice e si svilupperà sul piano: si avrà così una rappresentazione piana della sfera.

figura 2
Infine fanno bella mostra di sé undici fiori che costituiscono un’altra delle liste di Hilbert.
Questa lista riguarda la sfera che “tra le superfici aventi curvatura costante positiva o negativa, è la superficie di gran lunga più semplice e più importante. Essa è determinata in modo non sempre univoco dalle seguenti 11 proprietà:
- I punti della sfera sono equidistanti da un punto fisso; inoltre, il rapporto delle distanze di ogni suo punto da due punti fissi è pure costante.
- I profili e le sezioni piane della sfera sono dei cerchi.
- La sfera possiede larghezza e profilo costante (larghezza costante significa che due piani tangenti paralleli hanno sempre la stessa distanza reciproca).
- Tutti i punti della sfera sono degli ombelichi.
- La sfera è priva di evoluta.
- Tutte le linee geodetiche della sfera sono curve chiuse.
- La sfera ha, fra tutti i solidi di eguale volume, la minima area superficiale, e fra tutti i solidi di eguale area superficiale, il massimo volume.
- Fra tutti i solidi convessi di eguale area superficiale, la sfera possiede la curvatura media totale minima.
- La sfera possiede curvatura media costante.
- La sfera possiede curvatura gaussiana positiva costante.
- La sfera è trasformata in sé stessa da una schiera a tre parametri di movimenti (significa che l’insieme di tutti i movimenti che fanno coincidere una sfera con sé stessa è dato dalle rotazioni intorno al suo centro, insieme che dipende appunto da tre parametri.”
Nel settore successivo, il penultimo, si vedono fiori “in movimento”.
Il capitolo è Cinematica. Per gli eredi del pensiero greco, un inserimento che è una profanazione bella e buona della purezza della geometria. Hilbert invece la naturalizza. Nella geometria intuitiva il concetto di movimento s’impone fin dall’inizio, le è connaturato: due figure sono congruenti quando con un movimento esse possono essere sovrapposte reciprocamente. Hilbert dedica il capitolo allo studio sistematico dei movimenti delle figure, nel piano e nello spazio. Comincia con i meccanismi articolati, che sono i più semplici, per mettere in luce la loro relazione con la metrica elementare. Il più semplice dei meccanismi articolati è ovviamente il compasso. Espone poi nel suo giardino i movimenti continui che portano a trocoidi, cicloidi, ipocicloidi e epicicloidi. Infine presenta gli apparati per costruire l’ellisse e le sue curve di rotolamento.
L’ultimo settore ha nome Topologia.
Presenta fiori affascinanti: portano a immaginare figure costruite con un materiale deformabile ad arbitrio. Le figure sono tutte equivalenti topologicamente. Si trasformano le une nelle altre, invarianti per deformazioni continue, senza però lacerazioni né saldature. Il settore inizia con l’esposizione degli oggetti più semplici da studiare dal punto di vista topologico: i poliedri. I più importanti sono i poliedri semplici. Sono tutti e soli quelli che possono essere trasformati in sfere per mezzo di deformazioni continue. Esempi di poliedri semplici sono i poliedri regolari, i famosi solidi platonici, che non hanno spigoli rientranti e sono tutti convessi. Per tutti i poliedri semplici vale il teorema di Eulero: V (numero vertici) – S (n. spigoli) + F (n. facce) = 2, uno dei più importanti invarianti topologici. Un “fiore” che George Polya ha coltivato nei suoi libri rivolti alla formazione degli insegnanti.
Gli altri oggetti: il nastro di Möbius, la bottiglia di Klein, il piano proiettivo come superficie chiusa, il teorema del punto fisso, la rappresentazione conforme del toro, il teorema dei quattro colori. L’intero capitolo è stato di riferimento per altri grandi autori, ad esempio Courant e Robbins in Che cos’è la matematica? e Martin Gardner che nei suoi volumi di Enigmi e giochi matematici tratta dei topologi, che sono chiamati “matematici che non conoscono la differenza fra una tazza di caffè ed una ciambella”, perché le vedono trasformarsi l’una nell’altra con deformazioni continue che avvengono senza tagli e sovrapposizioni.
In conclusione: Geometria intuitiva, un capolavoro da conoscere.
Un classico adatto ad aumentare il gusto per la lettura della matematica e arricchire il vocabolario personale del lettore, ricco com’è di termini e espressioni che riempiono di significato temi, concetti e procedure. Un classico che come giardino della geometria ha la particolarità di offrirsi interamente alla vista da ogni suo punto, stabilendo un costante legame tra di essi e tra matematica e realtà. Le costruzioni e proprietà delle coniche e delle quadriche, i reticoli e le configurazioni, il punto di vista metrico e il proiettivo, l’affine e il topologico, il problema delle curvature e gli esempi di geometrie non euclidee, le ombre e i meccanismi articolati, i poligoni costruiti con cannucce da bibita utili per studiare l’area come funzione a parità di perimetro: tutto ciò ha indirizzato notevolmente la didattica degli anni dopo la seconda guerra mondiale, essendo tanti gli autori che si sono ispirati a questo classico della letteratura matematica del Novecento. Oltre ai già menzionati Courant e Robbins, George Polya, Martin Gardner, possono essere citati Kasner e Newman, Hans Freudenthal, Walter W. Sawier e molto si ritrova anche nelle mostre didattiche degli anni ’70 di Paul Libois e di Emma Castelnuovo e ancora nei workshop di John Conway al Geometry Center di Minneapolis.
Un autore infine che non si può non citare è Bruno de Finetti.
Fusionista autorevole, nella prefazione alla prima edizione [1943] del suo Matematica logico intuitiva, titolo che esprime la tensione a mantenersi in equilibrio tra astratto e concreto, scrive:
«[…]perché ad esempio parlando di ellissi ottenute da sezioni oblique di un cilindro ci si dovrebbe inibire di dar corpo e sapore al concetto materializzandolo nell’immagine dell’affettare un salame? Dire “cilindro” è preferibile se ed in quanto tale termine astratto risvegli molte sensazioni concrete anziché una sola: oltre che salame anche colonna o tubo o torrione ecc., ma è esiziale quando in esso non si sia imparato a vedere né un salame né una colonna o tubo o torrione o null’altro salvo una figura che si trovi nei testi di geometria per servire di pretesto a interrogazioni e bocciature».
Un trattato, quello di de Finetti, che è un altro capolavoro da tener presente, insieme ovviamente ad altri fra i quali il Mathematics and imagination di Kasner e Newman del 1940, che peraltro ci riporta a Geometry and imagination, titolo approvato da Hilbert e Cohn-Vossen per l’edizione inglese del loro Anschauliche Geometrie.
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